pubbli larga

lunedì 23 giugno 2014

Uno di casa (intervista possibile)



Dietro le quinte
Questa intervista ha avuto una gestazione, dovuta a fattori logistici e organizzativi, piuttosto lunga. La decisione di farla è stata invece incredibilmente fulminea. Non ne sapevo molto di lui, avevo visto giusto qualche pezzetto della sua trasmissione ma sufficiente per provare un'istantanea simpatia e per capire di avere a che fare con uno alla mano. La curiosità di saperne di più era motivata dal dubbio: vediamo se è davvero così come sembra. Inizio ad informarmi e scopro che sembra un tipo semplice, concede interviste a tutti anche a blog o siti non blasonati. Decido mo' ci provo pure io. Gli scrivo in maniera sintetica che vorrei fare una chiacchierata con lui per pubblicare poi un post per il mio blog, come curriculum personale linko l'intervista che feci per il suo collega tatuato di Dmax Sakara. Aspetto, passano i giorni ma niente. Dentro di me penso: e che ti aspettavi? Però in fondo in fondo ci credevo. Proprio quando quasi non ci pensavo più, mentre sono online risponde di scrivere al suo ufficio stampa e che spera si possa fare, chiude con un inaspettato "un abbraccio". Inizio a mugugnare: ufficio stampa? e che roba è? ma la vuole fare o no questa intervista? decide lui o chi per lui? Spera si possa fare? Embè famola!
Mi adeguo e scrivo all'ufficio stampa bla bla bla. Come spesso avviene l'email della tua vita non arriverà mai a destinazione per oscuri motivi telematici. Infatti passano i giorni ma nessuna risposta, dentro di me penso: ti pareva! Hanno letto il blog e non mi hanno considerato sufficientemente quotata per loro. Mi viene il dubbio che forse l'email non è mai partita e faccio come gli ansiosi che in attesa di una telefonata controllano in maniera ossessiva se la cornetta è messa bene o se c'è linea. In effetti però non c'è fra le email inviate, forse perchè l'avevo mandata da cellulare? Boh... nel dubbio di sembrare fra lo stalking e il non c'hai niente di meglio da fare, riscrivo l'email. Mi risponde subito, giustamente vogliono sapere su cosa verterà l'intervista e le domande che intendo fargli. A me 'sta cosa, delle domande in anticipo, mi disturba; è una delle cose che ho promesso che non avrei mai fatto. La potenza di una domanda e il conseguente effetto sulla risposta sta proprio sull'elemento sorpresa, nella spontaneità e imprevedibilità. E poi, suvvia, dopo tutto si tratta pur sempre di un cuoco, che domande scomode mai potrò fargli? Mica gli chiederò cosa ne pensa della P2 o chi c'è dietro il mistero di Ustica e poi può sempre ribattere: no comment. Segue una serie di email con dettagli vari, in cui io faccio la gnorri sulle domande in anticipo dicendo che me ne preparo alcune poi altre verranno spontanee durante la conversazione. Mi chiede il numero di telefono per fare prima. Come sempre avviene quando uno aspetta, non dico la telefonata della vita ma quasi, misteriosamente i cellulari si mettono a fare le bizze o arrivano cento chiamate in contemporanea o passa in strada l'arrotino e l'ombrellaio e non ti fa sentire nulla ma di certo fa pensare all'interlocutore:"Aho ma dove abiti?".
Gli uffici stampa sono a me sconosciuti, non ci ho mai avuto a che fare ma scopro che sono rapidi nelle loro decisioni, non ci girano intorno. Mi fa:"Ok vogliamo fare fra 5 minuti?". Finora mi ero mantenuta sul vago, avevo parlato di chiacchierata sottintendendo di avere la necessità di farla dal vivo ma sotto sotto consapevole di chiedere davvero troppo. Lei mi dice che non è possibile ora. Io mi dò una martellata sul malleolo e dico:"Allora preferisco aspettare quando ci sarà la possibilità di farlo dal vivo". Lei mi dice che al massimo potrebbe concedermi venti minuti in coda a qualche appuntamento che avrà a Roma. Io acconsento sospirando e pensando: capirai a me ci vuole minimo un'ora, io in venti minuti faccio appena in tempo a mettermi seduta. Aspetto loro news ma dentro di me l'amara conclusione è: me la sono tirata troppo, mi è stata data una possibilità e me la sono bruciata. Passano i giorni ma niente. Alla fine decido di accelerare i tempi, le riscrivo un'email dicendo che dopo tutto, ma sì vada per l'intervista telefonica. Lei fulminea ed efficiente come sempre mi risponde: ok facciamo oggi poi ti dico gli orari disponibili.
Cosa ho fatto durante tutti questi giorni?
Non ho detto quasi a nessuno cosa stavo facendo, un po' per scaramanzia un po' perchè era inutile parlarne se poi non se ne fosse fatto nulla. Mentre scorrevano i giorni senza novità la sensazione era sempre quella: hai puntato troppo in alto.
Ho fatto anche altro, ho "studiato". Mi sono documentata su di lui, cosa che in realtà non mi piace fare, preferisco andare agli incontri delle interviste un po' impreparata, ho notato che è la cosa migliore perchè mi spinge ad osservare con maggiore curiosità il personaggio e non mi fa avere senso di inferiorità o sudditanza nei confronti del "Vip".
Ogni tanto sul cellulare mi appuntavo una domanda  e col trascorrere dei giorni questo elenco si allungava sempre più fino a che, non fidandomi della tecnologia, l'ho riportato su carta con la mia improbabile calligrafia.

