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martedì 30 dicembre 2014

Aspettative di viaggio

Mi accingo a scrivere di quello che sarebbe meglio non fare mai ovvero: avere delle aspettative, che poi il più delle volte rischiano di essere deluse.
Ma chi non ne ha all'inizio di un viaggio o di una nuova esperienza?

Siamo in partenza per Capo Verde.
Destinazione scelta dopo aver a lungo meditato e aver scartato altre mete diverse ma con un unico comune denominatore: andare al caldo e se possibile fare il bagno al mare a capodanno.
Noi propendevamo per le Canarie ma la temperatura dell'acqua a differenza di quella esterna non è ottimale mai almeno per noi italiani. Ci hanno proposto l'Egitto ma nun je l'ho fatta, sarà prima o poi la nostra meta almeno per la curiosità di vedere 'sto mare che tutti decantano come più bello del mondo, questo acquario sotto il cielo. Ma poi pure in questo caso ora non è il periodo migliore e incidono altri fattori: la sicurezza ecc, a quanto pare Sharm e via discorrendo non hanno mezze misure: o li odi o li ami. E io non mi sento pronta ad amarli sarà per quel modo di fare un po' così, quella espressione un po' così ... a Genova e figurarsi in Egitto! Non dico che non ci incontreremo ma magari non ora più in là.
Ci sono invece paesi che il solo nominarli mi riempie di gioia, entusiasmo, voglia di fare le valigie all'istante: Madagascar, Galapagos, Patagonia e Capo Verde.
Capo Verde si è aperto relativamente da poco al turismo per cui non è molto conosciuto ai più. A chi dico che andremo lì ricevo in risposta facce perplesse che tentano di collocare mentalmente queste isole nel planisfero per poi annunciare con orgoglio:"Ah sono quelle a destra o a sinistra?" per non parlare dell'uscita fantastica di un'amica:"Vai a trovare i parenti?".Ora va bè che non ho tratti prettamente italiani ma manco capoverdiani!


Non sono mai stata colta dal mal d'Africa finora perchè non ho mai visitato questo continente e quindi non ho mai avuto lo stimolo a viaggiare lì ma stavolta penso proprio che qualcosa succederà.
Basta documentarsi e tutto sa già di favola e di avventura.
Si tratta di un arcipelago di isole suddivise in due gruppi in base agli Alisei: isole Sopravento e Sottovento.
Leggo di "pezzo di deserto scagliato nel mare", di periodi in cui è possibile da riva osservare gli sbuffi delle balene, di spiagge dove le tartarughe vanno a deporre le uova.
Di mix portoghese, creolo, brasiliano.
Se provo ad immaginare la popolazione locale mi viene in mente un sorriso enorme, smagliante, bianco. Un calore enorme che vada al di là del semplice profitto.

Vedo già le Pop giocare con i piccoli del luogo senza capirsi molto ma stando insieme.
Il motto delle isole è "no stress" capisco allora i tanti italiani che si sono trasferiti lì.
Insomma ancora ci dobbiamo arrivare ma già sento di amarla....

lunedì 15 dicembre 2014

Caro Gesù bambino

Caro Gesù Bambino,
io so che quando sei venuto al mondo duemila e rotti anni fa non ti aspettavi tutto questo, non era certamente questo lo scopo e nè faceva parte degli annessi e connessi.
Lasciamo perdere il consumismo, lasciamo perdere il vero senso del Natale forse ormai perduto, tralasciamo la mancanza di valori e il miagolare nel buio...


Ma perchè io, che arrivo di corsa a scuola a portare le Pop, in perenne lotta contro il tempo e contro il cancello che chiude inesorabilmente alle 9 come una ghigliottina svizzera, mi devo sentire appellare, fermare da Te, che non mi ti sei cacata per 364 giorni l'anno, tanto da riuscire ad intonare l'Alleluja quella rara volta che ti ho strappato un saluto...insomma da Te che mi dici:"Partecipi vero al regalo di Natale di Pina?" Sottintendendo: mica NON vorrai partecipare al regalo di Pina vero e consegnare tua figlia al pubblico ludibrio per i prossimi secoli dei secoli?
Ho in testa solo una domanda:"Pina? E chi cazz'è?" ma lei, astuta, mi precede:"Ma comeee Pina... quella che gli fa il corso di mosaico tibetano, fanno mezz'ora al mese, non ricordi?".
1 non sapevo neanche che facessero questo corso
2 chi cazz'è Pina!?
Taglia corto:"Comunque dai sono 10 euro, se ce l'hai ora meglio".
Tiro fuori i soldi e chiedo:"Tanto per curiosità..cosa compriamo di bello a Pina?", Lei è offesa a morte per la irrispettosa domanda ma con magnanimità ti risponde:"Un bel centrotavola".

Mea culpa, io e la casa non andiamo d'accordo, nè per quanto riguarda la gestione della casa nè per gli oggetti. Non ho mai capito se il centrotavola è quel cosino ricamato che si mette sul tavolo (oribbile) o quell'oggetto che si mette sopra (altrettanto oribbile), se sono fiori o è il contenitore in ceramica o vetro. Concludo:"Ah ottimo!" e dentro di me penso: un'altra cacata. Me ne vado rimuginando ma chi cazz'è 'sta Pina?

Forse è per questo che ultimamente arrivo inconsciamente tardissimo a scuola, forse per non avere altri incontri del genere, forse è per questo che per entrare scavalco da una finestra e mi acconcio con baffi finti e impermeabile mimetico.
Ma d'altra parte ho già partecipato diligentemente a regali per ogni ordine e grado di insegnanti, assistenti, maestre di sostegno, di religione (che la Pop manco fa) di personale bidellabile e diversamente bidellabile che penso siamo a posto così e abbiamo finito. Forse.

Caro Gesù Bambino salvaci da queste mamme procacciatrici di soldi che ti fanno le poste, ti stanano dietro agli angoli, ti zompano sopra più fameliche di un messo di Equitalia chiedendoti l'obolo.

Dicevo... pensavo di aver assolto il mio compito e invece no perchè si è palesata una mamma del corso di danza e con vocetta querula avanza la terribile ipotesi:"Facciamo un bel regalo alla maestra?" La mia risposta invece della prevedibile chi cazz'è (perchè ce l'ho ben presente stavolta) sarebbe: MA ANCHE NO. Non so perchè ma quando si tratta della danza il cervello delle mamme va in pappa...all'inizio si era parlato di quote faraoniche di 15-20 euri cadauna, poi si è sceso ai canonici 5 e poi si è iniziato a favoleggiare che per la maestra di danza è obbligatorio fare un regalo floreale perchè-si-usa-così(?!) e un regalo normale. Io sapevo dei fiori ma in occasione di uno spettacolo sennò mi immagino la casa di questa povera maestra come una serra piena di mille fiori. Allora le più facinorose hanno iniziato ad avanzare diverse ipotesi: ma sì almeno una cosa simbolica, facciamole una rosa, o una rosa per ogni allieva....ma ti sei bevuta il cervello??! Tento di riportarle sul pianeta Terra:"E invece per regalo a cosa stavate pensando?" "Ad un bel centrotavola" Daje....Se desiderate regalare un delizioso centrotavola, compratelo per tempo perchè per Natale vanno via come il pane.

Le mamme del nido, che non brillano certo per acume, invece hanno deciso di muoversi compatte, di fare una newsletter e una chat di gruppo sul tema. Gli altri anni ognuno faceva per proprio conto, non ho mai amato fare il regalo o pensierino alla maestra ma alla fine vengo presa dall'euforia del natale e finisco sempre per regale qualcosa. Lo considero una tassa, un balzello, una piccola tangente che VA fatto e alla fine si fa!

