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giovedì 5 luglio 2012

Il piccolo dolce sardo

In una delle mie numerose vite precedenti ho fatto volontariato alla Comunità di S. Egidio a Trastevere. Iniziai per caso, portata da un compagno di liceo, molto catto e poco comunista, poi lui non continuò, io si e per vari anni.
I responsabili della comunità avevano un atteggiamento intelligente, avevano bisogno disperato di persone che dessero una mano e quindi accoglievano tutti e non si mettevano a fare proselitismo a tutti i costi come spesso in questi ambienti accade
Ogni tanto mi invitavano alla preghiera del venerdì o alla marcia di Assisi ma io declinavo l'offerta e andava tutto bene.
C'erano sempre un sacco da fare. C'era il giorno in cui si smistavano le cose usate: vestiti, accessori e scarpe; quello in cui si preparavano i pacchi con i generi alimentari e poi c'era la mensa.
Io andavo soprattutto lì, mi piaceva il contatto con le persone, con un mondo diverso da me e  che aveva molto da insegnarmi.
La mensa era divisa in due sale: italiani e stranieri perchè troppo spesso scoppiavano delle liti fra loro e allora hanno fatto prima a separarli; anche chi non ha nulla, è geloso del proprio nulla e diventa anche razzista.
Mangiavano seduti a dei tavoli grandi da 6-8 persone, il cibo non era un granchè, arrivava congelato e veniva scaldato in dei forni ma comunque c'era primo, secondo, frutta e pane.
Non c'era mai carne di maiale per rispetto nei confronti dei musulmani e non c'era nulla che potesse anche lontanamente ricordare l'alcool, anche l'aceto era bandito.
Qualche volta arrivava merce in regalo da qualche negozio, per esempio dopo natale arrivavano tonnellate di panettone che si mangiavano fino a pasqua così come le colombe da marzo all'estate. 
Spesso qualcuno ti chiedeva il bis o un'altra fetta di pane ma tu dovevi dire di no perchè quello che davi in più a lui non sarebbe arrivato poi ad un altro.
Ogni tanto era il compleanno di qualche ospite, si li chiamavamo così, e si portava la torta al tavolo cantando tanti auguri.
Gli ospiti erano variegati, non tanto i cosiddetti barboni o clochard, che si vedono dormire per strada, quelli purtroppo sono talmente scombussolati che non riuscirebbero neanche a trovare la strada per raggiungere la mensa. Per loro veniva organizzato un servizio di consegna cibo, tè caldo e coperte di notte.
Alla mensa venivano tanti pensionati, che vivevano soli e con la pensione non ce la facevano a tirare avanti.
Ricordo delle belle tavolate di persone, ognuno spesso sedeva al suo posto fisso.
I responsabili ci dicevano di non dare troppa confidenza ma come facevi?
Io se non c'era troppo da fare mi sedevo a chiacchierare con loro.
C'era un tavolo capeggiato dal signor Mario, un anziano signore con la barba bianca, mi diceva sempre che ero un ponte fra l'oriente e l'occidente e scherzando mi diceva "Su questa Petra sorgerà la mia chiesa". Si facevano grandi conversazioni a quel tavolo, me ne è rimasta una impressa all'indomani dell'uccisione di Rabin, ne seguì un grande dibattito di politica estera. Io sinceramente la notizia dell'omicidio la accolsi così come se ne accolgono tante e forse non ebbi la capacità di capire le conseguenze o la portata del dramma. Loro invece, che non avevano nulla, nè una casa, nè una famiglia e a cui sicuramente nulla sarebbe cambiato, ne discutevano animatamente, magari carpendo le notizie da qualche giornale abbandonato sulle panchine. Noi, zeppi di informazioni dalla tv, da internet, la accogliemmo con indifferenza, con menefreghismo e forse ancora non l'abbiamo capita a sufficienza.
Si parlava, si parlava tanto, ci si confidava, si raccontavano i problemi di tutti i giorni, loro a me e io a loro.
Un altro personaggio che ricordo con affetto è il signor Gavino. Ci siamo adottati a vicenda, lui era da solo, senza figli, probabilmente lui aveva bisogno di una nipote, io di un nonno e ci siamo trovati.
Veniva sempre vestito elegante, con la camicia e i pantaloni abbinati alla cravatta.
Per il compleanno mi regalava sempre una scatola di biscotti scozzesi, quelli pieni di burro e si informava sempre sui miei esami, mi chiamava per sapere i voti.
Era diabetico e non poteva mangiare dolci ma ne aveva sempre voglia, la sua vita era scandita dagli esami di controllo degli zuccheri nel sangue, una volta fatti, il giorno dopo si faceva fuori una scatola intera di merendine.
Si mordeva le unghie fino alle ossa, fino a farle sanguinare.
Era un nostalgico fascista eppure riuscivamo ad andare d'accordo.
Ne ricordo tanti altri, io agli anziani davo sempre del Lei perchè mi veniva così, penso che dare del tu sia una mancanza di rispetto.
A uno portavo di nascosto sempre un ciambellone, poi sparì all'improvviso. Qualche volta succedeva e non sapevi cosa potesse essergli successo.
Poi tornò e mi disse che l'avevano allontanato per un periodo perchè aveva litigato con un altro.
E ce n'era un altro, un ragazzo con tutti i denti guasti che abitava vicino casa mia, o meglio aveva occupato uno spazio condominiale ma anche lui veniva sempre vestito curato e ordinato, spesso facevamo la strada del ritorno insieme.
Chissà che fine ha fatto??

Ogni tanto mi capita di incontrarne qualcuno in giro, perchè camminano tanto, girano dappertutto. Sicuramente loro mi riconoscono, io sempre di fretta, non mi fermo.


Mi capita di ripensarci, quando inizio a fare pensieri che fino a qualche tempo fa mai mi sarebbero venuti in mente, quando con disprezzo mi dico di essermi troppo imborghesita e penso che mi farebbe bene tornarci un po'. Rientrare in contatto con un mondo con meno fronzoli, più semplice e al tempo stesso più profondo.





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