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venerdì 20 dicembre 2013

Come è andata a finire?

Vi avevo lasciato un po' di post sparsi sulla situazione Nido di Marta, inserimento&co.
Poi non ho più toccato l'argomento, forse, avrete pensato, è tutto risolto. Sono passati 3 mesi dal day one.
E invece no.

Forse non affrontavo il tema perchè non c'era molto da dire o perchè il solo pensarci mi faceva bollire il sangue o per pietà e per piacere glissavo.

È stato un succedersi di fasi, un climax di cazzate, piccoli scontri quotidiani con i soliti noti: maestre, direttrice, pediatra del nido con qualsiasi pretesto. La Pop mi sembrava vittima delle nostre incomprensioni, anzi sicuramente era così.
La cosa che mi dava più fastidio era trovarle coalizzate e unite come una falange, arroccate nelle loro convinzioni senza possibilità di confronto o dialogo. Le ho trovate impreparate su mille e uno argomenti su qualsiasi tema affrontassimo. E soprattutto avevo la sensazione che si comportassero nel nido come se fosse un loro regno: qui è mio, faccio come mi pare.

Mi sono sentita in minoranza. Non ho trovato negli altri genitori possibilità di parlare, alcun tipo di apertura. Quasi dovessimo essere pronti ad accettare tutto perchè abbiamo "vinto" un posto al nido comunale.
Non ci sto.
Non è un regalo, nè una lotteria ma un mio diritto.

Nell'ennesimo confronto con loro, stavolta per fortuna avvenuto con toni civili, ancora confessavano la loro incapacità a rapportarsi col fenomeno Marta, in cui dicevano di arrivare la sera a casa cercando una strategia da poter tentare il giorno successivo. Scarsamente convinte dicevano:"Va bè arriviamo a Natale". Come chissà cosa dov'esse cambiare, quasi che lo spirito di Jingle Bells and Happy New Year possa avere un'influenza positiva sui pargoli. Miagolavano talmente nel buio da chiedermi il permesso per filmare Marta, per farla vedere ad una psicologa del comune per avere un parere.

Per l'ennesima volta sono andata dalla mia guru, la mia pediatra. Lei mi ha sostenuto, come fa sempre, mi ha anche detto che se Marta fosse stata più grande mi avrebbe detto di toglierla da lì perchè ne avrebbe accusato pesantamente. Io a quel punto ho tentato il tutto e per tutto sapendo di chiedere molto e di andare un po' oltre, ho giocato il fil rouge di giochi senza frontiere e le ho detto:"Perchè non ci parla lei visto che conosce Marta e me da tanto tempo?". Lei mi ha risposto:"Ma con chi, con quelle?".
Mi sono fatta prendere dalla foga e le ho detto che non è giusto che si comportino così, che il nido non è terra loro, che non è giusto che i bimbi siano in mano a queste persone, al culmine dell'entusiasmo l'ho incitata pure con un:"Daje famoli chiude".
Lei mi ha riportato sulla terra dicendomi che neanche in casi di maltrattamento è possibile arrivare a tanto, purtroppo.
Mi ha detto che ne avrebbe parlato con una pediatra che sente spesso responsabile dei nidi del municipio e che mi avrebbe fatto sapere.

Non le ho più chiesto nulla, anzi ho cercato di non romperle più le scatole, consapevole di essere andata oltre il normale rapporto dott. della mutua-paziente, di averla messa in mezzo a una guerra a cui giustamente non era tenuta a partecipare.

Da qualche giorno al nido va meglio, diremo anzi che va addirittura bene.
Vedo le maestre sorridere, cosa che in passato non accadeva mai.
Ho visto la pediatra del nido parlare fitto fitto con la direttrice e io ho cercato di passare zitta zitta senza farmi notare ma le mie vibrisse hanno captato qualche onda positiva.
Siamo anche arrivati al paradosso: la maestra mi ha fatto i complimenti per la borsa che indosso e che per la cronaca porto quotidianamente da tre mesi in qua. 
Ieri le ho fatto un regalino per Natale, anche se non mi piace questa abitudine di ingraziarsi le maestre, ma è stato un altro passetto avanti. Mi ha ringraziato colpita e commossa, abbiamo parlato di vacanze, mi ha addirittura invitato ad andare in camper con lei...va bè ora si esagera!

