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martedì 23 luglio 2013

Le regole del Fight Club

Lo stabilimento balneare è un eccezionale osservatorio sociale. Delle volte ci lamentiamo che la distanza fra gli ombrelloni sia troppo esigua, io delle volte rimpiango che siano troppo lontani per poter ascoltare bene.
Delle volte rischio di perdermi delle chicche troppo gustose.

Io sono cittadina, tutti cercano di mettermi in guardia dalle diverse dinamiche sociali che vigono in una cittadina di villeggiatura. Ma io non ci sento continuo a comportarmi come sempre.
A Roma se si conosce una persona amica di un nostro amico si fa festa perchè spesso è talmente raro avere amicizie comuni in una città così grande.
In una piccola realtà, appurata la comune conoscenza, ci si inizia a guardare con sospetto, si fanno rapide connessioni "Allora sicuramente è amico di tizio, conosce caio e parteggia per sempronio" e si starà in guardia inevitabilmente sulle future confidenze che verranno fatte.
Qui lo scoprire amicizie o parentele comuni può portare via discussioni di ore che si estendono a cugini di terzo grado e fidanzate dell'asilo, è un proliferare di "Ma chi? Chigliu che sta ingopp....?" Che poi non è normale e scontato che ci si conoscano un po' tutti??
Forse si.
Si saluta e si rivolge la parola solo a una minima parte delle persone dell'intera cittadinanza ma in realtà ci si conosce tutti e soprattutto si sanno tutti i fatti privati.
Io non ho pazienza nè memoria per dedicarmi a tutto questo cerimoniale e a questa dietrologia.
Qui sembrano valere le regole del Fight Club che infatti mi ritornano continuamente in testa

- Non si parla del Fight Club
- Non dovete mai parlare del Fight Club
- Niente scarpe, niente camicia
- Combattono soltanto due persone alla volta
- Soltanto un combattimento alla volta
- Il combattimento finisce quando uno dei due dice basta, o e' troppo
spompato, o si accascia a terra
- Se e' la vostra prima sera al Fight Club, dovete combattere.

Io sto qui tutto il giorno da sola, alla spiaggia manco poco che attacco a chiacchierare pure con le arzelle e poi sto a posto.
Avrei voglia di parlare con qualcuno alto più di un metro e di argomentazioni che vadano oltre a "Quanto ti dorme, quanto ti mangia...quanto ti fa con un litro?".
Nel tempo libero osservo e invento.
Vedo il ragazzo forse tunisino che vende i palloni. Dice che ha avuto un figlio, dice che ha visto solo le foto su Fb. Vorrei chiedergli se l'ha pure concepito su Fb. Nel frattempo gli sgancio 20 euri per un canotto e gli faccio pure gli auguri per la paternità. È un bel ragazzo, vedo troppe nonne andargli intorno, secondo me oltre a dare una mano allo stabilimento arrotonda magari in altri modi.
Attacco bottone con una babysitter le chiedo se ha figli suoi, mi risponde di si, le chiedo se sono grandi (io intendo grandi nel senso di ventenni), mi risponde di si che hanno 5 e 7 anni. Io strabuzzo gli occhi, le chiedo ogni quanto li vede. Lei farfuglia qualcosa poi vedo che cerca di nascondere e asciugare due lacrime che le sono spuntate all'improvviso. Mi allontano per un attimo, mi sale un'onda emotiva enorme: lei sta qui ad accudire due bimbi che hanno circa l'età dei suoi. Ci penserà in continuazione. Non è giusto. Dopo un po' torno da lei le chiedo scusa se l'ho fatta piangere e pensare a loro, la rassicuro confessandole che io non ce l'avrei mai fatta a fare una scelta così coraggiosa.
Poi faccio amicizia con un Marcovaldo che sarebbe piaciuto molto ad Italo Calvino, tutto è nato in una situazione simile in una pausa pranzo dal lavoro, chissà se gli sarebbe piaciuto il cervello fritto. Capita spesso di confidarsi con un estraneo, di riuscirsi ad aprire come non mai e di ricevere consigli inaspettatamente saggi. Il consiglio di Marcovaldo è stato "Nun t'antossicà" e ne farò il mantra dell'estate.
In questa strana estate che vorrei fosse una delle più belle per le Pop.

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