In un’altra vita (dal tempo e dall’acqua sotto i ponti che è
passata) ho vissuto a Firenze, o meglio in un paesino a 20 km da lì.
Mi ci sono trasferita per lavoro, ho comprato casa in fretta
e furia, visti i prezzi degli affitti impossibili in città.
Era una piccolissima realtà, quella del paesello ma che ho
deciso comunque di vivere e sperimentare.
E per entrare in contatto con questo microcosmo, un po’
diffidente di fronte a questa ragazza venuta dalla capitale e che viveva da
sola, ho deciso di frequentare un corso di primo soccorso presso la sede della
Croce Rossa.
In Toscana il volontariato della Croce Rossa e della
Misericordia sono realtà molto attive e in quel paesino era l’unica
attività interessante da fare dopo il lavoro e che monopolizzava l’attenzione
degli abitanti.
Si teneva di sera, dopo cena, una volta a settimana.
Era l’anno domini del Grande
Fratello 1, che per una tipa curiosa come me
delle relazioni umane era il massimo. Non me ne perdevo una puntata e devo dire
che mi ero affezionata e appassionata ai concorrenti, mi tenevano compagnia.
Tutti lo seguivano, in ufficio quando c’era stato il primo
bacio non si parlava d’altro, c’era un passaparola continuo.
Insomma faccio questo corso, un po’ perché può sempre
tornare utile, un po’ per fare amicizia.
L’ho seguito tutto ma alla fine non ho fatto in tempo a fare
l’esame perché nel frattempo avevo trovato lavoro a Roma e con grande felicità
ho fatto baracca e burattini e sono rientrata nella Capitale.
Non ricordo molto le nozioni pratiche che mi insegnarono, ci
dissero parecchie cose, anche molto tecniche.
Me ne sono rimaste impresse alcune che ritengo
importanti e da tenere a mente nella vita in generale.
Ad esempio, che in una situazione di emergenza in cui
necessariamente bisogna fare una suddivisione dei feriti in base alla gravità,
non bisogna farsi prendere dall’onda emotiva e rivolgerci per primi a un
bambino o ad un adulto che urla o piange perché se lo fanno significa che hanno
la forza per farlo. Invece bisogna prestare attenzione a chi non lo fa o perché
è sotto choc e proprio perché impossibilitato.
Quando invece, umanamente, di primo acchitto ci verrebbe
proprio di soccorrere chi fa molto clamore.
E così nella vita, spesso chi è in disparte e non dice nulla
sta molto peggio di chi richiama l’attenzione urlando.
Ci dissero anche che bisogna saper gestire le persone
che stanno bene ma sono in crisi di panico, bisogna trovargli qualcosa da fare,
anche scema, anche inutile, tipo andare a cercare un asciugamano perché così si
rendono utili, focalizzano la loro attenzione su un obiettivo e non trasmettono
agitazione a tutte le altre persone.
E poi ricordo le esercitazioni sul manichino per rianimarlo,
in caso di arresto cardiaco, il precordial thump, un cazzotto che va dato sul
petto, con forza, 3 dita sopra lo sterno.
Non riuscii a fare molta amicizia con i partecipanti del
corso, molte erano persone adulte, tutte lì per uno scopo ben preciso e basta.
Ma per fortuna riuscii a scambiare qualche chiacchiera con
M., che era un volontario molto presente e che più volte avevo visto nel
piazzale vicino le ambulanze con gli altri in attesa di una chiamata.
Ah ecco ora ricordo per quale motivo decisi di fare il
corso!
Non so se avete presente gli occhi dei gatti, verdi,
marroni.. i suoi avevano pure delle pagliuzze dorate…io lo chiamavo Goldeneye.
Era diverso dagli altri, non era intimorito e diffidente nei
miei confronti ma anzi era incuriosito.
Poi era mio vicino di casa, era fidanzato e io da parecchio
l’avevo notato.
Mi fece visitare la sede della Croce Rossa, mi spiegò come
funzionava il centralino, i codici delle chiamate.
Mi raccontò che avevano molto lavoro visto che lì vicino c’era
il casello dell’autostrada Roma-Firenze. Mi disse che una volta andò a fare un
intervento e c’era una signora che viaggiava in macchina, appoggiata al
finestrino. Un incidente le portò via quasi una parte del viso e lui stava lì
per terra con lei, le teneva il viso devastato fra le mani, cercando di
rassicurarla, facendo finta di nulla.
Evidentemente le ero simpatica e mi diceva sempre “Un giorno
ti va, ci andiamo a mangiare una pizza?”.
Quel giorno non arrivò mai.
Mi venne a trovare parecchio tempo dopo quando già ero
tornata a Roma, non so come successe, tornai una volta al paesello in quelle
casa con delle amiche.
E lui venne da me con una torta enorme, un Montblanc, che a
me fa schifo ma alla mia amica piace un sacco.
Mi raccontò che sua sorella nel frattempo era morta, uccisa
dal fidanzato.
Io non ne sapevo nulla.
Inutile dire che era cambiato, che sui suoi occhi dorati era
sceso un velo opaco di tristezza e di risentimento…
Avevo da giorni in mente di parlare di lui.
Poi la realtà si intreccia con i miei pensieri.
Confesso che non avevo mai sentito parlare prima di questo
Morosini.
Che mi colpisce la sua morte come mi può dispiacere per un
qualsiasi ragazzo giovane.
Mi infastidisce un po’ il clamore che c’è intorno a questa
notizia e che non venga data la giusta importanza a un piccolo particolare: l’automobile
dei vigili parcheggiata dove non doveva essere che ha ritardato l’arrivo dell’ambulanza.
Proprio chi doveva controllare che tutto fosse in regola ha commesso la prima
infrazione.
Mi sembra sempre assurdo che atleti di importanza nazionale, che vengono pagati milioni, sottoposti a analisi, controlli continui come cavalli da corsa muoiano così sul campo.
So pure che quando si prova un dolore,un dolore grande, si
sentono dei forti dolori al petto,
simili all’infarto, sono proprio dei micro traumi che si creano nel cuore e che
forse neanche il tempo riesce a sanare. Quando uno dice mal di cuore, mal d’amore
insomma non è tanto per dire.
Io e forse tutti li abbiamo provati ma provati sul serio.
E la vita di questo ragazzo è stata costellata da drammi.
Non so se davvero le cose sarebbero potute andare
diversamente, ma forse si, è il caso di appurarlo.
Inutile dire che un corso di primo soccorso andrebbe fatto a tutti, nelle scuole e negli uffici, che mettere i defibrillatori in giro è senz'altro utile ma ci dovrebbe essere anche chi li sa usare.
Inutile dire che un corso di primo soccorso andrebbe fatto a tutti, nelle scuole e negli uffici, che mettere i defibrillatori in giro è senz'altro utile ma ci dovrebbe essere anche chi li sa usare.
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