Ieri per caso passo dalla pediatra e mi dice che ha parlato con quella del nido giusto una settimana fa. Tutto torna. In realtà non si sono dette granchè, lei ha consigliato alle maestre di stare un po' più serene che così di conseguenza lo sarò pure io e anche Marta.

L'importante è che lei ora stia bene.

Non mi illudo di aver sconfitto il sistema, non la reputo una vittoria.
La mia passione rimarrà sempre quella di lottare contro i mulini a vento.
Però qualcosa si è mosso e rende ogni cosa possibile.

Spero che tutto ciò abbia fatto capire a loro che non sempre tutto è inquadrabile  e codificato, bianco o nero, ad A risponde B. Che non ha senso arroccarsi e pavoneggiarsi di avere un'esperienza pluriennale a contatto coi bambini ma di avere l'umiltà e il coraggio di mettersi sempre in discussione.
Anche a me ha insegnato a mettermi in discussione, a confrontarmi con l'altro, talvolta con l'opposto ma anche a non mollare, ad andare avanti, anche se stavolta in ballo c'era tanto, tantissimo: Marta. Ma io d'altro canto, avrei proseguito fino all'autodistruzione pur di non tornare sui miei passi.

Non penso siano cattive persone solo che non avevano voglia di porsi troppe domande, andavano avanti secondo il loro protocollo e stop. Stupidamente i nostri scontri di vedute hanno avuto delle ricadute sulla protagonista delle nostre divergenze che inevitabilmente ne ha risentito sempre più e forse ci ha fatto dimenticare che al centro di tutto di doveva stare lei, il suo benessere e null'altro.


Please and change


domenica 15 dicembre 2013

Quer gran mito der Monnezza (Intervista possibile)

Mi chiama Roberto per propormi un'intervista che potrebbe rivelarsi interessante, con Quinto Gambi, colui che ha ispirato Er Monnezza, Tomas Milian.
Ne so poco a riguardo, sono scettica e spulcio su Google.
Dopo vari tentativi andati a vuoto finalmente riusciamo a incontrarlo. Roberto mi mette in guardia: è un tipo sopra le righe ma molto alla mano.
Ci vediamo di fronte la stazione della metropolitana, non sappiamo bene cosa aspettarci, possiamo solo fare riferimento alle fotografie viste su internet. Io me lo immagino arrivare su un macchinone sgangherato e poi camminare con andatura dinoccolata. Un po' ci ho preso, ci viene incontro e fa finta di non averci visto e prosegue oltre.
Indossa dei jeans, un paio di stivali neri e un cappello da cowboy nero, i capelli raccolti in una coda.
Quello che mi colpisce subito è il sorriso, uguale a quello di Tomas, anzi Tomase come dice lui, e gli occhi profondi e intensi, lo sguardo di chi ha visto tanto.
Ci porta, su nostra richiesta, a vedere come prima cosa un murales che lo rappresenta. Sopra c'è scritto "I miti di Tormarancia". Lui è rappresentato vestito da cowboy con accanto un cane lupo, Perla, che gli regalarono alla morte della moglie per fargli compagnia.
E un mito lo è davvero.

Passeggiamo in lungo e in largo per il quartiere, senza una direzione precisa, camminiamo per ore, lui con i suoi 80 anni è infaticabile, noi teniamo il passo, lui racconta e ogni tanto si gira "'ndo stai?". Poi ci guida "Gira a destra" "A destra qui?", si finge spazientito "Aho sei forte! Si t'ho detto a destra! Destra è destra!".

Passiamo sotto casa della sorella che vive al terzo piano e cala dal balcone un cestino (con tanto di Babbo Natale) per mettere le cose da portare su. Quello stesso palazzo da cui Quinto da ragazzo scendeva e saliva arrampicandosi alla grondaia. Non per nulla ha fatto la controfigura a Tomase. Ci fa vedere una moto coperta con un telone ormai d'epoca che ha usato anche in un film. Ci racconta, lasciandosi trascinare dai ricordi, che quella zona era chiamata Shangai perchè quando pioveva si allagava tutto, ci ricorda le lotte di quartiere con quelli della Garbatella, loro che invece erano poveri ragazzi di borgata, non avevano giocattoli, non avevano nulla però erano felici.
Echi lontani di una Roma che non esiste più.