Un genio dei genitori del nido, che non si distinguono mica per perspicacia, ha proposto: compriamo un buono da Feltrinelli per le maestre ma in modo che lo spendano solo per acquistare materiale per la scuola.
So di qualche maestra illuminata che l'ha fatto: ha rinunciato al suo centrotavola o alla sua cacata insomma devolvendo la somma (che comunque non è affatto bruscolini) per la scuola. Un conto è che sia lei a proporlo ma imporlo alla maestra in tempi di tagli dello stipendio mi sembra alquanto inopportuno.
Segue fitto scambi di messaggi interminabili alla fine razionalmente si opta per il regalo tradizionale. Io mi immolo e decido di comprarlo io anticipando la spesa. Le amiche mi danno della folle e paventano che non rivedrò mai più i miei soldi.
Andare a comprare il regalo è piuttosto divertente, il difficile è trovare tre cose simili ma non uguali da regalare alle tre maestre.
Mi reco subito al negozio perchè sta facendo delle offerte strepitose e rischio di comprare qualcosa di bello spendendo pochissimo.
All'inizio io e la commessa andiamo d'amore e d'accordo: troviamo subito una deliziosa fruttiera Alessi quella con i bambini ed è perfetta peccato che non ce ne sia in confezione da 3 come sicuramente avrebbe invece il signor Volpe di Peppa.
In successione mi propone una patatiera che ignoravo cosa fosse, una cosa giusto un pelino ingombrante utile come il nulla. Non le ho neanche risposto.
Poi mi propone quello che giura essere l'oggetto del momento: una cassa armonica per cellulare... va bè ti saluto.

Alla fine troviamo un accordo. La cordialità e gentilezza che regna in quel negozio da sempre è pari ad un calcio negli stinchi ben assestato e nonostante paghi più di 100 euri la signora mi consegna carta, nastri, adesivo esortandomi a fare un bel pacco da sola a casa.
Faccio diligentemente foto dei regali e relativo scontrino e linko sulla chat.
Una mamma che vanta lunga esperienza propone: per raccogliere i soldi, poichè è difficile incontrarsi tutti visto che abbiamo orari differenti, mettiamo i 5 euro con un biglietto col nome nella scatola delle scarpe della Pop che lasciamo sempre lì. Credo che neanche Sindona avrebbe potuto escogitare un sistema meno astuto. Incredibile ma vero... funziona e soprattutto nessuno se li frega! Così ogni giorno che vado lì e devo prendere la scatola per mettere o togliere le pantofole a Marta trovo qualche allegro pizzino con i soldi. C'è chi mette una piccola bustina, chi scrive grazie, chi mette una busta gigante e chi mette i soldi senza nome. Poi escono fuori i problemi quelli che ti fanno maledire di esserti accollata questa incombenza. C'è chi ti manda un sms giovanile pieno zeppo di k e x chiedendo se può pagarti fra qualche giorno perchè anzi perk non ha cash perchè non gli è arrivato lo stipendio, poi ci sono i genitori dei gemelli infuriati perchè tu con leggerezza li avevi contati due e invece vogliono pagare una quota. Montano una polemica ai limiti del paranormale appellandosi a momenti alla definizione di persona giuridica, questioni filosofiche: il regalo è da parte dei genitori o dei bambini? per cui ti viene il dubbio che forse trattasi di gemelli siamesi, alla fine estenuata chiosi con: fate un po' come vi pare....
Poi ti arriva un altro messaggio in cui una mamma ti chiede dove deve mettere i soldi visto che il figlio non ha ancora la scatola delle scarpe... allora pensi: sì c'è davvero speranza per tutti! Se questa pensava che io mi andassi ad aprire 22 scatole di scarpe in cerca dei 5 euro di ognuno...

Caro Gesù Bambino salvaci da tutto ciò, dai centritavola, e ridacci, se puoi, l'unica decorazione che davvero faceva brillare le feste: la tredicesima.







mercoledì 3 dicembre 2014

Quello che non si cancella


Un rituale classico di fine anno consisteva nel ricopiare i dati importanti dalla vecchia alla nuova agenda: compleanni e numeri di telefono.
Con l'occasione si faceva pulizia: si cancellavano le date di chi si era perso di vista e che non era fondamentale ricordare e allo stesso tempo se ne aggiungevano di nuovi e si faceva un po' il bilancio dell'anno passato con tutte le sue vicende umane.
Ci sono compleanni e numeri di telefono che chissà perchè restano stampati nella memoria tanto da ricordarli ancora perfettamente a distanza di tempo anche se la persona interessata magari da tanto è uscita dalla tua vita.
L'agendina era un pezzo di te, la portavi sempre in borsa, anzi nello zaino e arrivava a fine anno logora e a brandelli. Se la perdevi, era una tragedia immane.
Non ho mai subito scippi, l'unica volta fu in autobus, mi girai e vidi che una zingarella teneva in mano la mia agendina sottratta abilmente dalla tasca dello zaino. Girava le pagine sghignazzando, con rabbia gliela strappai dalle mani e scesi di corsa dall'autobus. Qualche pagina si perse nella foga, forse rimase a lei: mi sentii davvero derubata e vuota.

Tempi moderni
Archiviata l'agendina di carta, siamo passati al digitale.
Pazientemente hai riportato tutte le date e i numeri su computer.
Una volta inserite è fatta, devi solo specificare di ripetere la ricorrenza ogni anno, ti chiede anche la data di scadenza cioè fino a quando e tu invece setti fantascientificamente per sempre.
Se sei smemorato puoi anche inserire un promemoria che ti avvisi un po' prima in modo da ricordartelo.
Insomma impossibile ora fare figuracce, dimenticarsi di fare gli auguri a qualcuno a meno che non ci sia menefreghismo a monte ma questo è un altro discorso.
C'è sempre il rischio che la tecnologia ti freghi e cancelli tutto ma ora anche questo problema è risolto grazie anche ai backup o alla fantastica nuvola su cui salvi tutte le tue cose importanti, che non si è capito dove sta ma da qualche parte sta e ti permette di accedere da ogni postazione ai tuoi dati. Comodo, peccato delle volte ci sia qualche falla e ad esempio altre persone indesiderate entrino in possesso delle private foto in mutande della vip di turno. 
A parte questo a me inquieta sempre che altri possono accedere ai miei dati. Sono attratta dalla tecnologia, ne dipendo, la uso ma allo stesso tempo mi indispone essere sempre rintracciabile e che tutti sappiano tutto di tutti salvo poi incontrarsi per strada e ignorarsi allegramente.
Delle volte vorrei essere non raggiungibile, vorrei salvarmi dalla doppia spunta di Whatsapp, da le persone che forse potresti conoscere e da forse ti può interessare anche questo. Fatti gli affari tuoi! Se cerco qualcuno o qualcosa ci penso da sola grazie!
Quest'anno partiremo per una meta lontana e pare che tra i difetti del posto la gente abbia criticato che il Wifi costi davvero troppo. Bene, ottimo! Fuga dalla realtà obbligata quando da soli non ce la facciamo a schiacciare il tasto off.

Forse ho un po' divagato ma tutto questo serviva a spiegare che nonostante tutta la razionalità di cui mi fregio ci sono date e numeri di telefono che non ho il coraggio di cancellare malgrado non abbiano più alcuna utilità ma che mi permettono, forse stupidamente e infantilmente, di conservare un legame con chi non c'è più.
Per questo ti faccio lo stesso mentalmente gli auguri, ovunque tu sia; alzo gli occhi ponendomi mille domande e guardo questo cielo fitto di nuvole e nuvoloni, di cloud sicuramente più belle di quelle imbottite di dati.