Ho letto le sue interviste ma nessuna mi è piaciuta davvero, solite domande scontate, non sono andati a fondo, oltre la prima scorza, l'apparenza, non sono andati oltre dati spicci che si possono trovare facendo una banale ricerca online.
E dire che è realmente il personaggio del momento: è ovunque tv, siti, riviste, giornali.
Mi chiama l'ufficio stampa e mi dà un cellulare per chiamarlo specificando che è un numero di servizio, dentro di me penso: chissà finita l'intervista mi elimineranno per far in modo che non lo ceda a terzi...Le chiedo:"Quanto tempo ho?" Mi fa:"20 minuti perchè poi ha una riunione". Penso: ma ha sempre e solo 20 minuti? Sono un po' delusa, è troppo poco ma le dico: "Me lo farò bastare". Lei mi assicura che lui sa già tutto, che sarà una chiacchierata informale perchè questo è il mio stile ecc.
Manca mezz'ora all'appuntamento ho il cervello in pappa e sono emozionata, giro per casa in stato confusionale col mio taccuino. Chiamo 2 minuti prima dell'ora X, visto che abbiamo poco tempo dove posso guadagno qualche minutino. "Vodafone il numero da lei chiamato..." Ma vai in culo tecnologia di m.....!
Cominciamo bene. Mi assale un dubbio come lo chiamo? Chef? Gabriele? Rubio? Come mi devo rivolgere, gli dò del tu, del Lei, del Voi, del Coloro? Con l'addetta stampa ci siamo date subito del tu, sai noi del mestiere.... Penso: è inutile richiamare e fare la figura dell'ansiosa, di sicuro mi arriverà l'sms che è raggiungibile. Passano preziosi minuti ma niente. Allora richiamo ed è libero. Ecco appunto, tacci della Vodafone! "Pronto?". La voce mi trema "Chef Rubio? ciao sono del blog, sai già tutto no?" "No non so niente". Ok perfetto un attimo che mi suicido e poi possiamo cominciare in allegra scioltezza!