Passeggiamo tra i caseggiati e ogni tanto spunta un anacronistico cenno di modernità: il nuovo palazzo di piazzale dei navigatori, la mega-palestra, il ponte bianco che collega con l'ostiense.
Camminiamo per il suo quartiere e tutti lo salutano, scambiano una battuta, lui ha una parola, spesso scherzosa per tutti, si ferma a giocare con i cani che incontra. Mi chiedo se davvero conosca tutti o se è il suo modo di fare, di dare del tu al mondo e alla vita.
Ironico, disincantato, ti spiazza con le sue battute dette in maniera seria, poi ti fissa e ride. È un intercalare continuo di parolacce ma non risulta volgare, come dice lui si usano quando serve. Ci offre un caffè, Roberto cerca di pagare ma Quinto lo ferma:"Tranquillo mica resto in mutande!".

L'incontro con Tomase avvenne in maniera casuale una sera del '66 al Piper, Quinto stava guardando una ballerina:"Nun te stancà troppo!", fraternizzarono subito e fecero amicizia. Tomase lo invitò pure a dormire a casa sua e Quinto tutta la notte rimase immobile nel letto come una mummia per paura di far rumore e che pensasse che stesse frugando nei cassetti.
Quinto vendeva il pesce a un banco al mercato Trionfale e lo aiutò a calarsi nel personaggio Er Monnezza, a caratterizzarlo, a interpretare la romanità.
A quei tempi durante i film molto era improvvisazione, spesso l'attore cambiava tutto quello che il regista aveva programmato.
Ora è tutto diverso, ora contano solo i soldi, che non ci sono, precisa Quinto.
Durante una pausa in un film Quinto si allontana un momento e al ritorno Tomase gli chiede:"Dove sei stato?", lui risponde "....", "Eh?" "....." "Eh?" "So' stato a cacà!!".
Ci racconta dei film con Verdone, con Corbucci, mille aneddotti e ricordi si accavallano.

Quinto è stato contattato ogni tanto per fare un film ma lui continua a voler restare fuori da quegli ambiti, a non voler scendere a patti, a sentirsi estraneo da quel mondo, racconta di una selezione per un film in cui si trova di fronte a un tavolo con tutti quelli che devono esaminarlo ed esordisce con un:"E questi che cazzo vogliono?!" .

Tornando verso la metro Quinto ci chiede se vogliamo andare a vedere il bar dove hanno girato "I Cesaroni" ma sinceramente non ci interessa, ci scherziamo su e rispondiamo come direbbe lui "Troppo commerciale e moderno!".

Non è facile seguire i suoi discorsi, ne inizia tanti senza finirli per poi riprenderli più avanti.
Sulla strada del ritorno gli chiedo della moglie, ho letto da qualche parte che aveva detto delle parole bellissime a riguardo. Lui non se le ricorda o forse non vuole parlarne, mi spiega che a chi gli aveva chiesto da quanti anni è morta ha risposto con stizza:"Perchè vuoi farmici pensare, farmi diventare triste ora che sto pensando ad altro?". Spiega solo che dai 20 ai 40 anni si è divertito, poi dai 40 è stato felicemente sposato.

La famosa frase poi l'ho ritrovata: "E quando è morta, il cielo si è svuotata e io ho pianto tre giorni e non riuscivo più a dormire."

Il futuro è suo nipote nato da poco, Tommaso, proprio come colui che gli ha cambiato la vita o forse no.



foto Roberto Giancaterina








venerdì 6 dicembre 2013

Children's rights

Qualche giorno fa è stata la giornata dei diritti dei bambini.
Decido di saperne di più su questi diritti e nel mare magnum di internet scopro che sono stati decisi nel 1989 dall'Onu, questa convenzione è stata ratificata da tutti i paesi del mondo tranne Somalia e Stati Uniti: curioso...

In sostanza sono questi:
- Chi ha meno di 18 anni ha tutti i diritti elencati nella convenzione.

- Ogni bambino e ragazzo ha i diritti elencati nella convenzione; non ha importanza il colore della pelle, né il sesso, né la religione, non ha importanza che lingua parla, né se è un disabile, né se è ricco o povero. 

- Il Governo e i genitori devono fare quello che è meglio per tutelare il benessere del bambino.

- Tutti devono riconoscere che hai il diritto di vivere.

- Hai il diritto di avere un nome, una nazionalità e il diritto di conoscere i tuoi genitori e di venire accudito da loro.