venerdì 21 novembre 2014

La casa di Babbo Natale

Visto che tanti, dopo aver visto le nostre foto di ritorno dal weekend, mi chiedono: com'è, com'è?
Eccomi qui a dirvi la mia.
In breve: grande operazione furbona e sorniona che ha centrato nell'impresa impossibile ovvero trapiantare Babbo Natale dalla finnica Rovaniemi a nientepopodimenoche... Montecatini Terme!
La cittadina toscana un tempo famosa per le sue acque e i suoi impianti termali stava morendo: hotel chiusi, strutture turistiche che ormai avevano fatto il loro tempo ma in cui i proprietari non si arrischiavano ad investire un penny viste le scarse probabilità di guadagni futuri. Bellissimi edifici liberty lasciati al proprio destino e all'abbandono più totale. Ristoranti e alberghi un tempo di qualche pregio ora erano coperti da quella patina di polvere e moquette stantia che gli ottimisti definiscono vintage e tutti gli altri "io non metterei piede in quel posto manco se mi pagassero".
Qualche volpone ha avuto l'idea: se Maometto non va alla montagna...portiamo 'i Babbo Natale (in toscano) qui da noi.
E cosa hanno fatto? Hanno organizzato un percorso a tappe tematico tutto sul Natale localizzando le attrazione negli edifici storici della città.
Complice anche aver fatto molta pubblicità sui vari gruppi d'acquisto in cui proponevano pacchetti hotel+casa di Babbo Natale, la soluzione ha avuto successo. Dai primi di novembre, perchè il Natale come diceva qualcuno quando arriva, arriva e non sta di certo a badare al calendario, la cittadina ha ripreso vita. Si è popolata di famiglie, di tantissimi bambini, gli hotel sono finalmente pieni. 
È strano giungere lì a inizio novembre e trovarla già addobbata e festosa di luci scintillanti, in ogni hotel e ristoranti ci sono decorazioni natalizie, pupazzi di neve, pinguini, igloo. Ma ai bambini, si sa, basta poco, il resto ce lo mettono loro di fantasia!
Di gente ce n'era già tantissima considerando che ancora non è neanche iniziato il periodo clou di dicembre e forse le attrazioni non sono in grado di reggere questo afflusso massiccio di persone, spesso perciò si formano lunghe file.
C'è una zona dove si può scrivere e imbucare la lettera per Babbo Natale

in foto la breve lista di una bambina, giusto due cose

poi la casa dove si attraversano varie stanze addobbate per poi giungere al cospetto di Lui, 'i Babbo Natale in persona e fare insieme l'agognata foto.

Io mi sono immedesimata in lui vedendo la fila interminabile di persona che lo attendeva, lui sotto i riflettori con le luci sparate in faccia e un po' mi ha fatto pena, ho cercato di provocarlo dicendogli:"Coraggio manca poco più di un mese" ma incredibilmente nè mi ha mandata a cacare nè ha fatto espressioni più eloquenti della frase precedente. Forse era straniero o chissà.

Alla Pop di tutto questo è rimasta impressa la scena di lui che si è tolto per un momento gli occhialini d'oro per poi riposizionarseli sul naso. Alla piccola invece fa abbastanza schifo e guarda con aria di sufficienza o addirittura si mette a piangere tutto quello che riguarda maschere, travestimenti e affini.

Il dispiegamento di forze nella italica città di Babbo Natale è stato notevole e ammirevole, ovunque c'erano ragazze vestite da elfe che davano il benvenuto ai bambini andandogli incontro, facendo dei palloncini o truccandoli. Dappertutto c'erano pupazzi di neve, persino il vecchio Olaf, polverina dorata, tintinnii di campanelli e sempre a palla canzoni di Natale tanto che alla fine, volenti o no, si viene contagiati ed è impossibile non canticchiare
Poi abbiamo visto un'altra attrazione fuori dal pacchetto, a pagamento quindi e posizionata nel minigolf del paese, si trattava del bosco degli Elfi un percorso guidato di varie tappe che alla fine ha portato al conseguimento del diploma di Elfo con tanto di cappellino con orecchie a punta.
Qualcosa da migliorare c'è ancora soprattutto considerando che è cambiato totalmente il target di chi frequenta ora questa cittadina, dagli anziani con la sciatica ai saltellanti bambini quindi c'è bisogno di maggiori attrezzature per i piccoli: bagni con i fasciatoi, seggioloni nei ristoranti ma anche indicazioni più chiare e maggiori informazioni.

Che dire? A noi, ormai adulti e disincantati, potrebbe pure sembrare tutta una trovata commerciale, un modo di intrattenere molto banale fondato su pupazzi e decorazioni semplici e infantili ma ai bambini è piaciuto e pure tanto. La Pop è convinta che Natale sia passato e ora già pensa al carnevale...

venerdì 14 novembre 2014

Stefano

Passeggiata di riflessione nel parco.
Foglie gialle a terra, nelle strade vicino gli operai montano le luci di natale, fa caldo, c'è una luce accecante. Cammino e le parole si compongono nella mente.

Poi mi chiedono:"Ma quanto ci metti a scrivere un post?", niente, le parole sono già lì, le devo solo buttare sul foglio anzi spargerle và che fa più figo, dargli voce e lo spazio che reclamano.

È di questi giorni la notizia: tutti assolti.


Ha ragione Lorenzo (Jovanotti) quando scrive che Stefano, la sua immagine ci è talmente famigliare da sembrarci davvero uno di famiglia.
In questi anni sono girate ovunque le foto del suo corpo, magro da far orrore, coperto di ematomi che sembra incredibile ma quasi non lo riconosco nelle immagini da vivo, sorridente, un ragazzo come tanti.
Pensi a lui e lo associ sempre a quelle foto di quel corpo violato, ricucito in fretta dopo l'autopsia, quelle istantanee fredde e crude che sono rimbalzate ovunque su internet e nei telegiornali. Neanche sembra un corpo di un uomo, mi ricorda invece uno di quei falsi scoop del ritrovamento di un alieno e della sua autopsia. Area 51.
E di paranormale e fantascientifico in questa storia c'è molto.

Mi chiedo come mai la famiglia abbia scelto di mandare in giro immagini così crude e al tempo stesso così private del proprio caro. Forse per dare una testimonianza della impossibilità della "Morte per cause naturali".

Credo che la scelta delle parole da usare sia fondamentale, non avvenga a caso ma dietro ragionamenti e schemi precisi. Non l'hanno mai chiamato per nome. Nei casi di cronaca solo i bambini vengono chiamati col nome proprio per suscitare compassione e commozione, sensazioni in cui i giornalisti sguazzano con godimento.
Chiamare per cognome una persona è un modo per creare una separazione, per mettere una distanza fra noi e lui.
Dopo la condanna ho notato che si riferivano a lui definendolo curiosamente "il geometra romano", neanche più il rispetto, la dignità di chiamarlo con il proprio nome.
Stefano.
Invece viene usato un termine ancor più freddo, asettico e impersonale; la professione identifica un ragazzo morto in circostanza tutte da chiarire.
Ci si allontana ancora di più dalla persona e da quello che rappresenta. Niente empatia, niente partecipazione emotiva.
L'equazione è presto fatta: era un balordo quindi se l'è cercata.
Stefano.

Ne parlai tempo fa, all'inizio del Blog

È un tema che mi indigna, mi turba e al tempo stesso mi appassiona.
Con sorpresa scopro che è un argomento che ho in comune con Gabriele (R.).
È il motivo per cui mi avvicino all'ospedale Pertini sempre con una sensazione di inquietudine addosso sapendo di trovarmi fra le mura in cui tutto è avvenuto.

È un mio incubo, forse è quello di chiunque, Franz (Kafka) docet, trovarsi imprigionato, subire soprusi, non poter fare niente per difendersi. Essere vittima di chi dovrebbe mantenere l'ordine e far rispettare le leggi ma anche tutelarti e rispettarti.
Abuso di potere.
Spesso viene perpetrato da chi si trova in posizione dominante, da chi sta dietro un vetro o con dei gradi sulle spalle che gli danno il diritto e l'arroganza di sentirsi un superdio e di poter spadroneggiare e fare di te quello che gli pare.

Quando frequentavo la mensa di S. Egidio notai, e qui ritorna l'importanza delle parole, che i volontari, spesso ragazzi si rivolgevano a chi veniva a mangiare tranquillamente dando del tu, considerandoli quindi sotto sotto inferiori a loro, quasi con un sottile disprezzo, cosa che non avrebbero mai fatto invece con un una qualsiasi persona della stessa età incontrata fuori di lì. Io non ci sono mai riuscita, mi è stato insegnato di dare del Lei a persone adulte fino a che non sono loro a dire:"Ma no dai dammi del tu" e per questo mi prendevano sempre un po' in giro.

