Ancora un nuovo caso di cronaca di maestre che maltrattano bambini.
Notizie così sembrano susseguirsi in maniera preoccupante, si va ad ondate, a periodi, quasi ad emulazione.
Rischiamo di farci l'abitudine. Come ai femminicidi, alle ruberie, ai suicidi a causa della crisi e i tg non aiutano "Un altro caso..."
Ma non si può e non si deve fare l'abitudine a questi schifi. Sennò ben presto tutto questo sarà classificato come normale.
Dicevo un altro caso di bimbi maltrattati dalle maestre. Leggi queste notizie sempre di corsa, quasi non vuoi sentire i particolari per non farti coinvolgere, per non essere travolta dalla nausea. E forse anche un po' per egoismo e cinismo: tanto non mi riguarda.
Invece stavolta è tutto diverso. Stavolta ci riguarda un po' più da vicino e tocca, anche se non proprio direttamente, delle persone amiche.
Mi si gela il sangue. Ora vedo tutto in maniera diversa. Ora che la realtà è uscita fuori dalle sterili pagine dei giornali ed è vicino a noi. Ora che i nomi delle vittime potrebbero essere persone conosciute o addirittura noi.
Ma allora i mostri esistono davvero e sono incredibilmente vicini a noi?!
Mille domande si affastellano nella mente: come è possibile? Come possono accadere cose simili? Possibile che nessuno abbia visto? Come mai i bambini non l'hanno detto a casa? Eppure non sono piccolissimi, parlano e pure tanto.
A tal proposito sento genitori al parco fare discorsi del tipo "Ah per carità io mio figlio me lo tengo a casa, andrà al nido solo quando sarà capace a parlare così mi racconterà per filo e per segno cosa succede a scuola".
Sento gente che vuole mettere le telecamere a scuola per controllare cosa succede.
Sono contraria a queste cose.
La prima tentazione da genitore, è ovvio, di tagliare in striscioline sottili i responsabili dei maltrattamenti e poi cospargerli di sale grosso e rinchiuderli in un recinto di capre fameliche.
Ma penso che un atteggiamento di controllo così massiccio, da grande fratello, da caccia alle streghe non giovi a nessuno.
Forse per primi ai bambini.
Il rapporto con la scuola deve essere di fiducia, di responsabilità, di dialogo aperto e di disponibilità da entrambi le parti.
Come può lavorare serenamente una maestra con una telecamera puntata fissa su di sè?
Penso che i bambini abbiano diritto a vivere serenamente i propri spazi e le proprie esperienze e una giornata al nido è una parte fondamentale di essi.
Avere una telecamera lì sarebbe una tentazione troppo grande per un genitore e starebbe tutto il giorno a ficcanasare e non penso che sia giusto. Per nessuno.
Non è così che si risolvono le cose.
Secondo me in queste vicende una colpa fondamentale e gravissima ce l'ha avuta chi sapeva e non ha fatto nulla, chi si è girato dall'altra parte. La prima responsabile è chi ha commesso quei gesti, evidentemente con grossi problemi, ma altrettanto e forse anche maggiore colpa ce l'ha chi le ha permesso per anni di agire indisturbata. Anche perchè avendo visto nidi e materne ho notato che non ci sono spazi chiusi o nascosti ed è impossibile non notare atteggiamenti strani.
Per prevenire questi fattacci non ho soluzioni da proporre, nè pozioni magiche. Forse basterebbe che al centro di tutto tornassero, com'è giusto e sacrosanto che sia, i bambini e non la nostra voglia di sangue e di vendetta.
In questi giorni mi mancano le parole per descrivere una situazione di attesa e di osservazione impotente dei fatti. Poche parole ma tanti sospiri e scuotere di testa, zeppi di come è possibile, come è potuto accadere tutto così in fretta?
Stanotte mi sono venute a trovare queste parole che mi hanno tenuta sveglia per un bel po'.
I suoi occhi cerulei, pieni di mare, quel mare da sempre presente nella sua vita, per lavoro, maledetto lavoro, che ha poi guardato dalla sua casa e che ora lo accompagna, per uno strano fil rouge, nello scorrere delle ore anche dalle finestre di un altro edificio.