- Non dovresti venire separato dai tuoi genitori, a meno che non sia per il tuo bene. Se i tuoi genitori decidono di vivere separati, dovrai vivere con uno solo di essi, ma hai il diritto di poter contattare facilmente tutti e due.

- Se tu e i tuoi genitori vivete in due nazioni diverse, avete il diritto di ritornare assieme e vivere nello stesso posto.

- Nessuno ha il diritto di rapirti, e se vieni rapito il governo dovrebbe fare di tutto per liberarti. 

- Hai il diritto di imparare e di esprimerti per mezzo delle parole, della scrittura, dell'arte e così via, a meno che queste attività non danneggino i diritti degli altri. 

- Hai il diritto di pensare quello che vuoi e di appartenere alla religione che preferisci. I tuoi genitori dovrebbero aiutarti a distinguere fra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. 

- Hai il diritto di incontrare altre persone, fare amicizia con loro, e fondare delle associazioni, a meno che ciò non danneggi i diritti degli altri.

- Hai il diritto di avere una vita privata. Per esempio, puoi tenere un diario che gli altri non hanno il diritto di leggere.

- Hai il diritto di raccogliere informazioni dalle radio, dai giornali, dalle televisioni, dai libri di tutto il mondo. Gli adulti dovrebbero assicurarsi che tu riceva delle informazioni che puoi capire.

- I tuoi genitori dovrebbero collaborare per allevarti e dovrebbero fare quel che è meglio per te.

- Nessuno dovrebbe farti del male in nessun modo. Gli adulti dovrebbero assicurarsi che tu sia protetto da abusi, violenze o negligenze. Nemmeno i tuoi genitori hanno il diritto di farti del male. 

- Se non hai i genitori, o se vivere con i tuoi genitori è pericoloso per te, hai il diritto di essere protetto e aiutato in modo speciale.

- Se devi essere adottato, gli adulti dovrebbero assicurarsi che vengano scelte le soluzioni più vantaggiose per te.

- Se sei un rifugiato (cioè se devi lasciare al tua nazione perché viverci sarebbero pericoloso per te) hai il diritto di essere protetto e aiutato in modo speciale.

- Se sei un disabile, fisico o psichico, hai diritto a cure speciali e a un'istruzione speciale, che ti permettano di crescere come gli altri bambini.

- Hai il diritto di godere di una buona salute. Ciò significa che dovresti ricevere cure mediche e farmaci quando sei malato. Gli adulti dovrebbero fare di tutto per evitare che i bambini si ammalino, in primo luogo nutrendoli e prendendosi cura di essi.

- Hai il diritto ad uno standard di vita sufficientemente buono. Ciò significa che i tuoi genitori hanno l'obbligo di assicurarti cibo, vestiti, un alloggio, etc. Se i tuoi genitori non possono permettersi queste cose, il governo dovrebbe aiutarli. 

- Hai il diritto di ricevere un'istruzione. Devi ricevere un'istruzione di base fino a 15 anni e deve essere gratuita. Dovresti poter andare a scuola fino a 18 anni.

- Lo scopo della tua istruzione è di sviluppare al meglio la tua personalità, i tuoi talenti e le tue capacità mentali e fisiche. L'istruzione dovrebbe anche prepararti a vivere in maniera responsabile e pacifica, in una società libera, nel rispetto dei diritti degli altri, e nel rispetto dell'ambiente. 

- Se appartieni ad una minoranza hai il diritto di mantenere la tua cultura, professare la tua religione e parlare la tua lingua.

- Hai il diritto di giocare.

- Hai il diritto di essere protetto dal lavorare in posti o in condizioni che possano danneggiare la tua salute o impedire la tua istruzione. Se il tuo lavoro produce un guadagno dovresti essere pagato in modo adeguato.

- Hai il diritto di essere protetto dalle droghe e dalle attività illegali volte a produrre e spacciare droghe.

- Hai il diritto di essere protetto dagli abusi sessuali.Ciò significa che nessuno può fare nulla al tuo corpo contro la tua volontà; per esempio, nessuno può toccarti o scattarti foto o farti dire cose che non vuoi dire.

- A nessuno è permesso rapirti o venderti.

- Anche se fai qualcosa di sbagliato, a nessuno è permesso punirti in una maniera che ti umili o ti ferisca gravemente. Non dovresti mai essere rinchiuso in prigione, se non come rimedio estremo; e se vieni messo in prigione hai diritto ad attenzioni speciali e a visite regolari della tua famiglia.