Nel proprio piccolo capita a chiunque di subire soprusi, prepotenze da parte di chi si sente superiore a noi e con il coltello dalla parte del manico. Una volta venimmo fermati da una pattuglia, ci fecero la multa perchè ci fermammo in curva, l'agente si giustificò dicendo che mm alla guida aveva fatto un'espressione strana, l'aveva guardato male sennò avrebbe chiuso un occhio e non ce l'avrebbe fatta.

Voglio pagare per i miei errori se sbaglio, non voglio sconti nè favori ma pretendo di essere trattata con rispetto e dignità. 

Stefano.






martedì 11 novembre 2014

Mammologia

Dopo aver accumulato un tot di anni di esperienza sul campo, posso dire di avere una certa dimestichezza con questa specie. Spinta dalla mia curiosità innata verso il genere umano cerco sempre di avere contatti e relazionarmi con essa delle volte attaccando pipponi assurdi con pretesti banali. Forse alla fine temevo un po' gli appartenenti a questa specie e cercavo di non farmi notare da loro quando ero al parco e cercavo di mimetizzarmi da pioppo o fingevo di parlare lingue di un altro sistema solare. Ma alla fine ho ceduto anche perchè spesso le chiacchiere tra madri sono gli unici ritagli di socialità quotidiani.

Ultimamente mi sono perfezionata in un ramo che qualche anno fa disprezzavo fortemente. Avete presente quando correte in ufficio in ritardo e vedete quegli odiosi capannelli di mamme che dopo aver portato i figli a scuola stanno fuori al cancello a chiacchierare fino alle 9,30 o addirittura proseguono le loro ciance in un bar davanti a cappuccino e cornetto per cui con un ghigno e un po' di malcelata invidia mormorate:"Ma queste non c'hanno un ..zzo da fare?". Concludete con serena razionalità che forse lavorano di notte in un night club visto anche il modo in cui si vestono e si truccano alle 9 del mattino...

Attingo al mondo mamme frequentando e a volte anche solo osservando le auguste genitrici dei compagni di scuola di nido e materna (all'inizio spesso confondendole), le mie pari grado di nuoto, danza, musica e altre mille attività extrascolastiche, le mie amiche ecc. Non me ne vogliate e se vi piccate è perchè... sotto sotto c'ho preso!!


Per praticità e amor di inventario le suddivido in categorie.

LE SUPERFIGHE
In gran parte rientrano nella categoria di cui sopra "Mamme ar bare". Sono fighe in maniera schifosa, in parte per l'abbigliamento sempre alla moda e in tiro neanche andassero ad un vernissage, con disinvoltura volteggiano su tacchi 16 destreggiandosi con abilità fra un passeggino hi-tech, un maxi borsone firmato e il cellulare sempre in mano. Meschinamente credo che mai un rigurgito di pupo abbia mai osato colare sui loro vestiti e figuriamoci se abbia mai sfiorato la loro epidermide.
Inutile dire che per il fisico sono fighe in maniera paurosa, magre, toniche da far schifo, per cui sono giunta alla conclusione che è impossibile che abbiano tenuto una creatura per 9 mesi dentro di sè e averla poi generata, allattata ecc senza portare segni evidenti di decadimento sul loro corpo. Sostengo quindi che partoriscano per gemmazione perchè non vi è altra possibile soluzione e risposta al mio ego affranto.
Fighe, truccate e perfette a qualsiasi ora del giorno e della notte. Non c'è nulla da fare, fa parte di quelle ingiustizie della vita per cui alcune donne risultano gnocche anche con un sacco di patate indosso e altre possono fare di tutto ma cesse sono e cesse restano.

In antitesi alle superfighe abbiamo ovviamente
LE CESSE
che vanno a prendere i figli a scuola un po' come capita, con i capelli dritti, con sotto la giacca il pigiama (tanto non si vede ma invece tranquilla si vede eccome!), con la tuta da ginnastica anche se sono mesi che non fanno attività fisica che non sia scendere le scale. In genere hanno sulle magliette tracce sospette di origine biologica: rigurgiti, moccioli ecc perchè il posto per comodo dove mettere il naso è la maglia della mamma altro che fazzolettino! Se indosso una maglia bianca le Pop mi sporcano di colore o di roba scura, se mi metto una felpa nera vengo colpita da latte e roba chiara. È matematico! Per questo ultimamente ricorro al colorato, fiorato, mimetico sperando di celare patacche e aloni. Le superfighe si agghindano come un albero di natale e chissà a quali mega eventi partecipano mentre a noi ci restano sfigatissimi apericena...c'est la vie!

Una categoria che odio, forse la peggiore è quella delle
SIC
Scopa in culo
Puoi essere miss mondo o l'ultima dei Mohicani non mi interessa, se ti incrocio entrando o uscendo dal cancello di scuola, della piscina ecc ci si deve salutare. Anche se non ti ricordi bene chi sono o io-quella-da-qualche-parte-l'ho-già-vista, frequentiamo lo stesso ambiente, i nostri figli fanno le stesse attività quindi non sono Pacciani nè Bin Laden anche perchè sono defunti quindi scendi dal piedistallo e saluta.
Una sottocategoria sono quelle che ti danno del Lei e ti fanno sentire Matusalemme ma forse lo fanno per educazione e non per mettere distanza fra voi, spero.

ANSIOLIN
Ne conosco a vagonate: oh dio sarà troppo freddo, troppo coperto, troppo caldo, troppo medio...Forse essendo io abbastanza calma attiro il genere perchè tendo a mitigare le loro paure anche a costo di dare sonore randellate sulle loro capine per cercare di riportarla alla ragione. Il più delle volte rispondo alle loro perplessità spesso infondate sgranando gli occhi e già questo basta come calmante.

LE COMPETITIVE
Forse nei primi anni di scuola ancora non se ne vedono ma già al parco è un continuo fare a gara di percentili, misure, taglie, altezza e pesi. Di conseguenza è un continuo barare o specificare:"No il mio Peppino non ha ancora 6 mesi come il Suo ma ha appena 5 mesi e 29 giorni". Il top della competitività si raggiunge nelle attività sportive, emerge già da acquaticità per neonati 0-12 mesi in su.
Ne parlammo qui
Le dolci mamme si trasformano, diventano iene, urlano dagli spalti, incitano, si sbracciano, ammiccano, fanno il pollice in su come il facebookiano mi piace, cercano di parlare di nascosto con l'istruttore, raccomandano il proprio pargoletto, si informano sui suoi progressi, danno consigli non richiesti. Solidarietà ai maestri che si trovano con pazienza ad arginare questi soggetti e ad ascoltarli comunque con un sorriso perchè comunque pagano e anche a quelli che svolgono le loro attività a porte chiuse per poter lavorare con serenità allontanando i chiassosi e competitivi genitori.

NON SOLO MAMME
Le mie preferite, quelle con cui puoi parlare di tutto anche e soprattutto non solo di mamma- cacca-pipì. Per cui c'è anche altro al mondo, c'è altro fuori dalla porta, insomma per fortuna c'è altro.

LE RINCOGLIONITE
Quelle che osservandole incasinate, con i capelli dritti, mentre le cascano 800 cose dalle mani ti fanno alzare di una spanna la propria considerazione di mamma commentando acidamente: c'è chi sta peggio o considerando biecamente nei periodi più neri: se ce l'ha fatta lei posso farcela pure io. Quando siete in un momento no pensate a come si comporterebbero loro e avrete immediatamente una botta di autostima in più!

Fuori concorso

I PAPÀ
Ancora non partecipano molto alle attività dei figli  e quindi sono ancora rari da incrociare ma ci si possono fare spesso interessantissime chiacchierate e scambiare ottimi punti di vista proprio perchè rappresentano l'altra parte della mela e non rientrano nelle categorie di cui sopra. Poi se il padre rientra nella foto di cui sotto mejo me sento!