Lui che sopra quel mare poi non c'è più tornato ma si limitava ad osservarlo da lontano, costruendo poi modellini in legno perfetti per solcare immaginarie onde. La sua ritrosia nel tenere in braccio i nipotini appena nati, non sono capace a tenerli. Noi che lo freghiamo, mollandogli la Pop in braccio e scappiamo via. Lui, che non ha ancora mai preso Marta in braccio.
Forse non espansivo di baci e abbracci coi nipoti ma compensava preparandogli i loro piatti preferiti.
Lui che vorrebbe guardare in tv solo trasmissioni guerrafondaie sul nazismo e tutti i conflitti mondiali, da qualche anno si trova a dividerla, suo malgrado, coi nipoti e a sorbirsi Peppa Pig e Rai Yo Yo quasi appassionandosi ai cartoni animati.
Lui che avrebbe voluto nipoti maschi per costruirgli soldatini e carri armati invece si è trovato poi più bambine alle quali disegnare tondi Barbapapà. Lui che è sempre stato un esempio di dignità e rispetto sopra ogni cosa.
Non trovo le parole per spiegarlo alla Pop, che ignara lo cerca per casa chiamandolo a gran voce.
Per ora abbiamo provato con un "È uscito, non c'è".
Dicono che non bisogna dire bugie ai bambini.
Tanto loro capiscono, percepiscono le situazioni e le cose, molto più di quanto noi immaginiamo.
Sarà per questo che ultimamente lo salutava e gli si avvicinava quasi con timore.
Vorrei dirle: il nonno è un po' scassato e lo stanno aggiustando.
Quando si diventa anziani e malati, come per una strana parabola, si torna un po' bambini piccoli e si ha bisogne di cure, attenzione ed amore.
Forse potrei dirle così: il nonno si è stufato di fare l'adulto e sta tornando un po' bambino.
Come forse anche i muri sapranno...ho scritto un libro, insieme agli HunterBrothers.
In questi giorni stiamo facendo delle presentazioni un po' in giro.
La prima è stata alla Mondadori, mica cotica...
È passato un po' di tempo ma voglio mettere per scritto un po' di istantanee, di frammenti di quei momenti.
Uno dei crucci principali ovviamente è: e mo' che mi metto?
Considerando che a) devo allattare, c) che devo smaltire giusto una decina di chili, c) che non mi voglio vestire di nero anche se farebbe molto dark lady, perfetto per la situation gotico-mistero misterioso e non sarebbe affatto male come scelta cromatica visto che i ragazzi del gruppo in genere si mettono le loro magliette ufficiali nere con il logo.
Insomma considerando tutto questo dal mio vasto e sconfinato guardaroba che manco la signora "Sex&The city" in persona ha (pare vero...) la scelta si riduce a due vestiti: uno a maniche lunghe e uno a maniche corte. Opto per quello estivo, tanto ho sempre caldo.
Secondo cruccio esistenziale: le calze le metto oppure no? Alla fine decido per il sì perchè non so chi ha detto che una donna dovrebbe sempre indossare le calze (a luglio in piena bolla di calore e tenete bimbi e vecchi a casa, ne riparliamo) e poi esercitano un certo effetto compressivo-contenitivo da non sottovalutare.
Terzo cruccio: che scarpe mi metto? La diatriba è fra scarpe molto fiche bianche con tacco da trampoliere e scarpa color indefinito topo morto che va su tutto, con zeppa abbastanza alta da donarmi svariati centimetri di più ma incredibilmente comoda. Provo le bianche borbottando "Cribbio sono pur sempre una donna!", percorro il corridoio zoppicando incerta e me le sfilo subito gettandole nello sgabuzzino bofonchiando "Anni di femminismo, di lotte per cosa? Viva il topo morto!".