- Hai il diritto di difenderti se sei stato accusato di aver commesso un crimine. La polizia e gli avvocati e i giudici in aula dovrebbero trattarti con rispetto e assicurarsi che tu capisca quello che sta succedendo.

- Tutti dovrebbero sapere che esiste questa convenzione. Hai il diritto di sapere quali sono i tuoi diritti, e anche gli adulti dovrebbero conoscerli.

Mi vengono in mente tutte quelle circostanze in cui questi diritti vengono ignorati, calpestati, offesi, anche nel quotidiano, magari proprio lì dove andrebbero maggiormente tutelati: la famiglia, la scuola.

La festa dei diritti è stata festeggiata in vari modi nelle due scuole che frequento.
Il nido ha organizzato in fretta una festa non meglio identificata, avvertendo i genitori solo la mattina stessa, giusto per non avere una partecipazione troppo numerosa.

Alla materna invece hanno dedicato il mese precedente a questo tema: hanno fatto disegni, hanno pitturato, hanno piantato ciclamini (non ho capito bene il nesso ma tant'è che ora a scuola ci sono ciclamini in ogni dove ed è indubbiamente bello), hanno fatto i biscotti. Ma soprattutto le maestre hanno intervistato i bambini chiedendogli quali sono i loro diritti, poi forse il tutto si è trasformato in cosa vi piace fare ma le loro risposte squisitamente semplici e spontanee fanno riflettere.

A parte i bimbi che reclamano giustamente la mamma o il papà e che danno pesanti staffilate ai genitori che lavorano in generale le loro richieste sono semplici e forse per questo disarmanti. Vogliono giocare, vogliono stare all'aria aperta, andare al parco, giocare con gli amici.

A tal proposito mi viene solo un pensiero in mente che forse racchiude tutta la convenzione dei diritti: i bambini hanno il diritto di essere bambini, di comportarsi come tali, di essere rispettati con i loro sogni e le loro fantasie per quanto ci possano sembrare astruse e lontane da noi. Hanno il diritto di fare quello che si sentono, quello che per loro è importante, di fantasticare ad occhi aperti, di vivere appieno le emozioni, di perdersi dietro una nuvola...

Per tutto il resto, obblighi e palle varie c'è tempo.


giovedì 14 novembre 2013

Arriva un certo punto

Arriva un certo punto che mo' basta anzi abbasta.


Arriva un certo punto che uno sopporta, sopporta, manda giù ma poi non ce la fa e taglia prima di scoppiare sul serio.
Cosa taglia? I rami secchi come amava dire qualcuno, un colpo secco e via si elimina quello che non serve o quello che non fa stare bene. Ogni tanto dicono che è bene e sano farlo. Ad esempio consigliano anche periodicamente di rivedere le lunghe, troppo lunghe, file di amici o presunti tali e dare una bella, coraggiosa sfoltita, decidere chi davvero lo è e chi lo è solo di nome.
Per un desiderio semplice, talmente semplice da sembrare banale, scontato e forse per questo tremendamente sottovalutato nella sua importanza: voglio frequentare solo quelli con cui mi fa davvero piacere stare. Gli altri out.

Forse per questo ogni tanto sparisco, ho bisogno di capire o c'è qualcosa che non mi torna e mi prendo un periodo sabbatico,

Ci vuole coraggio, forza, tanta, tutta quella del Regno di Grayskull per prendere certe decisioni.
Ma è necessaria per tornare a respirare a pieni polmoni, a ridere di cuore e a sentirsi a posto con se stessi e col mondo. Ci sarà qualche malumore nei pressi, qualche bocca storta...non fa nulla. Un po' di sano egoismo, conto solo io e chi amo.
Non c'è spazio per l'ipocrisia, per le convenienze, per le recite di fine anno, spiacente ma per ora passo e il mio posto su quel palco rimarrà vuoto.

Ci vuole forza per guardare le cose come stanno, per dargli un nome, per agire con raziocinio, con volontà piena e non limitarsi a galleggiare e a farsi portare dalla corrente.


La vita è troppo breve per perderla dietro a persone che non meritano, ho di meglio da fare scusate.

Arriva un certo punto che ti rendi conto che si è andati troppo oltre quando vedi per la prima volta un buono, non io per carità ma mm, davvero arrabbiato. E mi accorgo che un buono arrabbiato fa davvero paura.