Lui chi è
La prima volta che ho visto la trasmissione ho pensato: e questo mo chi è? Da dove esce fuori? Ho notato che è un'impressione comune. Lo vedi così grande e grosso, con i baffi alla Houdini, coperto di tatuaggi su ogni parte visibile, ed intuisci pure non visibile, del corpo che mangia con le mani. Insomma sicuramente non passa inosservato. Ti colpisce il modo di fare, di comunicare, la spontaneità, è uno che con la telecamera ci va proprio d'accordo, gli dà del tu, la supera, la annulla ed entra in contatto diretto con lo spettatore. Siamo abituati a vedere chef in linde divise cucinare su superfici di inox immacolate, qui ci troviamo di fronte a uno che cucina in mezzo alla strada, che spadella sui fornelli di un improbabile carretto che porta dietro la macchina. Dimentichiamoci simposi di cucina, prove dei cuochi, antonellina mia...lui è altro. In continuazione provano a metterlo in mezzo, tentano di farlo sparlare di altri cuochi ma forse è il caso di smetterla con tutti questi paragoni e di considerarlo per quello che è.
Nella sua trasmissione "Unti e Bisunti" si capisce che è una persona molto curiosa, che si aggira per l'Italia assaggiando piatti tipici locali, quelli della tradizione, de 'na vorta. Girovaga per i vicoli dei paesi sempre con il naso all'insù in cerca di odori e sapori interessanti. Entra nelle case chiedendo permesso e osservando tutto, con curiosità chiede:"Che state a cucinà là?". Prende il cibo con le mani, lo saggia, lo annusa e lo divora. Riesce a scoprire gli ingredienti con cui è stato preparato poi fa domande, ascolta, ha sete di conoscenza e di imparare sempre cose nuove. Chiede il nome dei piatti e prova a pronunciarli spesso storpiando il dialetto locale. Si interessa della preparazione dei cibi, quando sente qualcosa di nuovo, gli si accendono gli occhi dalla curiosità e vuole saperne di più. Non sta in cattedra, non insegna nulla, si mette allo stesso livello degli spettatori curiosi di cucina. Il succo del format è che tra varie pietanze mostrate poi  ne sceglie una che cucinerà pure lui, da qui nasce la sfida con la gente del posto, il verdetto viene affidato alla giuria popolare presa in loco; delle volte vince, altre perde, altre finisce in parità. Il programma è seguitissimo e siamo già alla seconda serie.

