Il bau bau è quella cosa che da bambino ti spaventa da
morire, non ti fa dormire, che ti compare davanti agli occhi appena li chiudi,
che ti fa tremare dalla paura.
Per alcuni può essere una tigre, un mostro, un bandito…
Per me da piccola e forse tuttora è l’olocausto.
Da Wikipedia olocausto significa dal greco: bruciato
interamente, ecco mai parola fu più appropriata.
Non bisogna aspettare il 27 gennaio, la giornata della
memoria, per trattare questo argomento, fa sempre bene parlarne.
Non so quando ne ho sentito parlare la prima volta ma uno
dei miei primi ricordi risale a quando avevo 10 anni, a un film di Comencini
tratto dal film “La storia” di Elsa Morante, ricordo perfettamente la
musica, i nomi dei protagonisti, l’angoscia delle vicende narrate e i conseguenti incubi
notturni…
Nessuna mente umana, neanche la più fervida fantasia sarebbe
riuscita a creare un mostro e un’aberrazione di una tale portata come lo
sterminio degli ebrei, shoa in lingua ebraica significa appunto distruzione,
catastrofe.
Non c’è uomo nero, orco, Mangiafuoco, Strega bistrega che tenga,
che possa reggere il confronto con chi ha pensato e attuato questa atrocità e
ancor più con chi ha permesso che succedesse per anni…
E’ stato tutto talmente
assurdo e fuori dalla umana concezione, come se uno si fosse svegliato una
mattina e avesse detto “Uccidiamo tutti quelli che si chiamano Paolo! Perché? Perché
si” e in milioni gli sono andati dietro o vigliaccamente sono rimasti inermi. Il
non agire implica comunque una scelta, uno schierarsi, un avallare i pensieri
folli degli altri.
Il ghetto è uno dei posti che amo di più di Roma, è magico,
silenzioso, trasuda emozioni e storia da ogni mattone. Mi piace arrivarci da
Teatro Marcello, perdermi nei vicoletti e mangiarmi un bel pezzo di torta
ricotta e cioccolato. Proust aveva la sua madeline, io ho la torta alla
ricotta!!
L’unico inconveniente è che mi dimentico sempre quando è giorno di
festa per gli ebrei e quindi devo andarci minimo 3-4 volte e trovarla chiusa
per tornarci di nuovo e poterla finalmente gustare. Come quando un giorno lavorativo
all’improvviso qui in zona o anche vicino casa trovo tutto chiuso e poi capisco
perché trovo il cartellino con scritto “Chiuso per festività” e solo allora ti
rendi conto di quanto sia diffusa e radicata questa cultura.
Durante il liceo ci portarono al Museo Storico della Liberazione
di Via Tasso, mi suscitò incubi a non finire la visita a quelle cellette,
la vista delle scritte che avevano fatto i prigionieri, in particolare su un muro ne
trovai una che indicava “E’ stato …. (il mio cognome)”. Il rimorso per avere
come omonimo o forse lontano parente un traditore!
Erano conservati anche dei
pezzi di pane o di stoffa su cui incidevano dei messaggi. Ricordo che era un
museo tenuto in vita dai sopravvissuti e cercando su internet mi rendo conto
che è ancora così, c’è un invito a fare donazioni per sostenerlo.
Questa
visita, unita alla lettura di Primo Levi, Anna Frank, Renata Viganò e altri
scrittori del periodo e fomentata dai forti e assoluti sentimenti tipici dell’adolescenza
mi hanno portato una rabbia e un senso di frustrazione enorme relativi a questa
tragedia.
Avrei voluto che tutti i miei amici e compagni di scuola si unissero
a me provando le stesse cose. Mi sentivo staffetta partigiana, mi sentivo in
prima linea, avrei voluto ribaltare la storia, portare io quel fardello.
Ma cos’avremmo potuto fare? Purtroppo era già tutto scritto, una
pagina assurda e tristissima che non si potrà, né dovrà mai cancellare. Potremmo solo vigilare affinchè la storia non si ripeta, cambiando protagonisti ma
tramandando la stessa follia.
Mi arrabbiai con dei miei compagni che ridevano e
scherzavano fra loro mentre stavamo assistendo, in occasione del 25 aprile, a una
conferenza di sopravvissuti. Una mia compagna aveva perso il padre anni prima
per tumore e io volevo aggredirla dicendole “Proprio tu che sai cosa significa,
non hai il minimo rispetto…” non so se lo feci davvero oppure no.
Anni fa andammo in Polonia e sinceramente non me la sentii
di visitare Auschwitz e Birkenau, so tutto quello che c’è ma preferisco non
vederlo di persona, non voglio un’altra dose di incubi notturni.
Più che altro credo che ci dovrebbero andare le teste di
cazzo che ogni tanto vedo in giro con il braccio teso, chiamarsi camerata fra
di loro, ragazzini che non sanno neanche di cosa stanno parlando, che fanno il
picchetto d’onore di fronte una scritta sul muro a caratteri cubitali, che
hanno bisogno di un blindato della polizia che li protegga, che li scorti
proprio in quei giorni di neve e caos a Roma in cui sarebbe stato senz’altro più utile altrove….
Ecco... questo misto di esaltazione, violenza e ignoranza è ancora il mio bau bau…
grazie per un'altra lettura commovente
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