pubbli larga

giovedì 9 maggio 2013

L'inizio della fine

Ci sono casi in cui ho presentimenti, sesti sensi che preferirei non avere.
Ci sono occasioni in cui riesco quasi a vedere negli occhi delle persone quello che sarà.
Delle volte vi leggo rassegnazione, arrendevolezza, un lasciatemi in pace ma chi vi ha cercati?
Che ci faccio con questo "dono"? Non molto perchè ahimè non posso fermare gli eventi, al massimo posso fasciarmi la testa in anticipo e cercare di anestetizzare in anticipo quello che succederà.

Tanti anni fa mia nonna si ruppe un femore, era a casa con noi ma in quel momento non c'eravamo. Non c'erano i cellulari, lei riusci ad avvertire la vicina e poi aspettarono insieme il nostro ritorno. Poi chiamammo l'ambulanza a la portarono via seduta su una sedia, indosso aveva un cardigan marrone. Io, chissà perchè, conservo il ricordo di lei di spalle su quella sedia mentre con le braccia aperte si reggeva a chi la stava trasportando.
Nel marasma della confusione e della preoccupazione io osservai tutto e associai quella immagine a un orangutan, forse per il colore del cardigan o per la posizione con le braccia allargate.
Ma sentivo pure che quello in qualche modo era un addio, che non avrei mai più rivisto mia nonna in ottima forma e forse mentalmente rivolta a quella schiena curva  e rossiccia le rivolsi pure un saluto. Sentivo che qualcosa sarebbe cambiato per sempre.
Dopo tutto si trattava solo di una frattura eppure come spesso accade negli anziani quella banale caduta diede il via a tutta una serie di acciacchi e complicazioni della vecchiaia per cui davvero iniziò il suo declino.
Ma io le avevo detto addio quella sera quindi tutte le cose che accaddero in seguito, vederla sfiorire, non riconoscermi più, in un certo senso le vissi diversamente perchè quasi non appartenevano a lei, non era lei. Iò ricordo che ho di lei si è fermato a quella sera.

Allo stesso modo mi capita di accomiatarmi, dire addio ai posti, sapendo che non li vedrò più o che una fase importante della mia vita partendo si concluderà.
Capita allora di passare la mano sui mobili, di accarezzarli con affetto o di riempirsi per l'ultima volta gli occhi di un paesaggio finora famigliare.
Di sicuro non sono l'unica a farlo e ho illustri predecessori, tra i quali Manzoni Alessandro.

“Addio, monti sorgenti dall’acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l’aspetto de’ suoi più familiari; torrenti, de’ quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendìo, come branchi di pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana! Alla fantasia di quello stesso che se ne parte volontariamente, tratto dalla speranza di fare altrove fortuna, si disabbelliscono, in quel momento, i sogni della ricchezza; egli si maraviglia d’essersi potuto risolvere, e tornerebbe allora indietro, se non pensasse che, un giorno, tornerà dovizioso. Quanto più si avanza nel piano, il suo occhio si ritira, disgustato e stanco, da quell’ampiezza uniforme; l’aria gli par gravosa e morta; s’inoltra mesto e disattento nelle città tumultuose; le case aggiunte a case, le strade che sboccano nelle strade, pare che gli levino il respiro; e davanti agli edifizi ammirati dallo straniero, pensa, con desiderio inquieto, al campicello del suo paese, alla casuccia a cui ha già messo gli occhi addosso, da gran tempo, e che comprerà, tornando ricco a’ suoi monti.

Ma chi non aveva mai spinto al di là di quelli neppure un desiderio fuggitivo, chi aveva composti in essi tutti i disegni dell’avvenire, e n’è sbalzato lontano, da una forza perversa! Chi, staccato a un tempo dalle più care abitudini, e disturbato nelle più care speranze, lascia que’ monti, per avviarsi in traccia di sconosciuti che non ha mai desiderato di conoscere, e non può con l’immaginazione arrivare a un momento stabilito per il ritorno! Addio, casa natìa, dove, sedendo, con un pensiero occulto, s’imparò a distinguere dal rumore de’ passi comuni il rumore d’un passo aspettato con un misterioso timore. Addio, casa ancora straniera, casa sogguardata tante volte alla sfuggita, passando, e non senza rossore; nella quale la mente si figurava un soggiorno tranquillo e perpetuo di sposa. Addio, chiesa, dove l’animo tornò tante volte sereno, cantando le lodi del Signore; dov’era promesso, preparato un rito; dove il sospiro segreto del cuore doveva essere solennemente benedetto, e l’amore venir comandato, e chiamarsi santo; addio! Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia de’ suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande.”


La Pop, essendo come si dice figlia a me, considera oggetti e luoghi come persone e spesso le saluta, saluta il mare o i posti a lei cari passandoci davanti così come saluta genericamente il fuori quando rientriamo a casa.


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