pubbli larga

lunedì 28 maggio 2018

La macchia sul divano

E arrivò il post che non vorresti mai scrivere.

Che hai in corpo da un mese, che sta per esplodere ma cerchi di ributtare giù in fondo a te perchè sai già che metterlo nero su bianco ti farà male talmente tanto da non riuscire più a vedere lo schermo del monitor fra le lacrime.
Ma dicono sia terapeutico, dicono, sfogarsi in qualche modo.

Premessa: forse riuscirà a capirmi davvero solo chi ha o ha avuto un animale in casa. Anzi, per loro credo non ci sia bisogno di molte parole, ci siamo capiti semplicemente senza il bisogno di dire nulla.



D'un tratto, presa dal logorio della vita moderna e dal tram tram quotidiano, realizzo: ma da quant'è che non sento Sofia correre? Da quanto non fa danni, non butta le cose per terra, non graffia il divano?
E come l'altra volta penso: ma sì sarà l'età, sarà normale, ormai è una gatta vecchietta.
In pochi giorni la situazione peggiore, lei è sempre più statica, non mangia, se la guardi non sembra stia male ma neanche benissimo. Esattamente come l'altra volta c'è qualcosa che non mi torna e un pomeriggio, d'istinto, la prendo e la porto di corsa dal veterinario, sperando come quel giorno lì di un anno fa, di trovare la causa, di risolverla in fretta e di riavere in breve la mia scassacabasisi felina in forma.
Ritrovo quella dottoressa che tanto mi era piaciuta, l'amica dei coniglietti, lei si ricorda benissimo di me e Sofia. Neanche il tempo di parlare e propone come l'altra volta una sfilza di analisi costosissime.

Ho rivissuto un periodo tremendo in altri tempi, altre modalità, altri protagonisti ma per il resto tutto uguale.
La parabola discendente della vita: nasci e non riesci a nutrirti da solo, ad assolvere alle funzioni intestinali e alla fine il tutto si ripete: devono aiutarti a mangiare, dandoti sminuzzare le cose che ti piacciono, devono portarti in bagno altrimenti te la fai sotto.
Vivere l'atrocità di quei momenti fa sì che ogni pezzetto di cibo mandato giù sia una grande conquista, ogni scambio di sguardi un po' più vivace accende nuove speranze. Non ti accorgi che state tutti precipitando nel baratro e non ti rassegni a vedere davvero come stanno le cose, continui a fare progetti a lungo termine come nulla fosse.
Ho rivisto quegli occhi da: lasciatemi in pace e non torturatemi più con queste medicine, è andata così e così sia.
Abbiamo vissuto i giorni dei day hospital in cui stava tutto il giorno dal veterinario a fare delle terapie, delle flebo; abbiamo sperato nelle cure portentose e ricostituenti per poi vederla tornare a casa sempre peggio o con miglioramenti solo temporanei.
Abbiamo avuto il dubbio: ma se la portassimo in un centro veterinario megafico e costosissimo forse le cose potrebbero andare diversamente?!

Il mio rapporto col veterinario è ambivalente da un lato le consegno la creatura più cara e vorrei che me la rendesse come era prima, dall'altra non mi fido e più volte avrei voluto sfondare la vetrina dello studio per prenderla e portarla a casa, immaginandola lì sola, in un ambiente sconosciuto, lontana delle sue cose che tanto ama, una tragedia per un gatto abitudinario, come sono tutti poi.

In questi giorni mi sono interrogate su tante cose, se tenere un animale in casa sia in realtà un gesto di egoismo estremo: lo priviamo della libertà, lo castriamo, gli tagliamo le unghie, lo umanizziamo, chissà cosa vorrebbero davvero loro?!

Poi ripenso a quando era stata trovata sul ciglio di una strada ad Avellino e che se non l'avessero presa sarebbe andata incontro a morte certa. 

Parallelamente per uno stupido scherzo del destino anche una nostra cara amica stava male e quasi della stessa patologia e stessa trafila: day hospital, flebo ecc. BASTA!

La fine è arrivata veloce, quasi come in un film, per un sesto senso sono tornata a Roma prima e sono andata a prenderla io dal day hospital, era ancora più magra, piena di forfora. L'ho portata a casa, l'ho messa sul suo amato divano e le ho detto:"Aspettami qui vado a prendere le Pop in piscina e torno". Al ritorno l'abbiamo messa in cucina in una scatola per farla stare più comoda e in pace. Stava male, faceva dei miagolii gutturali tremendi, ho provato a prenderla in braccio, mi piacerebbe pensare che quella sia stata l'ultima volta che è successo invece mi ha scacciato, forse stava davvero troppo male. In pochi minuti si è spenta. Quasi avesse aspettato di tornare a casa sua e di essere circondata da tutti noi.
Nella tragedia credo sia meglio che sia andata così e non per una iniezione letale e che la fase acuta sia durata pochissimo.

Rimane in casa un silenzio assordante, si sente a livello fisico la sua assenza. Mancano i suoi passetti sul parquet, le corse folli in corridoio, le fusa, l'accoglienza di ritorno a casa, il dormire abbracciate sotto le coperte, le cose che faceva cadere; manca il profumo, quello che si sentiva dandole i baci, mettendo il naso sotto il collo; mancano gli abbracci con la mia testa sopra di lei. Manca tutto. C'è il tacito divieto di mettere cose scure sul letto o sulle sedie perchè con la coda dell'occhio sembra sempre di vederla acciambellata a riposare. Ci sono abitudini e gesti meccanici dovuti a 15 anni di convivenza che credo che non smetteranno mai, chiudere la porta del bagno, lasciare invece quella della cucina socchiusa.

Alla notizia le Pop sono rimaste incredule: impossibile anche solo immaginare l'idea di stare senza Sofia.
Per quanto le avessi anticipato più volte che era vecchietta e un po' acciaccata.
Ogni tanto mi chiedono di prendere un altro gatto perchè non si può stare senza.
Già. Io, per ora non me la sento. Troppo dolore, troppa sofferenza. Ha ragione mia madre: questi animali vivono troppo poco. 
Da allora non ho avuto molta possibilità di vedere gatti, ne ho incontrato qualcuno nero, cercando invano nei loro occhi il suo sguardo ma senza trovarlo.

E' passato un mese ed io non riesco ancora a guardare le sue foto. Vedo al parco i padroni passeggiare con i loro cani e mi sento esclusa da quei gesti, quegli affetti.



Si dice che esiste un posto chiamato Ponte Arcobaleno dove sono tutti gli animali dopo la morte, un paradiso dei cani e dei gatti dove scorrazzano felici. Sarà... Marta mi ha chiesto se i gatti volano e come ha fatto Sofia allora ad andare in cielo. In un eccesso di nichilismo, ho preso un foglio di carta e l'ho strappato dicendole: Ecco così funziona, semplicemente non c'è più.

Mi sento molto Giovanni xxiii, chi può, quando andate a casa abbracciate i vostri cuccioli e godeteveli il più possibile.