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martedì 18 febbraio 2014

Le dolci creazioni (Intervista possibile)

Mi piace credere che delle volte le storie di cui scrivo mi vengano a trovare un po' per caso, un po' per destino.
Scrivo perchè non so fare altro o forse perchè niente mi risulta così facile e spontaneo.
In questo periodo ho tempo libero, forse dovrei usarlo per far altro, invece ne approfitto per cercare spunti di riflessione, per confrontarmi, per approfondire. Perchè chissà quando mi ricapita un periodo così.
Con la semplicità e franchezza che mi contraddistingue, provo, chiedo, al limite rischiando un rifiuto e pure stavolta noto che la via più facile, quella diritta è la vincente.

Così mi ritrovo su un treno deserto direzione Castelli Romani.
Unisco l'utile al dilettevole e ne approfitto per fare un viaggetto in treno. Niente di che si tratta solo di 30 minuti ma sono tutti per me, metto via il libro che stavo leggendo e mi godo il panorama visto che è una tratta che non avevo mai fatto.
Mi immergo nel verde dell'agro romano, assolato come non mai dopo tanti giorni di pioggia.
Passo sopra il raccordo paralizzato, sfioro l'acquedotto romano e vedo il Pala Cavicchi...già ma funzionerà ancora chi lo sa?
Arrivo in una piccola stazioncina, ne passo varie, talmente piccole che non si vede il cartello con il nome del paese. Scendo ed incredibilmente riesco a non trovare subito l'uscita giusta.

Mi è venuta a prendere Francesca. In macchina raggiungiamo il suo regno, dietro un cancello c'è un grande giardino con il suo laboratorio. I rumori della città sono lontani, qui si sentono gli uccellini cinguettare, c'è tutto un altro ritmo, il cane e il gatto sdraiati a godersi il sole. Il laboratorio è professionale: pulito, di inox, alle pareti quadretti inglesi raffigurano dolci.  Profumo di zucchero e cannella, forse l'ho solo immaginato però ci sta proprio bene.
Un'alzata di ottimi cupcakes al caffè mi attende.
Possiamo iniziare.

Ci siamo conosciute anni fa tramite un'amica comune e forse ci siamo viste solo in un paio di occasioni.
Francesca fa le torte, le cake per intenderci, quelle che vanno ora per la maggiore, che strappano gli ohhh di ammirazione quando uno le vede.
È una sua passione da parecchio, prima le faceva per hobby, poi man mano gli ha dedicato più tempo fino a portarla due anni fa a fare il grande salto: mollare il suo storico lavoro e tentare una nuova avventura. Lei ce l'ha fatta. È una di quelle che ce l'ha fatta.
Tante ci stanno pensando in questo periodo. Questa delle torte è una passione comune di molte donne (oltre a Buddy Valastro, Renato e mm Buddy Disastro), le bravine già leccandosi i baffi sognando facili guadagni un pensierino ce lo fanno:"Che ce vole?".
Ci vuole anzi ce vole coraggio, pazienza, tenacia, un po' di soldini, districarsi nella burocrazia e hccp italiane che dice di voler aiutare i giovani e l'imprenditoria femminile ma poi boh!?
E soprattutto bisogna essere brave.
Secondo me i corsi servono fino ad un certo punto ma determinante è la propria attitudine, la creatività, la mano, il saper fare. Ogni cake designer ha un proprio riconoscibilissimo stile. Da quello che mi dice lei infatti i più famosi non nascono come pasticceri ma bensì come artisti, appassionati di decoupage, di arti manuali ecc.

Sono curiosa e le chiedo com'è stato arrivare fin qui.
In Francesca vedo calma, tranquillità, genuinità, la serenità di dire: vediamo come va...
Non è una che sgomita, con la fretta di arrivare chissà dove. Fa un passo alla volta. Non si butta via, non frequenta le grosse fiere, non tiene corsi di pasticceria che le darebbero sicuri clienti perchè ammette candidamente di non essere tagliata per parlare in pubblico, il mio regno è qui, io preparo le torte.
Le chiedo provocandola cosa ne è della sua laurea in scienze naturali e della sua tesi sui macachi. Mi risponde che è in un cassetto ma che non rimpiange nulla, è tutta cultura personale.
Mi racconta che ha fatto dei corsi di cake designer a Londra  e mi spiega che nel preparare le torte ha coniugato quello che ha imparato lì con il gusto italiano. Da noi si usa il pan di spagna bagnato e farcito mentre lì e in America è spesso e secco e quindi più facile da decorare.
Le chiedo di mostrarmi qualche torta e le vediamo sul pc direttamente dal sito.
Vedo cascate di fiori che sembrano vere, torte morbidose per i bambini, scarpine da neonato, alberi decorati, torte per ogni occasione. Poi ne vedo una dal vivo fatta per un matrimonio a S. Valentino mi colpiscono i colori pastello, il profumo di pasta di zucchero e i fiori con al centro una perla.