Stiamo per uscire e ovviamente le due Pop se la dormono alla grande. Siamo preoccupati, cioè mm lo è considerando che se le dovrà smazzare lui mentre la mamma fa la presentazione. Siamo già stretti coi tempi, cerco di svegliare delicatamente la Pop. Lei quando si sveglia di pomeriggio ha bisogno di un tempo indefinitamente lungo per riconciliarsi col mondo, io lo chiamo "risveglio soft", è necessario altrimenti le girano a rondella. Ora non c'è tempo. Inizio a cambiarla mentre dorme. Quando apre un occhio le faccio vedere che mi sono vestita diversa dal solito perchè stiamo andando ad un evento importante, ad una festa allora si convince di buon grado pure lei!
In macchina mi chiedo quanti minuti prima della presentazione la Pop mi smaglierà le calze e quanti secondi prima Marta mi rigurgiterà sulla spalla.
Arriviamo in loco, in vetrina vedo il libro e inizia a salire un po' di emozione. Vedo anche il posto dove avverrà la presentazione, tante sedie ma ahimè vuote. Esprimo la mia preoccupazione a mm e lui "Maaa succede sempre così, alle presentazioni si usa, non ci va mai nessuno". !? Va bè... Io non so bene quanti miei amici verranno, ho mandato un sacco di inviti, tanti che alla fine non ho capito chi ha detto si, chi no, chi forse, chi "scusa Petra chi?". La sala si riempie piano piano. Gli HunterBrothers sono agitatissimi, a proposito mi hanno fregato e si sono messi tutti con le camicie bianche col loro logo. Inizialmente sto un po' in disparte, come piace a me, osservo tutto da spettatrice poi mi alzo e faccio un po' di pubblic relation. Mi avvicino ad un espositore su cui hanno messo varie copie del nostro libro e c'è un ragazzo che lo sfoglia con curiosità. Devo dire che è una strana sensazione vedere uno sconosciuto che legge quello che tu hai scritto, è anche tremendo pensare: e se ora fa qualche commento negativo? Mi allontano và. Manca pochissimo. Sandro e Roberto mi chiedono:"Di che parlerai?" La mia risposta è:"Non so, credo che andrò a braccio". È proprio così, non mi sono preparata un discorso, presa dagli eventi e in altre faccende affaccendate, ma ho varie idee in testa, improvviserò. Non parlo in pubblico ad occhio e croce dalla discussione della tesi di laurea ma fa niente. La libreria ora è gremita, aggiungono delle sedie. Ci avviciniamo al tavolo col microfono, prendiamo posto. Fa caldo sotto le luci, ho fatto bene a mettermi il vestito a maniche corte! La tensione ora sale, sento la salivazione azzerata, l'effetto Fantozzi: la lingua che diventa ruvida come uno zerbino. Fa un discorso introduttivo Anonimo Italiano, si vede che è abituato alle platee, a parlare di fronte a tante persone. Parla Sandro, spiega il libro, com'è suddiviso ecc. Poi è il turno di Roberto, di Pasquale. Si dilungano a descrivere qualche caso, ad illustrare l'attrezzatura che usano durante le loro indagini. Stanno andando bene, ancora meglio del solito. Poi è il mio turno. Nei minuti precedenti avevo sentito pure Marta piangere e mi si era stretto un po' il cuore. Il mio posto ora è qui. Cerco di non fissare lo sguardo su una vecchietta che ho visto fra il pubblico che mi ricorda troppo la segretaria di Mario (Maccio Capatonda) per evitare di ridere in maniera inopportuna. Allora fisso un punto vago. La fregatura del fatto di parlare a tanta gente è che non è come un dialogo botta-risposta in cui hai immediatamente la risposta a quello che stai dicendo. Qui è come un monologo, tu vai avanti, stando ben attento a non lasciare spazi di silenzio, non sai se la gente apprezza o no quello che stai dicendo, se stai andando bene oppure no. Nel frattempo vedo la testa di mm fare su e giù dietro le altre teste delle persone in piedi: sta saltellando per la libreria con Marta in braccio. La sta addormentando o scotennando non lo so. E Alice dov'è? Starà con qualcuno dei nostri amici. Poi è il turno di Roberta, la giornalista, fa un breve ma appassionato discorso. Infine è di nuovo Sandro a parlare, chiede se c'è qualcuno che vuole fare qualche domanda e poi chiede a chi vuole di avvicinarsi al tavolo per far firmare la copia del libro. Molti chiedono anche a me di firmare. E mo' che scrivo? A questo non ero assolutamente preparata. Mi tengo sul generico "Buona lettura!". Mentre stiamo firmando un mio amico si avvicina e solleva la Pop in alto facendomela vedere tra le persone: mi scoppia il cuore dall'emozione.