One of us
Iniziamo l'intervista, del mio taccuino seguo poco o niente, prendo le domande scritte qui e là senza un ordine preciso anzi se possibile accosto tematiche molto lontane fra loro. Mi chiedo cosa avrebbe pensato l'ufficio stampa delle mie astruse domande !
Parliamo di tutto, lui chiacchiera parecchio, è in macchina diretto alla famosa riunione, non so se guida lui, forse si. È strano parlare e immaginare che dall'altro capo ci sia lui.
Parliamo di argomenti diversissimi di Eraclito, Peppa Pig, di Freud, di Aldovrandi, di Proust, di Chiambretti.
Lui non è uno che si tira indietro, è spontaneo, dice quello che pensa, anche cose scomode, non ha filtri, va dritto per la sua strada.
Quando l'ho visto in tv ho notato un certo modo di fare, un'ironia sorniona ma pungente che ho trovato affine alla mia. È stata solo la prima di una lunga serie di analogie. Unita alla parlata romana che non si è mai preoccupato di nascondere ma anzi e ad una certa qual somiglianza con mio cugino mi sembra davvero di avere a che fare con uno di casa!
Lui è uno che non ha paura di sporcarsi le mani, anzi! Sembra quasi che più si sporca e meglio è, prende il cibo, lo tasta, lo annusa, e lo trangugia rigirandoselo in bocca per assaporarlo meglio. Mette le mani direttamente nelle pentole incurante di rischiare varie ustioni . Tira fuori la nostra parte più vera e autentica, quasi ancestrale, ammettiamolo tutti quanto sia più gustoso mangiare il cibo direttamente nella padella o usando il mestolo piuttosto che servito su un serio e anonimo piatto da portata! In tutto ciò non posso che rivedere la mia Pop che mangia con gusto con le mani, che si sporca la faccia di cibo, che alla fine di ogni pasto bisogna quasi rintonacare le pareti ma che tutti ammettono anche che è uno spettacolo vedere la gioia con cui mangia. Io ho sempre pensato: l'importante è che mangi d'appetito poi per raffinarci per le cene di gala dell'ambasciatore ci sarà sempre tempo. A tal proposito gli chiedo se sa cos'è l'autosvezzamento. Lui tentenna mi dice di no, che può provare a dare un significato ma non ne è sicuro. Io gli dico che è legittimato a non saperlo non avendo figli ma di provare a dare comunque una risposta. Lui dice che forse è quando uno prova da solo a fare qualcosa. Gli spiego che è un modo di avvicinare i bambini al cibo. Mentre prima gli si davano gli omogenizzati industriali e stop, ora si consiglia di metterli a tavola con noi, di fargli assaggiare quello che mangiamo, di seguire la loro curiosità, fargli mangiare quello che li attira, di farli pasticciare con le mani e sperimentare col cibo. Si è capito che è una fase importantissima per la crescita e per un corretto rapporto col cibo, si potrebbe addirittura scomodare Freud e la sua fase orale; una mia amica addirittura è stata cazziata per aver fatto saltare al bimbo questo importante passaggio. Lui arguto e ironico capisce subito:"Mi stai forse dicendo che ho saltato questo passaggio e lo sto vivendo ora?" E chi lo sa? Touchè! Una sua frase che ripete spesso è che la vita è ciclica, che si va avanti per cicli. Comunque comprensibilmente visto che è un punto di vista simile al suo, si appassiona all'autosvezzamento, gli dico che è un modo per creare un rapporto sano col cibo, per far capire al bambino da dove viene, non certo da un vasetto di vetro. È anche un ritorno alle origini, d'altra parte i nostri nonni facevano senz'altro così in barba alle moderne e inutili sofisticazioni.
Gli chiedo se è miope, lui dice che crede di no, solo quando legge molto "gli occhi me se appannano". La domanda è lecita: spesso chi ha un senso carente sviluppa in modo incredibile gli altri, e lui è uno che usa tantissimo gusto e olfatto, li ha spiccatissimi, dice che riesce a scindere un cibo fino a sentirne i singoli ingredienti con cui è composto. Gli chiedo se ha un piatto particolare a cui è legato, spesso succede di assaporare un cibo e di venir travolti, insieme ai sapori, dai ricordi del passato, spesso dell'infanzia. Capita proprio di risentirli identici. A Proust successe con la Madeleine. A me con gli involtini al sugo o il riso in bianco della mensa. Lui si ferma un attimo e poi risponde che è legato ai pranzi domenicali con la nonna non ad un piatto in particolare ma al contesto e all'atmosfera conviviale che c'era. Un filo di nostalgia per un passato che forse non c'è più. Mi fermo qui.
Sempre a proposito di sapori gli chiedo se dai suoi viaggi porta spesso dei cibi locali, si dice che spesso mangiati poi in casa propria perdano la magia e il gusto che avevano all'origine. Lui concorda e dice che infatti non porta più nulla anzi ha armadi pieni di sacchetti di spezie comprate in giro per il mondo: Oriente, Libano... tanto che ora li regala perchè ha capito che è maggiore la gioia di chi li riceve in dono che la sua nel portarli e usarli qui.