NONNI
Questi invece sono presentissimi e spesso ho più confidenza con loro e ci parlo pure meglio che con i genitori dei bambini.

martedì 28 ottobre 2014

Come un pacco di pasta

Tutto è diverso visto da lontano, dal di fuori, finchè non ci capiti dentro.
È allora che tutto cambia.

Prima di essere incinta mi dicevo con fare tronfio:"Io non sono credente, chi se ne importa della morale e compagnia bella, voglio un figlio sano e perfetto, userò tutte le analisi e le metodologie della scienza moderna per avere la sicurezza che lo sia! Farò amniocentesi, bitest, tritest... farò di tutto, qualsiasi tipo di esame possibile e immaginabile".

Poi quando giunse il mio turno mi dava fastidio importunare la Pop inside addirittura con l'ecografo. Quasi non guardavo lo schermo, mi bastava solo che stesse bene e basta. I dottori insistevano per farmi sentire il battito cardiaco ma io declinavo:"Ma no lasciatela stare va bene così". Speravo che le visite durassero il minimo possibile e ci lasciassero presto in pace nella nostra intimità a crogiolarci nella comoda pancia. Quando venne il momento di scegliere se fare o no l'amniocentesi rimasi solo un po' sorpresa perchè la dottoressa mi lasciò assolutamente libera di decidere. Se consideravo un'invasione fra me e la Pop la sonda dell'ecografo, figuriamoci che idea avessi ora dell'ago dell'amniocentesi. E poi ammetto che ero già pazza di amore nei suoi confronti che l'avrei adorata senza riserve.
Le stesse decisioni e sensazioni si sono ripetute per Marta grazie anche al fatto che la dott. mi ha fatto vivere una seconda gravidanza ancor meno medicalizzata della prima. 

Tempo fa A. mi dice:"Sai una mia amica sta avendo una gravidanza difficile, ha fatto delle analisi e i risultati non sono affatto buoni, sembra che il bambino abbia dei problemi". Poco dopo la situazione si complica: potrebbe avere danni seri, pare che non stia crescendo come dovrebbe. Consulta vari dottoroni e l'esito è il seguente: consigliano una interruzione di gravidanza. La coppia di genitori si trova di fronte a questa terribile scelta. Entrambi molto credenti sono travolti da mille dubbi.
In cuor mio le prime parole che mi vengono in mente sono: andate avanti, non siamo nessuno per prendere una decisione del genere, si tratta pur sempre di stime, probabilità e se i dottoroni per una volta si fossero sbagliati? E se il bambino nascesse e vivesse anche solo un giorno, non pensate che ne valga la pena?
Mi rendo conto che IO non sono nessuno per giudicare le loro scelte, che solo loro che stanno vivendo questo incubo possono sapere come ci si sente, cosa si prova ecc.

Passano i giorni e addirittura sembra che sia possibile solo andare all'estero per fare una interruzione di gravidanza perchè qui non è più consentita per queste settimane di gestazione.

Trascorre altro tempo e il bambino viene fatto nascere. È sano e pesa 500 grammi. Commentiamo sgomente come un pacco di pasta.

Viene chiamato Giovanni Paolo perchè la mamma in visita alla tomba del papa sentì una sensazione particolare.
I genitori chiedono ai dottori quanto tempo dovrà rimanere in terapia intensiva e loro li zittiscono e quasi li deridono definendoli ottimisti visto che la sua sopravvivenza è precaria.
Il piccolo ha già compiuto una settimana. Pensiamo che è un traguardo enorme e importante per lui, per le sue condizioni, per uno scricciolino di 500 grammi, proviamo ad immaginarlo. Tratteniamo quasi il respiro.

Oggi se ne è andato.
Me lo immagino come un piccolo guerriero che ha combattuto con tutte le sue forze, spero che abbia conosciuto in questi giorni i baci e le coccole dei genitori, che sia riuscito a sentire le loro carezze attraverso l'incubatrice. Un piccolo lottatore che ha spiazzato i dottoroni, un pazzerello che ha bruciato statistiche e probabilità. Quello che non ci doveva manco essere, che era già condannato, in realtà pure se per poco, maledettamente poco, c'è stato! Chissà se ha sentito la voce dei genitori, se ha sentito il loro odore, le loro mani, per tutto questo mi dico che rispetto alle previsioni catastrofiche dei medici, sono stati fortunati perchè anche solo per pochi giorni sono stati insieme, si sono guardati negli occhi, si sono sentiti, hanno vissuto.

Queste righe sono per te affinchè rimanga traccia del tuo passaggio, della tua pur breve vita fra di noi.

http://buonecosedipessimogusto.blogspot.it/2012/05/quello-che-non-dovrebbe-mai-accadere.html

giovedì 23 ottobre 2014

Un moderno cowboy - parte 2 Il lato umano

Un tranquillo e piacevole weekend lungo in compagnia di amici conosciuti in vacanza è stata l'occasione per fare un salto indietro ma di parecchio.
Per tornare a quella tradizione della civiltà contadina buona, di un tempo che in realtà non abbiamo mai conosciuto ma forse di cui sentiamo il bisogno e che cerchiamo di ricreare.
Siamo stati invitati al pranzo della domenica. In realtà non è stato un invito, la domenica da sempre si pranza in famiglia, è così e basta, e se ci sono amici ospiti di qualcuno di famiglia è scontato che ci siano pure loro. Quindi ci si ritrova a casa dei nonni con la capostipite che prepara un pasto per almeno una quindicina di persone.
Ovviamente proibito portare dolci o altri generi alimentari in dono altrimenti si offenderebbe e lo stesso in realtà dicasi per altri regali.
All'inizio proviamo a svincolarci da questo impegno per non essere troppo invadenti, per non arrecare disturbo ma poi ci rendiamo conto che si fa così, ci dobbiamo essere e siamo subito inglobati e accolti nella loro famiglia.
Arriviamo nella casa di campagna dei nonni, la signora è in cucina a infornare, impastare, tutto a mano ovviamente. Viene apparecchiata una lunga tavola nel grande salone, non possiamo neanche aiutare, veniamo prontamente messi a riposo.
Ricordo una tavola semplice: una tovaglia a quadretti forse, bicchieri e posate semplici, senza fronzoli, pratici forse anche di vari assortimenti.
Capiamo subito che questo pranzo inizierà tardi, molto tardi, perchè il giorno dopo dicono che pioverà quindi è necessario fare tutti i lavori in campagna subito anche se è domenica. Abbiamo fame, si sentono dei profumi buonissimi venire dalla cucina, dal forno a legna, ma dobbiamo aspettare che arrivino tutti. Alla spicciolata vengono le nuore, le nipoti e tutti si danno da fare come se avessero già compiti prestabiliti, collaudati da anni di convivenza insieme. Poi verso le due arrivano i lavoratori dalla campagna: il nonno, i figli, i nipoti. Si lavano in fretta e poi tutti a tavola. Il nonno occupa il posto a capotavola, le donne si siedono da un lato vicino alla cucina, gli uomini di fronte, solo noi ci mettiamo dove capita. Si inizia il pranzo, il nonno fa una preghiera e benedice il cibo, ringrazia Dio, ringrazia la natura di essere stata così generosa. Non mi ero aspettata questa consuetudine, sono in imbarazzo e non so cosa fare. Tengo gli occhi bassi e mormoro:"Grazie!".
Il pranzo ha inizio, sfilano davanti ai nostri occhi mozzarelle e burrata casalinghe, focacce, saporiti pomodori, pasta al sugo, gnocchi, involtini, vino fatto in casa...sapori buoni, genuini, di altri tempi. Già ma chi li ha conosciuti poi questi tempi? Forse solo dai racconti dei nonni o dei genitori o ci piace immaginarceli in un certo modo. Certo che sanno di buono, di scorrere lento del tempo, di alternanza delle stagioni, di scrutare il cielo a naso in su e sperare che ci accompagni, di sfiorare una spiga di grano e saggiarne la consistenza.
Sentiamo i loro discorsi si parla della campagna, del tempo, variabile fondamentale, ci si preoccupa per le mucche che stanno partorendo e per la pioggia in arrivo. Ci si occupa della terra con amore e cura perchè solo così potrà donare frutti e prodotti buoni e preziosi.
Vedo le loro mani piagate dal lavoro, i solchi sui visi cotti dal sole.
In ogni masseria c'è un ulivo millenario che sorveglia e protegge la casa e la famiglia.