Ho parlato con calma ma con determinazione, ho spiegato quello che avevo dentro e intorno, sono stata per alcuni momenti anche posseduta dalla parte oscura di me medesima tanto da dichiarare "Je brucio a'maghina" e se uno arriva a pensare certe cose significa che c'è davvero arrivato fin là e che un punto è necessario metterlo.

È autunno, cadono le foglie e con esse tutto ciò che è secco, morto e senza senso.
Adieu



E intanto ce la cantiamo così.....



martedì 29 ottobre 2013

In autostrada contromano

La domanda del giorno è: fino a che punto siamo, sono in grado di reggere, fino a quando sarò capace di difendere quello in cui credo nonostante gli altri mi vadano contro? Siamo in un'epoca in cui tira più in mi piace,un pollice in su che tutto il resto.
I non mi piace riferiti a me, alla Pop piccola, a come siamo noi, al nostro rapporto crescono. Siamo a 6, facciamo 6 e mezzo. Non sono pochi.
3 maestre, 2 direttore, 1 pediatra e 1 amica che forse è l'unica che ha messo da parte affetto e stima per dirmi in faccia come stanno le cose.
Mi verrebbe da dire: quelle lavorano insieme, fanno fronte comune è logico che si spalleggino, i loro commenti, giudizi e quant'altro (tra l'altro ma chi te li ha chiesti?) sono per forza necessariamente gli stessi.
Ma il dubbio un po' mi viene.
I mi piace sono tantissimi, ma forse sono di parte, dettati dal love love che gli interpellati nutrono per me, per noi e forse hanno anche un altro vizio di fondo: si basano sui miei racconti.

Fa fico fare quella che va contro, è molto bohemien, romantico, maledetto. Forse non avrei sennò tutto questo materiale su cui scrivere. L'ispirazione per scrivere, suonare, creare nasce sempre da grandi emozioni, sentimenti, travagli interiori. Difficile che esca qualcosa di buono se uno ha una vita molto lineare, tranquilla e in definitiva duepalle.

Ma il dubbio un po' mi viene e se fossi io quella che sta andando contromano anzichè gli altri, questa fila di macchine che vedo procedere verso di me a velocità sostenuta, a fari accesi e che sta crescendo sempre di più??

Ora sono 6 e quando saranno 7, 8, 9...?
Fino a che punto posso arrivare a sostenere la tesi: no sono gli altri a sbagliare, sono loro che non capiscono niente, io, noi andiamo benissimo così?

lunedì 28 ottobre 2013

Walk on the wild side

Alla Pop le si è sbloccata la favella e parla parla parla... ed è bellissimo.
Non sempre la capisco, delle volte ci arrivo per intuizione, altre rimane un mistero. Però è stupefacente ora capire cosa pensa, le sue riflessioni, quando si impegna fa un po' il broncio e guarda in su per cercare le parole.
Camminiamo nel tragitto casa-scuola e lei parla. Osserva tutto e commenta ad alta voce. Ovviamente ora è nella fase senza filtro e dice tutto quello che le viene in mente.
Una cosa che ripete spesso è "Che puzza!" anzi come dice lei "Puah! Che cuzza!". E purtroppo lo dice spesso. Il più delle volte io non riesco a sentire il cattivo odore di cui si lamenta e dire che ho il naso fino, allora mi rendo conto che è un privilegio riservato a quelli sotto il metro.
Durante il percorso cantiamo, io cerco di farle vedere cose nuove e interessanti ma a parte le vetrine dei negozi e le cassette di frutta e verdura del verdumaio c'è poco altro. Ogni tanto le faccio notare quelli che parcheggiano male la macchina impedendoci di attraversare con calma la strada. Vorrei almeno farle vedere i fiori di qualche giardino, o qualcosa di colorato e divertente, una girandola, un animale ma stanno tutti in alto fuori dalla sua portata e devo prenderla in braccio.

Lei allora osserva la cacca sui marciapiedi. Prima, reduce dalla vacanza in montagna, la definiva genericamente cacca di mucca (anzi cacca di nucca) ora distingue quella di gatto da quella di cane.
E oggi mi ha stupito, con la tipica ingenuità e semplicità dei bambini ha rimproverato un cane "Vai in bagno, non per strada".