È uno che ha fatto tante cose, ha viaggiato in lungo e in largo, fatto incredibili esperienze, si può dire che per la sua giovane età ha vissuto già tante vite: un passato da rugbista, anche in Nuova Zelanda, viaggi avventurosi in tutto il mondo, gli manca solo l'Africa e poi il mondo della cucina, la passione per la fotografia...
È uno che non si risparmia, si getta a capofitto, anima e core, fa mille cose in contemporanea, gira come una trottola, trova il tempo anche per dedicarsi a varie iniziative benefiche ma non è facile trovare informazioni su di lui. La frase che spesso scrivono i fan è: ma come? eri nella mia città e io non ne sapevo nulla. Perchè lui è così. Non si mette in mostra, non pubblicizza le cose che fa, un po' un controsenso forse per uno che lavora in tv, che la fa ma non la guarda come tiene a precisare, ma questo è. Faccio una domanda forse stupida, gli chiedo quale sarebbe il menu per il suo matrimonio. Lui taglia corto:"Non mi sposo quindi il problema non si pone". Avevo letto in giro che è refrattario ai rapporti duraturi. Gli propongo un'alternativa:"Ok allora per la festa del tuo compleanno". Dice che non ne fa, che odia queste feste, che si arrabbia se gliela fanno a sorpresa. Per confermarlo mi dice:"Se non ci credi puoi chiederlo a.. a.. ( dentro di me dico: a chi?) a qualcuno dei miei amici o parenti se mai li conoscerai!" È proprio uno di casa! Insomma non gli piace essere messo in mezzo, anche quando aveva delle partite importanti non lo diceva a nessuno. Eppure è amato, incredibilmente amato da tutti, è trasversale, amato da carnivori, onnivori e vegani nonostante trangugi qualsiasi cosa animale e non. Anzi forse è passato alla notorietà dei più proprio perchè mangia interiora e parti meno nobili. Si lamenta:"La gente pensa che io mangi solo quinto quarto". Io:"Ah... come?" Lui ripete:"Quinto quarto". Io:"Ah.... cioè?" Frattaglie. Gli chiedo:"Già ma cosa mangi invece?" Risponde:"Di tutto cereali, carne, pesci, verdure, dall'etnico al mediterraneo dipende..." E poi gli chiedo dove compra le materie prime quando cucina, risponde che se può preferisce farlo nei negozi locali che conosce ma se è di fretta e deve fare una cena fra amici non disdegna neanche il supermercato sotto casa. Vivaddio! Finalmente! Basta con questi chef che hanno i fornitori esclusivi! A proposito il termine chef non gli piace granchè, non gli piace essere definito per la professione, come se uno venisse chiamato da tutti avvocato, dottò alla romana che poi siamo tutti dottò. Peccato a me piace tanto, "Allora come vorresti essere chiamato?" "Gabriele con il mio nome". Eccola là un papabile titolo del post: semplicemente Gabriele.
Gli chiedo il significato del termine chef visionario, l'ho letto da qualche parte, non riferito a lui ma ad un cuoco croato e la cosa mi ha lasciata un po' interdetta. Lui dice che sono facile etichette che i media affidano alle persone: quello è visionario, quello è metrosexual (termine che mi risulta ancora più oscuro)  ecc.
Gli chiedo cosa ne pensa di Eataly (ho scritto pure di questo annatevelo a cercà), mi risponde che è un bel contenitore, con gente valida, con una bella intenzione ma che poi non viene portata a compimento fino in fondo.
Poi di punto in bianco gli chiedo com'è il suo rapporto con Dio, lui prende tempo "Eh...e com'è?" io lo anticipo:"Non vi date fastidio? Ognun per sè?" "Si più o meno." Non è credente ma crede in una sorta di reincarnazione.
Affronto il tema poi della sua intervista con Chiambretti in cui si capiva chiaramente che era leggermente infastidito, non conosceva su cosa si sarebbe tenuta, altrimenti gli ho detto avrebbe fatto meglio a non andare. Il Piero ha cercato solamente di cercare lo scoop, di farlo parlare male di altri chef ma Rubio non è stato al gioco, si è limitato a commentare ironicamente i nomi snocciolati dal presentatore. In qualche intervista ho letto che ha criticato l'incapacità di Chiambretti di ascoltare chi intervistava ma anzi che andava avanti per la sua strada da solo.
Di Rubio posso dire che non è assolutamente così, parla molto ma non è un monologo solitario, è uno scambio alla pari, ascolta quello che gli dico e se ne ricorda pure in seguito cosa da non sottovalutare! È gentile, quando gli dico se ha dato un'occhiata al Blog risponde cortesemente che purtroppo non ha potuto farlo perchè in questo momento è in giro 23 ore al giorno così come quando gli dico che avrei voluto fare un'intervista dal vivo risponde che magari ci sarà occasione in futuro. Si ricorda quando gli parlo delle nostre affinità ci scherza su: gemelli separati alla nascita. Alla fine gli chiedo:"Già ma che giorno sei nato?". È il giorno del mio onomastico.
Tutto torna.
Sul suo profilo Facebook ho notato che ricorrono spesso link relativi a note vicende di ragazzi morti in carcere o che hanno avuto a che fare con le forze dell'ordine in circostanze sospette: Cucchi, Aldovrandi, Uva. Avevo scritto anche io un mio post a riguardo (annatevelo a cercà) ci indigna la violenza esercitata proprio da chi dovrebbe tutelarci e l'arroganza con cui tutto viene messo a tacere. Gabriele nel 2005 dalla Nuova Zelanda aveva scritto pure un'email di getto  a Patrizia, la madre di Federico Aldovrandi, una lettera da tanto lontano ma comunicando comunque la vicinanza di fronte a un fatto così terribile e atroce. 

