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giovedì 22 marzo 2012

Il leone giallorosso


C'era una volta un vecchio leone di nome Luigi, era stanco e debole, la sua grande passione era la Roma, esistono i leoni che tifano per il calcio? Si secondo me da qualche parte esistono i leoni che seguono il calcio!
Era sempre più stanco, non riusciva più a camminare e per un leone questo significava la fine della sua lunga e gloriosa vita. Già tempo fa era stato in pericolo di vita, un ictus. Io allora sperai con tutta me stessa che ce la potesse fare, perchè non era il momento giusto per andarsene, per un semplice stupido motivo: perchè sua figlia si doveva ancora sposare e io non riuscivo a immaginare il suo matrimonio senza di lui.
Per fortuna si riprese bene o male, con qualche problema a parlare, forse ruggendo con la voce un po' rauca.
Poi ebbe dei problemi di cuore e gli misero un pacemaker per aiutarlo e che addirittura era collegato ad un computer dell'ospedale dove potevano controllare l'attività del suo cuore felino e i suoi sbalzi ballerini. Tanta tecnologia applicata ad un selvaggio leone!
Tante analisi, tanti controlli eppure a circa 20 centimetri dal suo cuore monitorato costantemente una parte brutta e oscura aveva deciso di prendere il sopravvento sugli organi e di crescere ed espandersi a suo piacimento.
Il leone ora è stanco, non vuole più combattere, vuole solo tornare a casa sua e stare in pace.
Voglio ricordarlo nel momento in cui pochi giorni fa sentendo della sconfitta della Lazio ha mormorato combattivo "Pijatevela in culo!".


Goditelo finchè c'è, anche se è debole e ricordati che forse, come ti ho detto, in un certo senso sei fortunata rispetto a chi il genitore è morto all'improvviso, in un incidente senza neanche il tempo di salutarlo, con il rimpianto delle parole non dette.
Certo magra consolazione, stupido ottimismo.

Vorrei starti vicino ma non ho molte parole da dedicarti, forse non ci sono e le uniche che mi sono venute in mente sono queste, stamattina alle 5.



E’ morto il papà della mia migliore amica, era un uomo anziano, malato e stanco.
Da un po’ di giorni avevo in testa l’immagine di un vecchio leone, forse perché mi ha sempre dato un po’ questa impressione, burbero, brontolone ma in fondo buono. Mi sembrava stupido dirle, mentre il padre si stava spegnendo “Sai? Ci penso spesso e lo immagino come un leone”. Invece poi ho iniziato a scrivere una specie di storia ed ero combattuta se fargliela leggere o meno, un po’ perché mi vergognavo, temevo mi considerasse ridicola, un po’ perché non volevo la rendesse ancora più triste.
Alla fine gliel’ho spedita via email proprio mentre lei era a pranzo e nel momento in cui io stavo uscendo dall’ufficio, per non avere un commento troppo immediato.
Mi ha mandato un sms “E’ la lettera più bella che abbia mai ricevuto”.
Parlava del leone, della sua storia, degli ultimi giorni, della sua speranza di tornare a riposarsi nella sua casa. C’era anche un po’ d’ironia, perché quella con me non manca mai ed esorcizza i brutti pensieri!
Lei l’ha fatta leggere anche ad una sua collega, l’avrebbe letta quasi anche in chiesa ma c'erano un po' di parolacce ed ha evitato!
Il giorno del funerale le ho scritto una lettera a mano, come piace a lei, come avevamo fatto tante volte quando io ero a Firenze e ci scrivevamo, ho fatto fatica a scrivere, non ero più abituata a tenere la penna in mano e la mia grafia già pessima è peggiorata con il poco esercizio.
Gliel’ho data appena ci siamo viste, fuori dalla chiesa. Quel gesto mi ha permesso di spostare l’attenzione dai suoi occhi tristi, di riempire il vuoto che si era creato, senza parole di conforto possibili. Le ho detto “Guarda cosa ti ho portato” e ho messo la mano in tasca dove avevo tanti foglietti piegati, è uscito fuori di tutto, le stavo per dare il certificato medico da dare in ufficio e poi l’ho trovata.
Ha abbracciato tutti i suoi amici più cari travolgendoli in un abbraccio forte, caldo, fisico, quasi volesse trarre da quel contatto la forza e il coraggio di andare avanti.
Voleva la chiesa piena di gente e così è stato, pieno di giovani soprattutto e lei ogni tanto si girava e cercava negli sguardi forse risposte ma di sicuro sostegno, vicinanza.
Io, sempre restia a entrare in chiesa, quasi impaurita di dovermi sorbire il discorso retorico del prete e di dovermi quasi trattenere dall’alzarmi in piedi e non aggredirlo dicendogli “Ma te che ne sai? Mica hai perso tuo padre”, invece mi ritrovo ad ascoltare la predica e a condividerla.
Parla del ricordo che ci accompagnerà tutta la vita, che non si perde il genitore ma in qualche modo ci resterà vicino. Le cose che più o meno le avevo scritto nella mia lettera fatta a mano.
Mi sembra tutto irreale: lui lì sotto i fiori giallorossi, gli amici di lei presenti, forse un po’smarriti, la moglie che sembra quasi ci voglia consolare e ci viene incontro. Alla vista delle lacrime inconsolabili del nipote non resisto e gli faccio compagnia…

5 commenti:

  1. pubblicato alla vigilia del secondo mese dalla scomparsa del "leone", mi riconsola un po' pensare che continuerà a vivere anche grazie a queste parole nonchè nei nostri cuori... ciao papà, grazie Petra!

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  2. mi sono commossa, conosco la tua migliore amica...e tu nn potevi farle regalo + bello!!!

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