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venerdì 14 novembre 2014

Stefano

Passeggiata di riflessione nel parco.
Foglie gialle a terra, nelle strade vicino gli operai montano le luci di natale, fa caldo, c'è una luce accecante. Cammino e le parole si compongono nella mente.

Poi mi chiedono:"Ma quanto ci metti a scrivere un post?", niente, le parole sono già lì, le devo solo buttare sul foglio anzi spargerle và che fa più figo, dargli voce e lo spazio che reclamano.

È di questi giorni la notizia: tutti assolti.


Ha ragione Lorenzo (Jovanotti) quando scrive che Stefano, la sua immagine ci è talmente famigliare da sembrarci davvero uno di famiglia.
In questi anni sono girate ovunque le foto del suo corpo, magro da far orrore, coperto di ematomi che sembra incredibile ma quasi non lo riconosco nelle immagini da vivo, sorridente, un ragazzo come tanti.
Pensi a lui e lo associ sempre a quelle foto di quel corpo violato, ricucito in fretta dopo l'autopsia, quelle istantanee fredde e crude che sono rimbalzate ovunque su internet e nei telegiornali. Neanche sembra un corpo di un uomo, mi ricorda invece uno di quei falsi scoop del ritrovamento di un alieno e della sua autopsia. Area 51.
E di paranormale e fantascientifico in questa storia c'è molto.

Mi chiedo come mai la famiglia abbia scelto di mandare in giro immagini così crude e al tempo stesso così private del proprio caro. Forse per dare una testimonianza della impossibilità della "Morte per cause naturali".

Credo che la scelta delle parole da usare sia fondamentale, non avvenga a caso ma dietro ragionamenti e schemi precisi. Non l'hanno mai chiamato per nome. Nei casi di cronaca solo i bambini vengono chiamati col nome proprio per suscitare compassione e commozione, sensazioni in cui i giornalisti sguazzano con godimento.
Chiamare per cognome una persona è un modo per creare una separazione, per mettere una distanza fra noi e lui.
Dopo la condanna ho notato che si riferivano a lui definendolo curiosamente "il geometra romano", neanche più il rispetto, la dignità di chiamarlo con il proprio nome.
Stefano.
Invece viene usato un termine ancor più freddo, asettico e impersonale; la professione identifica un ragazzo morto in circostanza tutte da chiarire.
Ci si allontana ancora di più dalla persona e da quello che rappresenta. Niente empatia, niente partecipazione emotiva.
L'equazione è presto fatta: era un balordo quindi se l'è cercata.
Stefano.

Ne parlai tempo fa, all'inizio del Blog

È un tema che mi indigna, mi turba e al tempo stesso mi appassiona.
Con sorpresa scopro che è un argomento che ho in comune con Gabriele (R.).
È il motivo per cui mi avvicino all'ospedale Pertini sempre con una sensazione di inquietudine addosso sapendo di trovarmi fra le mura in cui tutto è avvenuto.

È un mio incubo, forse è quello di chiunque, Franz (Kafka) docet, trovarsi imprigionato, subire soprusi, non poter fare niente per difendersi. Essere vittima di chi dovrebbe mantenere l'ordine e far rispettare le leggi ma anche tutelarti e rispettarti.
Abuso di potere.
Spesso viene perpetrato da chi si trova in posizione dominante, da chi sta dietro un vetro o con dei gradi sulle spalle che gli danno il diritto e l'arroganza di sentirsi un superdio e di poter spadroneggiare e fare di te quello che gli pare.

Quando frequentavo la mensa di S. Egidio notai, e qui ritorna l'importanza delle parole, che i volontari, spesso ragazzi si rivolgevano a chi veniva a mangiare tranquillamente dando del tu, considerandoli quindi sotto sotto inferiori a loro, quasi con un sottile disprezzo, cosa che non avrebbero mai fatto invece con un una qualsiasi persona della stessa età incontrata fuori di lì. Io non ci sono mai riuscita, mi è stato insegnato di dare del Lei a persone adulte fino a che non sono loro a dire:"Ma no dai dammi del tu" e per questo mi prendevano sempre un po' in giro.

Nel proprio piccolo capita a chiunque di subire soprusi, prepotenze da parte di chi si sente superiore a noi e con il coltello dalla parte del manico. Una volta venimmo fermati da una pattuglia, ci fecero la multa perchè ci fermammo in curva, l'agente si giustificò dicendo che mm alla guida aveva fatto un'espressione strana, l'aveva guardato male sennò avrebbe chiuso un occhio e non ce l'avrebbe fatta.

Voglio pagare per i miei errori se sbaglio, non voglio sconti nè favori ma pretendo di essere trattata con rispetto e dignità. 

Stefano.






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