Il nonno in realtà non parla mai ma si capisce che decide tutto lui e il rispetto nei suoi confronti ovviamente è massimo da parte di tutti.

Mi incuriosisce osservare i ragazzi, sono educatissimi, discreti ma gentili, quasi hanno paura ad incrociare il nostro sguardo.
Troppo facile giungere ad affrettate conclusioni del tipo, questi sì che hanno la testa sulle spalle non come i teenager di città persi dietro al tablet, shottini e robe varie. Forse già solo il fatto di alzarsi la mattina alle 4 per andare a lavorare in campagna leva molti grilli per la testa e fa concentrare su cose più serie o almeno ti impedisce di finire in quella noia che porta spesso ad avere comportamenti scemi. Non sono ragazzi che vivono isolati ma anzi hanno il cellulare, hanno idee chiare, lavorano la terra ma studiano pure agraria, le ragazze vanno all'università.
Li osservo e li ammiro, percepisco che si sentono davvero parte di una famiglia, che si lavora tutti per un progetto comune, per amore, forse per tradizione ma non certo per dovere. Sento vivi il rispetto per gli anziani, per gli ospiti, la convivialità, il dividere le proprie cose con gli altri, l'amore per la terra, per il proprio lavoro...è tutto bellissimo ma lo sento molto lontano da noi, anzi mi chiedo se mai ci sono appartenuti questi valori.

Alla fine del pranzo dobbiamo ripartire per Roma, ci alziamo da tavola satolli e salutiamo tutti con quella strana sensazione di non sapere davvero se ci rivedremo visti i tanti chilometri che ci separano ma con la consapevolezza di essere stati davvero accolti in questa grande famiglia e di aver potuto condividere con loro un fine settimana davvero diverso e speciale.


La prima parte:

mercoledì 8 ottobre 2014

Il collezionista

Questa estate rimarrà nei miei ricordi anche per un fatto strano che è accaduto.
Sono stata per un mese e mezzo al mare, ho vissuto quasi in una bolla, lontano dalla città, senza macchina, vivendo in simbiosi io&le Pop. Aspettavo il ritorno di mm da Roma come quando nel far west si aspettava l'arrivo della diligenza per avere generi di conforto e notizie dalla Capitale. 
Devo dire che si stava bene lontano da tutto e tutti, con l'eco delle notizie (ma quali notizie poi?) dei tg che arrivava da lontano.
Un giorno il mio trait d'union (mm, sempre lui) con la civiltà, col resto del mondo che era rimasto appunto lì fuori, mi fa:"Ti ha cercata al telefono una tizia in ufficio. Dice di essere una tua compagna di università ma di cui tu sicuramente non ti ricordi". Mi dice il nome, ci penso su, la cosa mi puzza e non riesco a ricordarmi di nessuno che si chiami così. Comunque le ha dato il mio cellulare e mi chiamerà. Mi telefona poco dopo e ovviamente non è niente di tutto questo, era una scusa per mettersi in contatto con me.
Ho fatto un salto all'indietro temporale di dieci anni o giù di lì.

Ho rivissuto cosa si prova quando finisce un sogno, una storia in cui avevi creduto e in cui avevi investito tanto, in cui forse all'inizio ti ci eri buttata un po' per caso ma che in breve era diventata quella della vita, o almeno così pareva.

Ho riprovato cosa si prova quando ti viene tolta all'improvviso la terra sotto ai piedi, quando tutto quello in cui credevi viene spazzato via in un secondo, quando al posto della serenità e amore di prima ora invece trovi solo un muro di gomma, anzi peggio il freddo dell'indifferenza, il gelo dell'"Ora siamo solo amici" anzi peggio "Siamo come fratello e sorella", l'ostilità e il desiderio di allontanamento dietro quel fottutissimo paio di imperscrutabili occhiali da sole!

Ho rivissuto la disperazione di non sapere che fare, dell'"È impossibile che tutto questo stia capitando davvero a me, anzi a noi, ma quale NOI che ora non esiste più", il non sapere che pesci prendere, a chi rivolgermi, dove sbattere la testa, il tentare di fare anche cose senza senso, stupide, azzardate, l'impossibile pur di fare qualcosa, di non essere costretta a subire le circostanze e ancor peggio essere io la responsabile della fine di tutto.

Mi sono rivista nelle sue parole, nei suoi gesti, nelle sue lacrime, nei suoi mille perchè, nella disperazione, ho rivisto la Me di dieci anni fa. La me che chiamava l'ultima persona che ti saresti aspettata ovvero la rivale in amore chiedendo aiuto, cercando di capire, di dare una risposta alle mie domande ma provando anche a metterla in guardia, forse invano?, da Lui. A quel tempo non ottenni nulla se non forse comprensibile perplessità.
Ora, dopo dieci anni, la storia si ripete ma il mio ruolo è un altro.
Il bivio è: cosa decido di fare? Aiuto, per quello che posso questa donna, sconosciuta, che è giunta a me non si sa come ma che la modalità con cui lo ha fatto mi infastidisce e mi preoccupa? Forse in un altro momento avrei tagliato corto e avrei attaccato il telefono.
Ma proprio perchè ho rivisto in lei la Me di dieci anni fa, ho riconosciuto gli stessi silenzi, le stesse domande, la stessa sete di vendetta, la stessa speranza di trovare una sorta di solidarietà femminile. L'ho ascoltata e le ho dato dei consigli per quanto ho potuto.
A quanto pare negli anni il trattamento riservato a me si è ripetuto tante ma tante volte, gettando nella disperazione svariate donne che ogni volta hanno sperato e creduto di essere invece quella giusta. Il motivo non so quale sia ma il ripetersi sempre uguale della trama è inquietante. 
Non so cosa passa nella testa di un uomo proprio nel momento in cui la felicità sembra ad un passo all'improvviso, dare un calcio a tutto e cancellare con un colpo di spugna tutto quello che si era creato. Forse paura di relazioni stabili? Delle responsabilità? Masochismo? Normale logorio delle relazioni amorose?
Non ho risposte, chi può dirlo? Forse la risposta è nei meandri della psiche sommersa da invalicabili meccanismi di difesa.
E di persone così ce ne sono davvero tante, in cui prima o poi può capitare di incappare.
Forse ce ne se accorge dopo tanto tempo, cieche di fronte ai vapori del primo innamoramento.
Ci vuole tanto per capirlo, per accettarlo, per non addossarsi tutte le colpe e per andare avanti ma prima o poi in qualche modo si trova il modo per uscirne, per guardare oltre, per farsene una ragione.
Penso sempre che non siamo noi quelle sbagliate, quella che ci perde non siamo certo noi, che prima o poi riusciamo a rialzarci in piedi, che la lezione non la impariamo mai, per fortuna aggiungerei, e siamo pronte di nuovo a ributtarci con entusiasmo nella vita, convinte che questa volta, questa sì sarà davvero quella giusta.
Possiamo sperare di non incontrare di nuovo quella categoria ma non possiamo di certo evitarlo. Quale categoria?  C'è chi colleziona farfalle e chi cuori infranti...


mercoledì 24 settembre 2014

Le feste dei bambini hanno rotto il cazzo

I miei ricordi a riguardo si perdono nell'infanzia più remota e ce ne sono a bizzeffe.
Ho sempre avuto un debole per le feste di compleanno.
Non santifico alcuna festa, un mio amico mi prende in giro:"Cheng ma non senti proprio nessuna festa?!", già, proprio così: non sento il natale, nè la pasqua e via dicendo ma quelle di compleanno mi entusiasmano, più quelle altrui che le mie forse perchè quelle di famiglia non riesco mai a godermele a pieno travagliata dall'ansia che tutto riesca bene: i panini saranno sufficienti? Pioverà? La torta si reggerà in piedi o caracollerà sotto il suo peso?
Invece alle feste degli altri non hai di questi pensieri, anzi stai lì ad osservare tutto con sguardo attento e puoi divertirti in santa pace.