Ho rivisto il filmato e tutto sommato sono soddisfatta, un discorso non male, peccato le mie pose un po' da Caccamo sprofondata nella sedia.
Ho sentito grande calore, partecipazione, emozione degli amici degli HunterBrothers.
Un ringraziamento speciale a chi c'era, a chi ha aiutato mm nell'opera di babysitting con due Pop, a lui che se l'è smazzate, a chi c'è sempre nei miei momenti importanti.
Un velo di tristezza per chi avresti voluto vedere davvero fra tutte quelle teste e non c'è stato. Per chi avresti sperato fino all'ultimo di veder spuntare dal fondo della libreria.
In queste occasioni si sa le assenze pesano come macigni e offuscano un po' tutto il resto.
Alla fine dei miei mille inviti chi è venuto? Forse chi non ti aspetti, chi hai visto l'ultima volta tanto tempo fa eppure ti ha seguito lo stesso magari in maniera discreta da lontano (come ho scritto nella dedica del libro).
Un altro ringraziamento speciale va a Roberto che mi ha fatto entrare nel suo mondo del mistero permettendomi di coronare un sogno: di scrivere e pubblicare un libro. E di avermi fatto conoscere persone semplici e speciali come Sandro e Pasquale e tutti gli altri del gruppo. Menzione speciale all'editore Emanuele Zampetti che mi ha colpito per la sua umanità, discrezione e che ho sentito molto vicino a me, noi che non amiamo stare al centro della ribalta, ma in platea ad osservare l'effetto che fa...
Ci sono casi in cui ho presentimenti, sesti sensi che preferirei non avere.
Ci sono occasioni in cui riesco quasi a vedere negli occhi delle persone quello che sarà.
Delle volte vi leggo rassegnazione, arrendevolezza, un lasciatemi in pace ma chi vi ha cercati?
Che ci faccio con questo "dono"? Non molto perchè ahimè non posso fermare gli eventi, al massimo posso fasciarmi la testa in anticipo e cercare di anestetizzare in anticipo quello che succederà.
Tanti anni fa mia nonna si ruppe un femore, era a casa con noi ma in quel momento non c'eravamo. Non c'erano i cellulari, lei riusci ad avvertire la vicina e poi aspettarono insieme il nostro ritorno. Poi chiamammo l'ambulanza a la portarono via seduta su una sedia, indosso aveva un cardigan marrone. Io, chissà perchè, conservo il ricordo di lei di spalle su quella sedia mentre con le braccia aperte si reggeva a chi la stava trasportando.
Nel marasma della confusione e della preoccupazione io osservai tutto e associai quella immagine a un orangutan, forse per il colore del cardigan o per la posizione con le braccia allargate.
Ma sentivo pure che quello in qualche modo era un addio, che non avrei mai più rivisto mia nonna in ottima forma e forse mentalmente rivolta a quella schiena curva e rossiccia le rivolsi pure un saluto. Sentivo che qualcosa sarebbe cambiato per sempre.
Dopo tutto si trattava solo di una frattura eppure come spesso accade negli anziani quella banale caduta diede il via a tutta una serie di acciacchi e complicazioni della vecchiaia per cui davvero iniziò il suo declino. Ma io le avevo detto addio quella sera quindi tutte le cose che accaddero in seguito, vederla sfiorire, non riconoscermi più, in un certo senso le vissi diversamente perchè quasi non appartenevano a lei, non era lei. Iò ricordo che ho di lei si è fermato a quella sera.
Allo stesso modo mi capita di accomiatarmi, dire addio ai posti, sapendo che non li vedrò più o che una fase importante della mia vita partendo si concluderà.
Capita allora di passare la mano sui mobili, di accarezzarli con affetto o di riempirsi per l'ultima volta gli occhi di un paesaggio finora famigliare.