Parliamo ora del programma, gli chiedo quanto c'è di preparato o di improvvisato. Contrariamente a quanto pensavo molto è colto sul fatto: gag e battute estemporanee ma certo c'è un canovaccio studiato a priori e "Unti e Bisunti" è confezionato molto bene tanto da poter chiudere un occhio sugli inserti pubblicitari al limite del fastidioso. Gli suggerisco di fare una puntata su L'Aquila magari affiancandola anche alla squadra di rugby locale, per riportare l'attenzione su questa città dimenticata da tutti. Mi risponde che ci hanno pensato ma poi hanno preferito non farla per non mostrare il fianco a facili critiche di strumentalizzazione limitandosi ad una citazione durante la puntata sull'Abruzzo.
Ha profili Facebook che cura personalmente mettendo ogni tanto un po' di mi piace a pioggia ma anche commentando in maniera sintetica ma efficace. Se c'è qualche polemica di troppa interviene: "Finitela sennò vi cancello avete rotto il cazzo". o se qualcuno dubita che sia davvero lui a curare le pagine stronca ogni dubbio: "Il profilo è mio". Tanto amato da tutti ma qualcuno ha pensato bene di clonargli il profilo creandone uno con un nome simile al suo e postando le stesse foto. Io gli suggerisco che secondo me si tratta di una donna. Lui sorride e dice di non aver pensato a questa teoria ma che la cosa non lo tange più di tanto, fa parte del gioco anzi chi si comporta così gli fa quasi tenerezza. È consapevole che la notorietà è così: per un po' la gente ti ama, ti osanna ma poi basta poco per cadere nella polvere. Panta rei, cita.

E ora veniamo all'infinito codazzo di donne che lo bramano, commento comune alla vista del Rubini è "Tanta roba!". C'è sicuramente del vero: fisico scolpito da anni di rugby, altezza che già da sola è mezza bellezza, baffo ammaliante, bicipiti trattenuti a stento nel grembiule da cuoco, il mangiare con le mani, sollazzarsi col cibo, assaporarlo goduriosamente che manco l'estasi di Santa Teresa, slappate di lingua che rimandano a tutt'altro....insomma ci sta tutta!
Di mio posso dire solo che per caso ho colto una sua intervista radiofonica e ho immediatamente commentato che ha una voce da ribaltabile.
È così... suscita sensazioni forti, senza mezze misure.

In fase adolescenziale mi ero ripromessa di non subire la vita ma di darmi da fare, con slancio ormonale mi dicevo che l'avrei presa a morsi. Ecco forse è proprio questo che fa Gabriele e per questo che suscita simpatia da parte di tutti, uomini, donne, gatti e bambini. Forse creando anche un po' di invidia da parte di chi vorrebbe essere come lui. Prende la vita come quando addenta una mozzarella di bufala lasciandosi scorrere il latte addosso. Si mette in gioco, si diverte in quello che fa, sono convinta che quando non sarà più così sarà pronto ad abbandonare la tv, ad azzerare tutto, rimettersi in discussione, magari appendere il grembiule ad un chiodo e ripartire da zero, vivendo una nuova vita. Ora è qui ma già lo vedi pronto con lo zainetto per un nuovo viaggio. Non si prende mai troppo sul serio. Ora è noto come chef ma è una fase, non è per sempre e non è un dramma quando sarà finita. Appunto la vita è ciclica.
In pochissimo tempo è già cambiato tantissimo in quanto a look, prima col baffo all'insù, poi con la barba, infine recentissimo in versione glabra con conseguenti petizioni per il ritorno alla versione irsuta. Ma lui se ne frega e va avanti, sempre diverso, sempre lo stesso.

Alla fine la telefonata è durata 45 minuti in conclusione lui è dovuto scappare alla riunione precisando senza aver pranzato. Io sono riuscita ad esaurire le mie domande del taccuino e mi aspettava una simpatica insalata di pomodori da mangiare. Lui mi ha suggerito di fare i pomodori col riso retaggio della nostra comune origine castellana.