Ricordo i tempi della scuola quando qualcuno iniziava a far girare il famoso biglietto rettangolare con su scritto: sei invitato alla mia festa, anche in quell'occasione provavo un po' d'ansia: oh no a me non lo sta dando, non sono invitata, ecco lo sapevo e giù di sindrome di Calimero, ce l'hanno tutti con me.
Invece poi l'ameno cartoncino finalmente arrivava e sospiravo:"Ma sì lo sapevo che me l'avrebbe dato, ma ti pare che lo dà a tutti tranne me?!" però poi al giro seguente crollavano tutte le certezze e si ripeteva di nuovo lo stesso copione di ansia e sollievo.

Le feste si facevano in casa, in genere il sabato pomeriggio e si invitava tutta la classe. Al massimo quando capitavano durante il periodo di carnevale si faceva la festa in maschera.
Faccio outing: uno dei motivi del mio entusiasmo era l'aspetto gastronomico: adoro i panini imbottiti, quelli con sopra le bandierine, i tramezzini tonno e pomodoro, i ciambelloni e le crostate fatte in casa.
Ricordo la festa di A. in cui la madre cucinava da dio e si organizzava immancabilmente il musichiere o il gioco di dover attaccare la coda all'asino. Ricordo la festa di S. in cui non si presentò nessuno tranne io.
Ricordo le mie feste in cui organizzavamo la caccia al tesoro, ricordo quell'anno in cui il mio compleanno coincise con l'inizio della scuola o quella volta in cui tutti mi fecero auguri speciali perchè compivo per la prima volta un'età a due cifre. Ricordo i balli, il mio primo, non so neanche come definirlo, stereo con il disco e le luci colorate.
Un po' più grandi si giocava al gioco della bottiglia, inutile parlarne, lo conosciamo tutti e poi al liceo grandi feste, quasi ogni sabato con i lenti di Marco Masini e il gioco della scopa quando il malcapitato ti viene ad interrompere proprio sul più bello con il domestico attrezzo in mano.
Una volta diventata grande invece festeggiare ha significato essenzialmente annà a magnà fuori.

Poi incredibilmente e a mia insaputa c'è stato il cambio generazionale e si è iniziato a festeggiare i nuovi nati, i piccoli.
Prima di avere figli devo ammettere che mi sentivo a disagio, ero contenta di essere presente in un giorno così importante e di dividere la gioia con i miei amici ma mi chiedevo pure: mayday cosa ci faccio qui fra palloncini e marshmallows?!


Poi sono venute le Pop, in passato ho sempre sentito parlare delle feste dei bambini come una palla assurda, un impegno a cui cercare di sottrarsi in ogni modo e invece vi dirò... a me le feste dei bambini non solo piacciono ma mi diverto pure!

Fatemi fare la vecchia carampana: ovviamente le feste di ora sono altro da quelle di allora.
Ora nessuno festeggia in casa a meno che abbia i mobili di cartone pressato e inviti solo il proprio consorte e il vicino di pianerottolo.
Noi ci abbiamo provato i primi tre compleanni della Pop, forti proprio della convinzione "Ma scusa 'na vorta come se faceva?" poi abbiamo desistito perchè la lista degli invitati si è allungata in maniera esponenziale. Non solo ma preparavamo pure le pizzette e i rustici  fatti in casa oltre alla torta convinti sempre del  "Ma scusa 'na vorta come se faceva?".

Poi, dopo aver spalato chili di briciole e pezzi di carta dal salone e aver staccato fiocchi di panna montata dal divano, realizzi pure che l'aspettativa di vita 'na vorta era molto più bassa di ora e un motivo ci sarà...

Un altro aspetto che mi convinceva a fare la festa a casa è che spesso vedo i festeggiati un po' spaesati e non a loro agio in mezzo ai mega-festoni per questo ritenevo che fosse  meglio festeggiare fra le mura domestiche.
Le tre componenti fondamentali delle feste di oggi e che decretano il successo o meno  dell'evento sono: location, animation e magnation. In gran segreto vi confesso che io e mm durante ogni festa a cui partecipiamo ci confrontiamo dando voti e opinioni personali a riguardo.

Location
Adesso ovunque affittano locali per le feste, è un grande business, si va dal mega stadio olimpico ad anonime salette in cui si cerca invano di inzeppare tutti gli invitati al grido di più siamo meglio stiamo. Sulla valutazione di questo aspetto ovviamente incide inesorabilmente se fa troppo caldo, se manca l'aria, se ci sono zanzare, se non ci sono sedie sufficienti. A mio parere sarebbe cosa buona e giusta avere uno spazio a parte in cui i grandi possano riuscire a parlare fra di loro senza ricevere un palloncino della dottoressa Peluche in scala 1:1 in testa o senza urlare cercando di sovrastare il pulcino pio e dove anche chi non ha figli possa sentirsi a proprio agio.
Se il tempo è bello si può fare una merenda in un parco risparmiando molto parecchio evitando l'affitto della sala ma recandosi nelle ville di buon'ora per occupare li mejo posti. È una simpatica opportunità a cui rispondo con un certo rosicamento avendo le Pop nate entrambi in inverno. Certo una cosa è farla a Villa Ada o a Villa Pamphili, un'altra nel parco sotto casa dove da mesi non fanno pulizia e c'è la zozzimma della zozzimma.
Altrimenti c'è la soluzione luna park, ormai ce ne sono ovunque con giostrine, playground, gonfiabili. Piacciono molto alle Pop, forse è il tipo di festa che amano di più, stanno lì saltano, vanno sulle giostre, tutto bello, tutto fico ma mi viene sempre da chiedermi:"Già fica 'sta festa ma poi... di chi è?". Perchè i bimbi in questi luoghi corrono in lungo e largo ognuno per  i fatti propri o al massimo con un paio di amichetti e in genere quindi ci si ritrova con il resto degli invitati solo per la torta ma spesso neanche per quella visto che non riesco a scozzare le Pop dai giochi. In questi parchi ci sono poi vari locali o gazebi dove ci sono i tavoli con bevande e cibarie varie destinati ad ogni festa, in genere c'è abbastanza caos, sui gonfiabili c'è puzza di piedi o di cacca a seconda dell'età dei frequentatori, spesso ci sono zanzare e regna la cagnara ma ripeto le Pop li adorano.
Un'altra soluzione è il Mac Donald's, rapida e indolore: un'ora e mezza concentrata, ultimamente mi sa che le hanno pure migliorate, ora c'è l'animatrice che fa qualche giochino e coordina il tutto, poi spesso si può prolungare la festa nell'area giochi esterna. Le Pop, che ve lo dico a fare?, adorano anche questa tipologia di festa, si pasteggia a happy meal e poi c'è la torta al cioccolato con gli smarties. Fatto da non sottovalutare è che spesso c'è uno spazio a parte anche per i genitori con vassoi di patatine e polletti anche per noi!

