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lunedì 5 giugno 2017

Quelli della Bomba

Mi contatta un'amica di vecchia data per darmi una brutta notizia.
Rimango attonita, triste, incazzata come è mio solito reagire in queste situazioni.
La causa sarebbe sempre lui, il bastardo male.
C'è di diverso, forse per mia ignoranza, che stavolta la tipologia sia una di quelle che ritenevo curabili, risolvibili. Evidentemente siamo ancora molto lontani da averlo capito e domato. O forse è proprio un male bastardo per questo, perchè non c'è niente di sicuro e assodato ma l'unica cosa certa è che non doveva finire in questo modo.

Vado indietro nel tempo con la memoria, stiamo parlando dell'età d'oro dei 13-14-15 anni.
Un tuffo nel passato remoto.
Di calde estati infinite, di voglia di stare sempre insieme: il pomeriggio ma anche dopo cena, anche se io non potevo praticamente mai.
Di corse in motorino in due, di Califfoni e Sì, di motorini truccati da moto, e di moto che erano in realtà motorini, gli anni d'oro del Grande Real certo... 
Di "Ci si vede" senza sms, whatsapp e social vari ma neanche telefono fisso o citofono, ci si ritrovava allo stesso posto quando uno voleva e poteva e basta.
Di quando il mare era troppo lontano e allora si andava in piscina, di quelli che per recuperare le innumerevoli bocciature facevano 3 anni in 1 e quelli che già avevano iniziato a fare piccoli lavoretti d'estate. Il centro di Roma era troppo lontano, una meta irraggiungibile, per cui già arrivare all'Eur era un traguardo. Estati di gavettoni, di buste piene d'acqua buttate dai terrazzi, di gelatina sui capelli per i maschi e di spalline improbabili per le femmine. Di braccialetti colorati, di orecchini a cerchio. Stagioni felici che si cercava di prolungare il più possibile anche con l'inizio della scuola ma che alla fine si chiudevano immancabilmente con i compiti pomeridiani e l'accorciarsi delle giornate.
Ci sedevamo su un muretto che stava vicino ad un locale caldaie che ogni tanto si accendeva rumorosamente, per questo la chiamavamo la bomba. Stavamo sempre lì, al massimo ci spostavamo lungo il muretto in cerca dell'ombra o del sole. Il gruppo si allargava con gli amici degli amici, con i cugini, chissà come mai sempre immancabilmente fighi e tutti erano benvenuti.
Estati di Festivalbar e canzonette. Sicuramente una cosa ci ha salvati, per alcuni è rimasta la passione principale, altri ne hanno fatto una professione: la musica.
Di pomeriggi rinchiusi in cantina a suonare, di concerti improvvisati nelle piazze del quartiere, di risparmi messi da parte per comprare la chitarra.

Un pomeriggio, ricordo che arrivarono nel palazzo di fronte una nuova famiglia con due figli della nostra età. Il nostro pensiero fu subito quello di accoglierli, di dargli il benvenuto e di conoscerli. Credo davvero che forse spintonandoci, un po' intimiditi andammo a citofonare  al loro portone invitandoli a scendere e a stare con noi.
E vennero subito accolti nella comitiva. Ricordo il tuo sorriso e gli occhi splendenti, quelli che ora tutti citano e rimpiangono. 
Mi chiedo se anche i ragazzi ora fanno di queste cose, se sono propensi all'accoglienza e al nessuno escluso. In quel momento ci sembrò la cosa più ovvia e semplice da fare.
Io non li conosco i ggiovani d'oggi, ho solo la sensazione che la tecnologia ci dia l'illusione di essere più vicini mentre invece ci sta allontanando sempre di più. Tra balene blu, esibizionismo a tutti i costi e condivisione non nel senso di fare insieme ma più che altro "ti faccio vedere cosa sto facendo io, tu rosica e basta", di selfie estremi... io vi auguro di provare attimi di felicità e spensieratezza, di fiducia nel domani, ma anche di voglia di cambiarlo che la vostra età richiede e merita e di vivere estati come quelle che abbiamo passato noi.



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