Mi rimane giusto un po' di rammarico per non aver potuto fare questa intervista dal vivo, mi domando quanto sarebbe stata diversa, mi sono mancate le sue espressioni così esplicite, il sopracciglio arcuato, gli occhi sgranati per lo stupore e i sorrisi silenziosi che avrebbero sottolineato il tutto ma che ho potuto solo immaginare.

Rimangano una tonnellata di domande ormai senza risposta che nel frattempo sono cicciate fuori ma rimane soprattutto la certezza di aver conosciuto una gran bella persona, disponibile, vera ed autentica. 

Ah già quasi dimenticavo! Peppa Pig.
Gliene ho parlato io raccontandogli in chiusura che devo la notorietà del mio blog a due post (annateveli a cercà) che ho scritto su di lei e che mi fanno avere centinaia di visitatori al giorno. Gli ho descritto un po' la mia frustrazione nell'aver raggiunto più contatti grazie a lei che non ad altri post più impegnati o seri. Gli ho chiesto se sapeva chi fosse e ovviamente la conosce, ha sostenuto che il disegno è orribile e ha dato una nuova interpretazione al successo di Peppa Pig. Il tutto è spiegabile grazie alla forma fallica, anzi "penica" come ha sostenuto in seguito, dei personaggi per cui ai maschi piace e le femmine ne sono attratte. Segue dotta dissertazione sui messaggi subliminali dei cartoni della Disney.

Proprio oggi che pubblico il post ci sarà l'ultima puntata di "UNTI E BISUNTI" in onda alle ore 22 su Dmax (canale 52 digitale terrestre) ambientata a Chioggia che te lo dico a fà? Posto che conosco bene.




Io invece sono in procinto di partire per il mare...destinazione: che te lo dico a fà?



giovedì 12 giugno 2014

Gli scioperi spiegati a mia figlia

Sono giorni che volevo scrivere questo post, già da tempo mi ronzava in testa il titolo: dopo la filosofia spiegata a mia figlia e tanti altri usciti sulla falsa riga.
Premessa doverosa: riconosco il sacrosanto diritto di sciopero per avere migliori condizioni lavorative, se minacciano di togliere il lavoro o di tagliare fondi necessari.

Ricordo quando io andavo a scuola, arrivava la circolare: il giorno X ci sarà lo sciopero pertanto non si assicura il regolare svolgimento delle lezioni.
Il senso era: si sta a casa evviva!!
Un giorno delle elementari ci fu uno sciopero del pullman che ci portava da casa a scuola e viceversa, eravamo solo 3-4 bambini alla fermata eppure ci mandarono a prendere in limousine.
Punto di vista della Me bambina: che figata!
Punto di vista della Me ora adulta: che sperpero, chi ha pagato tutto ciò? Noi contribuenti!

Poi venne il liceo, quell'età in cui ti senti adulto quando gli altri sostengono il contrario. Si scioperava per qualsiasi cosa, si era solidali con tutto e tutti, si abbracciava qualsiasi causa. Se persa, ancora meglio! Si andava alle manifestazioni in centro saltellando e urlando:"Vieni giù vieni giù manifesta pure tu".
Si facevano le autogestioni, ci si sentiva grandi, pronti a cambiare il mondo, a spaccare tutto con un atteggiamento da ma-voi-che-ne-volete-sapere.
Gli adulti ci dicevano: non potete scioperare, sciopera solo chi lavora e voi siete studenti.
Si scimmiottava quel '68 di cui tanto avevamo sentito parlare dai nostri genitori rammaricandoci di non aver potuto vivere in un'epoca così figa.
Ricordo l'orgoglio della manifestazioni a cui ho partecipato insieme a loro.
L'ultimo anno del liceo segnava il cambiamento: chi aveva compiuto 18 anni doveva stare attento perchè si diceva che in caso di problemi la polizia avrebbe arrestato solo i maggiorenni, quindi era sconsigliato che si esponessero o passassero la notte a dormire nella scuola.
Forse le autogestioni e le manifestazioni degli studenti non hanno cambiato il mondo, non sono servite a nulla ma che esperienza e che bagaglio di emozioni!
Poi c'è stato l'ingresso nel mondo del lavoro, finalmente potevo scioperare sul serio, ricordo quasi la gioia con cui aderii la prima volta e l'orgoglio con cui pensavo che da qualche parte forse all'inps qualcuno sapeva che io avevo rinunciato al compenso di una giornata lavorativa e che magari sommando tutte le giornate il totale nazionale fosse una cartina tornasole: toh allora la gente si è davvero stufata!
Ricordo una lite con un mio amico che sosteneva che oltre a scioperare era necessario partecipare alla manifestazione sennò non aveva senso e io replicavo: mi hanno tolto i soldi non basta?