Animation
Ormai è diventata indispensabile per tenere a bada, divertire e intrattenere una ventina di bambini. Ne abbiamo incontrati di vari tipi: dalle giovanette inesperte e a tratti imbarazzanti che facevano poco o nulla, alla coatta che metteva musica techno a palla per una festa di un tre-enne trasformata in trash party con i bambini che la guardavano perplessi e lei:"Daje ballate". Ho visto bravissime squadre di animatori organizzare giochi complicatissimi, dalle trame incomprensibili per cui gli invitati poi prendevano il sopravvento e regnava l'anarchia. Ho incontrato uomini che non gli avresti dato due lire, che incrociati per strada avresti scambiato per un ragionierino dell'Inail trasformarsi e diventare spassosissimi animatori. La Pop grande ha un problema: fondamentalmente gli animatori non se la filano, diventa come trasparente per loro, quindi non la coinvolgono, se c'è da mettersi in fila, tutti la superano e quando è il suo turno inspiegabilmente l'amena intrattenitrice decide di cambiare gioco. Roba da segnarti tutta la vita e da giustificare un roseo futuro da scippatrice di vecchiette.  O spesso capita che scambino la sua iniziale timidezza per quella di una bambina piccola ma lei ci sta a farsi coccolare e addirittura l'ho vista a dei matrimoni farsi imboccare! Per questo preferisco animatori che coinvolgano i bambini, anche perchè penso che è proprio quello che devono fare.
Già ma l'animatore che fa? Arriva alla location carico di valigie, borse e borsone da cui spunta fuori di tutto, alimenta incredibili speranze di attesa di chissà cosa farà, salvo poi usare un decimo della sua fantomatica attrezzatura.
Nella parte iniziale della festa sostanzialmente si fa amicizia quindi in genere c'è il trucca-bimbo. Parliamone....alcune sono bravissime, fanno vere e proprie opere d'arte, altre ci mettono ore convinte di fare la cappella sistina sul viso del bimbo e quando li guardi noti che in tutto quel tempo hanno fatto due virgole rosa sulle guance, altre sono visibilmente in imbarazzo quando la pargola alla domanda:"E tu cosa vuoi che ti disegno?" risponde ingenuamente:"Voglio Violetta!", altre cospargono completamente i visi dei bimbi di colori vivacissimi che assicurano si toglieranno facilmente con acqua e sapone. Le femmine prediligono trucchi da gatta, cane o principessa, i maschi Spiderman, Hulk e Batman.

Altrimenti un altro classico gioco di attesa è quello: io disegno e voi indovinate cosa sta facendo.
Una delle regole non scritte delle feste dei bambini è che si arriva in ritardo, ma molto anche di un'ora. Con la scusa che si ha a che fare con imprevedibili creature per cui il ritardo è sempre possibile e giustificabile o forse per sfangarsi una bella tranche di festa. Spesso il risultato è gettare il festeggiato e i genitori nell'angoscia: non arriva nessuno, e mo' chi se li magna tutti quei tramezzini tonno e carciofini?
Unica eccezione: il Mac. Se uno arriva con un'ora di ritardo significa che becchi i saluti finali.
In ogni caso noi arriviamo sempre in orario perchè ci piacciono le feste!
Quando sono arrivati più o meno tutti iniziano i giochi. C'è chi fa giochi mortali e pericolosissimi, tipo ho assistito ad una guerra feroce a base di pezzette per lavare i piatti, di quelle con il lato abrasivo. Si trattava ovviamente della festa trash!
Poi ci sono quelli che fanno il teatrino, la magia, le bolle di sapone, il laboratorio di cucina, di arti applicate, insomma di tutto di più per rendere la festa indimenticabile.
Immancabile è il momento baby dance in cui i piccoli si dimenano al suon di Gan gnam style ma anche di Booomba. Lo ammetto: sarà trash ma io mi diverto un sacco e spesso mi cimento insieme a loro.
Ai nostri tempi, in cui Berta filava, si spegnevano prima le candeline e poi si aprivano i regali, ora si fa l'opposto non ho capito il motivo e comunque non mi piace, non è logico.
Ora si assiste al noioso (e penoso) rito dell'apertura dei regali al grido di "Scarta la carta"  a mo' di incitamento dei gladiatori nel Colosseo ma ho sentito anche la versione "Straccia la carta". Secondo me la cosa più carina sarebbe che all'arrivo o alla partenza dell'invitato quando ci si saluta insomma a tu per tu si consegna il regalo, uno lo apre e ringrazia. Invece in questo rito collettivo c'è il marasma, c'è un non so che di ostentazione, io stessa spesso ho difficoltà a capire chi ha regalato cosa anzi secondo me uno si può tranquillamente imboscare e non regalare nulla e nessuno se ne accorge. Gli altri bambini che assistono a questo rito si spazientiscono nell'attesa e sono viola di rabbia perchè a loro non è stato regalato nulla e non hanno niente da scartare. In questo passaggio, per non essere vinti dalla noia nell'assistere allo scartamento interminabile di pacchi e pacchetti, è fondamentale l'apporto dell'animatrice a vivacizzare, sveltire il tutto e mostrare contagioso entusiasmo per il favoloso paio di pedalini dei Gormiti ricevuto in dono.
Poi c'è il momento della torta e spesso solo in questo momento i bambini capiscono: ah ecco di chi era 'sta festa. Immancabilmente tutti soffiano e si deve ripetere il rito perchè giustamente il festeggiato è offeso.
Una volta la scelta della torta era fra mimosa, charlotte e millefoglie ora ci sono le torte monumentali in pasta di zucchero, a mille piani, dai colori sgargianti. O sennò quelle di panna con la foto al centro che a me fanno sempre un po' senso.
Un tempo si usavano i piattini di carta e su quelli di plastica si metteva il nome per non confonderli, ora si butta tutto ed impera la plastica, vendono di tutto con l'effige del personaggio dei cartoni preferito perchè non si possono fare mica le cose a caso. Così per il matrimonio si sceglie un tema e dei colori da seguire in ogni cosa pena la morte e così per i compleanni deve essere tutto coordinato: biglietto di invito, torta, tovaglia, mutande, pena la morte.
Infine quando hai raccattato i figli in giro per la festa sfatti e distrutti, sudati fino al midollo, ci si saluta non prima di aver fatto la fila dall'animatore che ti regala il simpatico pupazzetto fatto con i palloncini. Anche qui, c'è chi è più bravo e ti fa un capolavoro e chi gira che ti rigira riesce solo a creare sculture ambiguamente falliche e cerca di convincere il pupo a prendere il simpatico barboncino viola. In genere si fa un'ora di fila ma dopo essersi allontanati neanche due metri con il trionfo plasticaceo in mano o scoppia o si smonta e diventa il solito anonimo salsicciotto.

Prima di andare via si riceve il regalino, il ricordo ringraziamento della festa, spesso diverso per maschi e femmine.


Magnation
Aspetto talvolta trascurato ma di fondamentale importanza, almeno per me. Il top sarebbe fare tutto in casa, se uno è bravo certo sennò meglio desistere, o almeno rivolgersi ad un bravo pasticcere, fornaio ecc. Ho visto cose che voi umani...pizzette di sughero, panini che imploravano di essere buttati al secchio, bibite e patatine di marche infime e dubbie. In ogni caso la cosa importante è che ci sia tanta roba e si rifornisca sempre il tavolo delle cose che mancano.

Invece altre feste sono davvero degne di nota e che ho atteso per quasi un anno non vedendo l'ora che arrivasse il momento. Sì perchè mi piacciono talmente tanto che le feste ormai scandiscono l'anno.
A febbraio c'è quella di L.&F., non è estate se non arriva l'invito a quella di V. per settembre. E poi le ferali accoppiate, il mio compleanno ormai coincide in tandem con quello di M. e quello di mm con M.S. E ahimè ormai sono pressochè l'unico momento sicuro in cui ci si ritrova con certi amici.

Ma alla fine la domanda lecita è: qual è stata secondo te la festa più bella? Secondo me vince una festa in cui siamo stati l'anno scorso, di una compagna di Alice che conoscevamo a mala pena. L'ha fatta in un luna park qui vicino ma ha preso pure due bravi animatori che hanno intrattenuto e fatto divertire i bambini e poi li ha portati pure sulle giostre, quindi non andavano ognuno per fatti propri ma tutti insieme. Aggiungendo il fatto che era venerdì e quindi il parco era deserto è stato l'altro valore aggiunto, sembrava che era davvero tutto per loro!

Ammetto che il titolo del post è stato fuorviante, ho rischiato di perdere la metà dei miei più focosi fans e soprattutto di non essere invitata a nessuna festa futura ma si tratta di una citazione di un blog per cui ultimamente sto in fissa. http://libernazione.it/
Confesso però che dopo aver ricevuto il decimo invito in un mese ad una festa di compleanno un po' mi si è palesata in mente proprio questa colorita espressione!