Di sicuro non sono l'unica a farlo e ho illustri predecessori, tra i quali Manzoni Alessandro.
“Addio, monti sorgenti dall’acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l’aspetto de’ suoi più familiari; torrenti, de’ quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendìo, come branchi di pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana! Alla fantasia di quello stesso che se ne parte volontariamente, tratto dalla speranza di fare altrove fortuna, si disabbelliscono, in quel momento, i sogni della ricchezza; egli si maraviglia d’essersi potuto risolvere, e tornerebbe allora indietro, se non pensasse che, un giorno, tornerà dovizioso. Quanto più si avanza nel piano, il suo occhio si ritira, disgustato e stanco, da quell’ampiezza uniforme; l’aria gli par gravosa e morta; s’inoltra mesto e disattento nelle città tumultuose; le case aggiunte a case, le strade che sboccano nelle strade, pare che gli levino il respiro; e davanti agli edifizi ammirati dallo straniero, pensa, con desiderio inquieto, al campicello del suo paese, alla casuccia a cui ha già messo gli occhi addosso, da gran tempo, e che comprerà, tornando ricco a’ suoi monti. Ma chi non aveva mai spinto al di là di quelli neppure un desiderio fuggitivo, chi aveva composti in essi tutti i disegni dell’avvenire, e n’è sbalzato lontano, da una forza perversa! Chi, staccato a un tempo dalle più care abitudini, e disturbato nelle più care speranze, lascia que’ monti, per avviarsi in traccia di sconosciuti che non ha mai desiderato di conoscere, e non può con l’immaginazione arrivare a un momento stabilito per il ritorno! Addio, casa natìa, dove, sedendo, con un pensiero occulto, s’imparò a distinguere dal rumore de’ passi comuni il rumore d’un passo aspettato con un misterioso timore. Addio, casa ancora straniera, casa sogguardata tante volte alla sfuggita, passando, e non senza rossore; nella quale la mente si figurava un soggiorno tranquillo e perpetuo di sposa. Addio, chiesa, dove l’animo tornò tante volte sereno, cantando le lodi del Signore; dov’era promesso, preparato un rito; dove il sospiro segreto del cuore doveva essere solennemente benedetto, e l’amore venir comandato, e chiamarsi santo; addio! Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia de’ suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande.”
La Pop, essendo come si dice figlia a me, considera oggetti e luoghi come persone e spesso le saluta, saluta il mare o i posti a lei cari passandoci davanti così come saluta genericamente il fuori quando rientriamo a casa.
Sono sempre alla ricerca di nuove iniziative, di cose da fare, di progetti, di idee interessanti.
Lo facevo prima per me e i miei amici, lo faccio ora per le Pop.
Qualcuno ironicamente potrebbe affermare che è più una mia esigenza, anche in questo caso, che delle Pop e forse avrebbe pure ragione.
Forse alle bimbe starebbe bene pure andare 7 giorni su 7 a pascolare al parco o stare a casa.
A me no.
Penso che Roma sia una grande città ma credo pure che per quanta gente la popoli e per quanti cervelli la riempiano tutto sommato non corrisponda un grande fermento culturale.
E per le cose da fare con i bambini peggio che mai.
Della serie: se piove il weekend, datti una chiodata che fai prima.
Se cerchi su internet trovi valide associazioni che fanno delle iniziative.
Una di queste è la città delle mamme che ti informa su tutte le attività, peccato che la stra-grande maggioranza siano ubicate al Pigneto.
Io ignoravo l'esistenza di questo quartiere, invece pare che sia l'unico un po' pulsante di vita.
Finalmente dopo tanto tempo ci sono andata, devo tornarci per fare un reportage fotografico ed esplorarlo a fondo.
Non sembra Roma o forse al contrario sembra proprio Roma. Edifici abusivi costruiti vicino palazzi di un certo pregio. Sembra una borgata, sembra un quartiere a sè, non si può definire bello però si respira una bella aria dal punto di vista emotivo, non di salubrità perchè ci sono i piloni della tangenziale che incombono sulle nostre capocce.
Sembra il nuovo San Lorenzo, il nuovo Testaccio, ci sono tanti giovani, un po' bohemien, un po' peones.