E ora invece mi trovo a subire gli scioperi in particolar modo quelli della scuola.
Proprio ora che ho ripreso a lavorare da casa e che fatico a ritagliare 6-8 ore per me.
Da un paio di mesi a questa parte è un continuo di uscite anticipate, entrate posticipate, giorni di assenza per scioperi o assemblee, se non sono le maestre a farle è la fantomatica multiservizi.
La cosa che mi manda fuori di senno è la non comunicazione, nessuno ha perso 5 minuti a spiegarci i motivi della loro protesta. Al nido hanno affisso cartelli a lutto, manifesti che dichiarano la morte della scuola pubblica. Invece di cercare aiuto, collaborazione, supporto dai genitori siamo considerati solo un mezzo per rendere la protesta efficace. Le maestre hanno sempre cercato di instaurare con noi un rapporto confidenziale, di dialogo ma quando sono in fase di protesta tutto questo decade. Annunciano di fare sciopero, affermano fino al giorno prima di non sapere se aderiranno o no gettando le famiglie nell'incertezza. Tu maestra sei libera di fare sciopero ma spiegami bene modalità e motivi, se me lo fai sapere per tempo mi dai così la possibilità di organizzarmi. Invece no. Ti lasciano nell'incertezza, nel disagio, ti estorcono la solidarietà, ti mettono alle strette togliendo qualcosa che è di tuo diritto sperando che così tu scriva una lettera al comune, al giornale, al padreterno lamentandoti della situazione.
Ma non sarebbe meglio fare un'assemblea in cui spiegano i loro motivi e si cerca una soluzione, una forma di protesta insieme lasciando sempre al centro il benessere dei bambini?
Invece per come stanno le cose ora ci sono da un lato le maestre incazzate, dall'altro i genitori incazzati che minacciano di non pagare la retta scolastica e così non si va davvero da nessuna parte.
Fino alla mattina stessa dello sciopero non si sa come sarà la situazione; con le mamme della materna abbiamo fatto un gruppo watsapp in cui chi per primo sa qualcosa lo comunica alle altre, ci si attacca a tutto, alle voci di corridoio, ai si dice, alle sfumature con cui le maestre comunicano le cose. Al nido dicono di presentarsi e poi solo allora si potrà sapere, perchè in caso di poche educatrici i bambini vengono presi a rapporto quasi fascista 1:6.
Non è umano stare fuori scuola con i bambini in braccio aspettando la conta: uno dei nostri, sei dei vostri.
Così come non è umano andare con la Pop fuori alla materna entusiasta di entrare e trascorrere una giornata di giochi e poi portarla via dicendo: oggi la maestra non c'è. Vaglielo a spiegare.
Ci sono regole civili che le maestre e le educatrici insegnano ai nostri bimbi, per vivere insieme in rispetto e armonia. Si entra e si esce in certi orari, se uno non va a scuola bisogna avvisare ecc. Eppure proprio loro comportandosi in questa maniera mi sembra stiano mandando all'aria tutti questi insegnamenti. Che esempio gli stanno dando?
Ci hanno dato un foglio al nido in cui spiegavano le ragioni delle loro proteste, in realtà il contenuto era molto fumoso ma tra le altre cose citavano l'importanza del sorriso e l'impossibilità di esercitarlo in caso di problemi economici o dissapori lavorativi.
Sicuramente è vero, so solo che di sorrisi quest'anno ne ho visti proprio pochi... ma penso pure che c'è gente che non sorriderebbe manco ricoperta d'oro e questa riflessione apre il campo a ben altre discussioni.