Di ogni cosa mi viene da chiedere:"Ma è vero o si mangia" e lei mi risponde:"Si mangia tutto". Perchè la torta oltre a far fare ohhh a chi la vede deve anche essere buona da mangiare e quindi far fare mmmh.

Accantonato il capitolo torte si parla di confetti decorati che sembrano delle dolcissime miniature,

poi i cupcake, i macaron, i biscotti, i cake pops.
Un argomento che mi colpisce molto sono i dessert table, dei tavoli allestiti con decorazioni a tema.
Il tempo è volato, afferro al volo l'ultimo cupcake e si torna in città.
L'immancabile mia domanda scema è: come lo vedi il tuo futuro? Francesca risponde che le piacerebbe aprire una sala da thè a Roma ma deve essere carina e fatta come si deve, forse è anche questo un gran segreto: le cose vanno fatto bene, senza fretta, senza scalpitare e senza bruciarsi.
Ritorno in stazione, l'incanto è un po' svanito, cerco invano una obliteratrice che funzioni, il treno è un po' più affollato da vocianti studenti in libera uscita e uomini d'affari che parlano ad alta voce al cellulare, cerco di distrarmi guardando il panorama fuori e osservando i capannoni mi chiedo:"Già ma il Pala Cavicchi poi...!?".








martedì 4 febbraio 2014

Capodanno in crociera (con due Pop) - capitolo 2

Questa è stata la nostra sesta crociera.
Forse manco il figlio di Onassis vanta un primato tale.
L'ultima l'avevamo fatta solo un anno e mezzo fa con la stessa compagnia, anzi con la nave gemella, quindi eravamo quasi di casa... ma in realtà non è vero gniente.
Ti perdi per la nave lo stesso, dopo una settimana di vacanza devi ancora capire non dico poppa e prua ma manco il davanti e il di dietro.
Ho visto gente aggirarsi per aria furba e dire ai compagni di viaggio con fare losco e complice:"Lo so io come ci si arriva! Seguitemi!" come se avessero trovato qualche misteriosa scorciatoia per fare prima.

Molto altro è cambiato in tutto questo tempo.
Tanta gente è scesa dalla nave scontenta del servizio, dell'animazione, dell'organizzazione. Non solo della Msc ma anche della Costa.
Non è facile soddisfare 3000 teste, ognuna con gusti e mentalità diverse.
In genere crociera è sinonimo di vizi, lussi, servizio pluriblasonato, personale che ti sorride e ti saluta anche se ti incontra trenta volte al giorno, se gli passi e ripassi davanti perchè hai dimenticato qualcosa in cabina e percorri a ritmo sostenuto i corridoi della nave.
Stavolta qualcosa è cambiato.
Io una cosa l'ho notata: il personale era incazzato, ma di brutto.
Se prima crociera era sinonimo, non dico di vacanza extralusso ma di cortesia, qualità, standard elevati, ora ho notato proprio la mancanza di questo. Secondo me si è cercato di risparmiare ove possibile, la crisi c'è per tutti, tagliando il superfluo (secondo loro) ma la differenza si è sentita eccome.
In questo viaggio abbiamo fatto conoscenza con varie persone dell'equipaggio ed erano tutte scontente delle condizioni lavorative, della paga (1200 euri), degli orari (da contratto 10 ore al giorno), della dura vita di bordo (6 mesi in mare e 2 a terra). Si sono confidate e lamentate con noi quasi non aspettassero altro. Ovviamente gente che lavora in queste condizioni rende altrettanto, aivoglia a scrivere dappertutto nei locali a loro riservati:smile please, il sorriso è la cosa più importante. Condizioni lavorative decenti e stipendi adeguati sono l'anticamera del sorriso di qualsiasi dipendente.