Sono riuscita pure ad andare a visitare lì in zona un giardino autogestito dai cittadini, il Giardino di Castruccio.
Quello che vorrei fare io. Andare dal comune e dire:"Ok non siete in grado di tenere in maniera decorosa un'area bimbi? Scanzite che ci pensiamo noi!".
Leggendo su internet al Pigneto hanno fatto proprio così. Hanno preso in carico un'area, l'hanno recintata, c'è un cancello chiuso di cui hanno le chiavi, l'hanno sistemata e la aprono a turno i volontari.
Sembra tutto molto bello e molto fico.
Giunti in loco ti rendi conto di come un sito internet fatto bene e una foto suggestiva possono migliorare com'è la realtà e di molto.
Il Giardino è un quadrotto di terra scampato all'edificazione che forse il Comune è stato ben felice di sbolognarsi. Al confronto per estensione e bellezza il nostro parco sotto casa allora è Central Park!
Però bella l'atmosfera che si respira. Belle le merende che organizzano, bello lo spettacolo di bolle con il mago un po' bohemien e un po' peones.
Che dire? Loro ci provano, almeno. Si potrebbe fare di meglio, far crescere un bel prato al posto dei breccolini, piantare più alberi, chiedere al ristorante di mandare gli effluvi della sua canna fumaria da un'altra parte e non nel giardino...ma è già qualcosa.
È un punto di incontro e la gente si dà da fare per tenerlo pulito e vivo.
Un'altra bella associazione che organizza un sacco di cose interessanti è "Il Melograno" corsi di filosofia per bambini, letture animate ecc. Ma possibile che per trovare queste cose io debba attraversare Roma? Poi ha aperto vicino casa una ludoteca. Vado a parlare con la proprietaria Benedetta, di nome e di fatto. Vendono libri e giochi educativi per bambini, non i soliti quelli che si trovano in giro ma quelli belli e istruttivi davvero e fanno anche varie iniziative. Mi fermo un'ora a parlare con loro, assisto anche ad un incontro organizzativo. Lo spazio non è enorme ma è arredato bene con sedie di cartone pressato, bellissime da vedere e comode da usare, c'è un bel parquet a terra, c'è tanta luce che passa dalle due vetrine, c'è una parete fatta di ardesia, lavagna per intendersi. Non è un nido, non è un baby parking, non organizzano le feste quelle in cui il top è dipingere il viso ai bambini. Ha un bel nome "C'era due volte" perchè chi l'ha detto che le favole devono accadere una volta sola? Certo sarebbe bello che trovassero spazio nelle scuole, che potessero utilizzare al meglio il parco (sempre quello) lì vicino. Sarebbe meglio se avessero locali più spaziosi o che organizzassero pure attività per bambini under 3 il pomeriggio. Io mi fermo a parlare con tante mamme, in giro, appena posso, attacco pippardoni allucinanti ma mi rendo conto che abbiamo tutte le stesse esigenze: un parco decente e qualcosa da fare, uno spazio dove andare quando piove. Avevo in mente in passato di fare qualcosa, mi prudevano le mani dall'urgenza soprattutto perchè non sembra di così difficile realizzazione. Nel parco c'è un bel casale dove c'è il centro anziani, ho provato ad affacciarmi, a chiedere se potevano cedere un po' del loro spazio ai bimbi. I vecchietti mi hanno risposto indispettiti "Seeee e noi dove andiamo?" come se le due cose non potessero convivere, considerando pure che hanno un bellissimo gazebo coperto. Lamentavo che in zona di simile, facile, gratis e accessibile c'è solo lo spazio bimbi ad Ikea. http://buonecosedipessimogusto.blogspot.it/2012/10/terrible-two.html Perfetto. Hanno fatto dei lavori all'area dei mobili per bambini e in sostanza l'hanno tolto. Avevo un sogno, creare uno spazio per l'inverno per i bimbi ma poi si sa, la realtà ti inchioda, ti frega, ti illude, pensavo fosse amore invece era un calesse. Ma il sogno resta e la voglia di ribaltare il quartiere e renderlo più vivibile pure. Evviva quelli che almeno ci provano.