pubbli larga

martedì 22 maggio 2012

Il mio parco d'infanzia

Il mio parco d'infanzia è proprio quello sotto casa. La prima volta che lo vidi, avevamo appena traslocato, mi sembrava il paradiso. Ricordo che scesi dalla macchina e mi misi a correre sotto la pioggia e non credendo ai miei occhi per lo spazio a disposizione, il verde, gli alberi. Non  so se andò proprio così ma mi piace avere questo ricordo. Venivamo da Montesacro, da una casa al primo piano, buia, non si vedeva mai il sole, sotto di noi c'era una tipografia, gli unici segni di vita simpatici erano i piccioni. C'era un parco giochi vicino non aveva l'erba ma i sassolini, poi l'hanno chiuso e ci hanno costruito una scuola.
E per gli strani percorsi che prende la vita dopo "tot" anni sono tornata proprio a vivere lì vicino e la Pop forse il prossimo anno andrà proprio ad un nido lì. Tutto torna e il cerchio si chiude.
Ho sempre adorato la luce della casa nuova, il fatto di stare su un cucuzzolo e di non avere case vicino, la fortuna di essere circondati da una zona archeologica non edificabile ha reso quel palazzone isolato rispetto agli altri.
Ed ora sono ritornata invece ad avere di nuovo palazzi intorno...
Il parco è grande, magnifico, lontano dal traffico e dalle macchine e basta attraversare il parcheggio per raggiungerlo.
Quando eravamo bambini era perfetto, era curato dal signor B. (non Berlusconi) che lo teneva in ordine ma aveva due fisse: sul prato non ci si doveva andare e non dovevano venire persone di altri palazzi.
Aveva un fiuto eccezionale, riusciva a vederti sempre e comunque che stavi sul prato anche solo per prendere la palla che ci era finita dentro, si affacciava e strillava.
Una volta sono dovuta andare a parlargli per intercedere e permettere al mio miglior amichetto di un altro palazzo di poter giocare lì.
Sono infiniti i ricordi legati a quel parco. Eravamo soli, i genitori stavano a casa, forse ci guardavano dalla finestra, quando era ora di rientrare alcuni urlavano di tornare, mio padre mi fischiava. Abbiamo un fischio che usiamo solo noi, c'è il fischio di richiamo e quello di risposta. Ho sempre pensato che nella malaugurata ipotesi finissi in un burrone potrei attirare la sua attenzione col nostro fischio.
La zona proibita era l'area archeologica ma ci siamo entrati spesso e volentieri oltrepassando la rete, che zona proibita sarebbe sennò? Dentro c'erano delle pozze con le rane e un capannone con degli scavi e reperti archeologici ed è tutto fermo lì. C'è una specie di parallelepipedo enorme e noi dicevamo che era un sarcofago di un gigante.
Un altro posto proibito e molto mistero misterioso è la tomba della principessa. Un montarazzo che non si capisce per quale motivo i muratori quando hanno costruito il palazzo hanno lasciato lì. Non so chi diede il via a questa leggenda, ma appunto credevamo che non avessero voluto violare la sepoltura della principessa.

La tomba della principessa.

Il parco quindi era un luogo speciale, magico, dove poter fare mille avventure, sicuro, lontano dai pericoli, con lo scivolo, il girello, la gabbia per arrampicarsi, la pista di pattinaggio...tutti i bambini sognano e forse meritano un posto così.
Erano tempi di grandi sogni e di grandi promesse. "Ci ritroveremo qui sotto questo albero fra 30 anni", sognavamo di aprire un rifugio per cani abbandonati, di raccogliere in giro tutti gli animali e di tenerli, di fare cioè quello che i genitori mai ci avrebbero concesso.
Ci iscrivemmo al WWF, volevamo cambiare il mondo, ci provavamo, pensavamo "non saremo mai come i grandi ma saremo diversi".
A distanza di anni mi chiedo cosa ne è della me di allora, della voglia di cambiare tutto e mi chiedo se sono diventata proprio quello che non volevo diventare...
Ricordo le sbucciature sulle ginocchia, i lividi, i confronti fra amici delle ferite quasi come un trofeo, le croste, togliersele via lasciando sotto l'alone rosa...
Sento l'odore del ferro sulle mani a contatto con i giochi, il calore dello scivolo arroventato dal sole.
C'era il periodo delle bici, dei pattini, della pallavolo, del nascondino, dei quattro cantoni.
Non voglio essere retorica della serie "Ci divertivamo con poco e la playstation non c'era" perchè non è vero, c'era il Commodore 64 nei pomeriggi di pioggia giocavamo a quello eccome!
C'era pure un campo di calcetto in cui misteriosamente non è mai riuscita a crescerci l'erba nonostante l'abbiano seminata infinite volte.
Ricordo il povero M. che cadde dalla bici (la Bmx forse?) e si ferì un polpaccio, io mi sentivo in colpa perchè l'avevo appena lasciato, ci eravamo messi insieme in tre (a 7 anni si usava senza falsi moralismi) ma io poi ci avevo ripensato.
E mi viene in mente il mio amichetto E. che mi inseguiva con un fiorellino in mano urlandomi "Ti amoooo". 
Mi pare successe proprio qui, al "Tavolone"
un pezzo di cemento lasciato dai muratori che
utilizzavano come tavolo per pranzare.


Cosa è rimasto di tutto ciò?
Il parco è ancora lì, non è stato demolito, al suo posto non ci hanno fatto un altro palazzone ma tornarci mi mette un po' di tristezza.
Perchè è un parco morto, manca la cosa più bella e preziosa: i bambini.
Non so il motivo, torno rarissimamente lì e non conosco le dinamiche socio-demografiche del palazzo.
Il condominio visto che non c'è nessuno che lo usa lo hanno lasciato all'abbandono e gli sta pure bene visto che temono sempre l'arrivo di bimbi da fuori.
Il signor B. è morto, il prato di cui era tanto orgoglioso è sterile, c'è terra e aghi di pino secchi.
I giochi sono arrugginiti, inutilizzabile anche se uno volesse.





Questo è l'albero, un melograno come quello che ho messo io per la Pop, che i miei piantarono quando ci trasferimmo qui, ora è altissimo.


La fontana che usavamo per i gavettoni

Queste immagini di degrado sono un po' un insulto ai bei momenti che ho passato lì e alla mia infanzia. Quasi quasi sarebbe stato meglio che ci avessero costruito sopra un centro commerciale piuttosto che vedere ogni volta i miei ricordi traditi. 
Vedere sotto i propri occhi una cosa cara sfiorire è atroce, meglio porre fine allo stillicidio e conservare l'idea di com'era al massimo dello splendore.
E tutto questo ha un nome: eutanasia, in questo caso di un luogo.

O forse sarebbe il caso di mettere da parte motivazioni economiche, tirare fuori i soldi e risistemare tutto, magari tornerebbero pure i bambini, aprendo il parco anche agli esterni perchè no?


2 commenti:

  1. Giocavo anch'io in un parco tutto nostro ma i bei ricordi eclissano alla rievocazione del "nostro" orco (il sig. R per tutte noi bimbe). Solo da grandi abbiamo un po' tutte compreso lo scampato pericolo possibile per non essere mai state sole ad attraversare la guardiola, confine tra il condominio e il parco.

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  2. meno male...a noi quello ci è mancato per fortuna

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