La prima lingua parlata a bordo è il campano in tutte le sue sfumature, segue un inglese maccheronico.
Il nostro comandante interveniva spesso e volentieri agli eventi in programma, partecipava improvvisando discorsi in idiomi imbarazzanti. Ho iniziato quasi a rivalutare la professionalità e il physique du role di Schettino.







La nave è un grande piccolo micro-cosmo, alla fine ci si conosce un po' tutti, almeno di vista.
Ci sono strani personaggi: il teenager giapponese sempre con gli occhiali da sole, forse un vip?
Poi ci sono persone con cui magari sei imbarcato, incontri i primi giorni e poi vengono inspiegabilmente fagocitate dalla nave e non li vedi più.

A bordo circolano strane leggende metropolitane.
Si dice che si mangia meglio al self-service che non al ristorante, un apparente controsenso.
Si vociferò che la causa del mancato sbarco a Casablanca non fu dovuto alle previsioni che allertavano di onde alte sei metri ma a chissà quale altro motivo. La gente perplessa guardava giù dalla nave e asseriva: un'imbarcazione così è in grado di reggere le onde di sei metri. Senza dubbio ma sarebbe meglio anche evitare di far vomitare tutti i passeggeri e l'equipaggio. Poi tutti si sono lamentati della scelta di sbarcare invece a Gibilterra che certo non presenta le attrattive del Marocco e proponevano come se fosse la cosa più semplice del mondo, quasi si trattasse di posteggiare una 500:"Bè allora potevamo rimanere un po' di più a Tenerife. Chissà che c'è sotto..."

Un'altra figura mitologica che girava sulla nave era il figlio del comandante, si aggirava a bordo e a terra facendo richieste impossibili, quando otteneva rifiuti, si palesava con tono camorrista rilevando "Sonoilfigliodelcapitanoxxxx" a quel punto otteneva un No ancora più esplicito.
Abbiamo incrociato anche una certa figlia del comandante che andava in giro con un bambino piccolo. Non abbiamo mai capito se erano personaggi veri o sedicenti tali.

Ci siamo avventurati nel miniclub. Abbiamo un rapporto conflittuale, la Pop non c'è mai voluta andare da sola tranne che una mezz'oretta l'ultimo giorno in compagnia di un'amichetta. Noi quindi ci siamo andati più volte a giocare tutti insieme. È come un asilo, c'è la vasca con le palle, il didò (che non si sa perchè i più chiamano odiosamente plastichina), le costruzioni, vari giochi da tavola in più lingue che non si sa se si possono usare o stanno lì per bellezza. Le ragazze addette sono tutte molto giovani, devono fronteggiare bambini di varie nazionalità e quindi interagire in 3-4 lingue. Per quello che ho potuto vedere sono lasciati molto allo sbando, loro organizzano poco o niente, intervengono solo in caso di pericolo più che mortale.
Ovviamente fatto così non ne capisco molto il senso. Ho visto bambini stare ore e ore lì mentre i genitori erano a terra a fare le loro brave escursioni.

Durante la vacanza abbiamo fatto conoscenza con vari bambini, ci siamo ritrovati più volte insieme e la Pop era felicissima così, altro che miniclub.

Alla fine della vacanza abbiamo totalizzato
-4 vomitate: per par condicio due su ogni genitore e ad opera di ogni figlia.
-5 chiamate partite per sbaglio al servizio emergency: tre dal telefono, due dall'ascensore.
-un paio di febbri, di cui una giusto a S. Silvestro tanto per affrontare il 2014 in simpatia
-2 valigie piene di panni sporchi dopo 12 giorni di vacanza, che ho impiegato ben più di 12 giorni per lavare, stirare e sistemare, la proporzione non mi quadra: evidentemente sbagliamo in qualcosa.

Motivi per i quali, anche solo per quelli, val bene una crociera:
-aver visto e fatto vedere alle Pop i delfini liberi, veri che giocavano con la scia della nave
-aver incontrato tanta gente di paesi diversi e lontani
- avere una piscina coperta a disposizione per cui la Pop si è iniziata a fare il bagno già a Civitavecchia per smettere poi 12 giorni dopo
-avere qualcuno che pulisce sempre dietro al tuo passaggio e soprattutto dopo i pasti delle Pop
-aver diviso un pezzetto di cielo e di mare con i signori Gabbiani stando addirittura più in alto di loro