Forse ogni tanto dovremmo cambiare il nostro punto di vista, metterci in ginocchio, fisicamente e metaforicamente, per capire come o cosa vede un bambino, cosa gli facciamo vedere, cosa gli stiamo dando da vedere.
Penso che il risultato sia deludente e triste, per questo la Pop ha trovato come unico ripiego quello di catalogare puzze e cacche.
Non c'è niente da fare, arrivi a un certo punto in cui e mo mi sono un po' stufata pure io.
Dovremmo farci tutti un esame di coscienza e dargli un mondo decisamente migliore a partire dalle piccole cose che incontri tutti i giorni per strada.


mercoledì 16 ottobre 2013

Scampoli di psicologia spiccia

Dov'eravamo rimasti? Come va l'inserimento della piccola? Non è cambiato granchè, siamo al mese 1, giorni 5 da che abbiamo iniziato e stiamo facendo la sconvolgente cifra di ben un'ora e mezzo di permanenza al nido.
Solo da un paio di giorni abbiamo allungato di mezz'ora e questa concessione mi ha dato alla testa, devo ammetterlo, se non altro perchè dopo un'ora ho potuto finalmente allontanare le mie terga dai pressi della scuola invece di passare il tempo seduta sulle panchine del mercato o se piove in macchina. Di tutta questa faccenda c'era solo una cosa di positivo: ho ripreso a leggere. Lo ammetto schifosamente: da gennaio 013 non tocco libro, o meglio sono ferma sempre sullo stesso. Che poi fosse un libro serio o fico da vantarsi in giro mostrando con nonchalance la copertina, invece trattasi di "Una giornata nell'Antica Roma" di Angela Alberto sob.

Ho avuto un altro diverbio con la maestra. C'è poco da fare non ci capiamo, forse non ci piacciamo. Riusciamo a litigare anche quando non c'è niente su cui discutere. Dico bianco e lei capisce nero e viceversa. Non ci siamo. Forse non ci siamo piaciute già dal primo incontro, forse eravamo già prevenute. Fatto sta che lei ha la Pop dalla parte del manico e mi tocca pure non esagerare se non fosse che al contempo il suo lavoro consiste nel maneggiare quello che ho di più caro. Il cane che si morde la coda.

Siamo stati convocati ad un incontro con la direttrice, pardon funzionario educativo, io contro tre maestre e la loro capa. Chiedo l'aiuto da casa e convinco mm a venire con me, almeno mi dà manforte, mi può dire la sua impressione dal vivo e mi può frenare caso mai mi facessi prendere la mano. L'atmosfera è distesa come un calcio negli stinchi, ci salutiamo con la controparte con la stretta di mano, ci diamo del lei. Mio padre a casa mi aveva consigliato "Falle parlare per prime, non cadere nelle loro provocazioni". La direttrice chiede chi è che ha chiesto l'incontro, sono state le maestre ma lei insiste a sentire prima la nostra voce. Ecco m'ha fregata! Non mi sono preparata il discorso, vado a braccio. Forse sbaglio non andando a cuore, quello che avrei voluto dire mi sgorga qualche ora dopo essere uscita da lì.*

Nel frattempo durante l'incontro mi sono sorbita le loro riflessioni.
Hanno osservato Marta, l'hanno fatta vedere pure ad una pediatra e la conclusione è che è arrabbiata.
Pagherei un penny per sapere come fanno a capire in un 8mesenne la differenza fra arrabbiato, triste, malinconico ecc.
Sono giorni che mi riempiono di teorie pseudo-psicologico-comportamentali con relativi rimedi e ne sono veramente colma.

Ne ho piene le palle di rimedi e indicazioni che neanche Tatalucia sotto effetto di droghe pesanti, ma molto pesanti, riuscirebbe a tirar fuori.

a) Bau bau sette La direttrice mi ha detto che a casa dobbiamo lavorare molto sul bau bau sette. All'inizio non capivo a cosa si riferisse. Poi ho capito che si riferiva al bubusettete, di nascondere un oggetto sotto un telo poi tirarlo fuori esclamando la tipica frase in modo che capisca che anche se non lo vede in realtà c'è sempre. Questo è uno dei pochi barbatrucchi che stiamo mettendo in atto ma d'altra parte è un classico gioco che si fa a questa età.

b) Pizza Pizza Marescià Mi ha detto di guardare Marta negli occhi e di parlarle come se parlassi ad un adulto spiegandole che la porto al nido ma poi vado via per andare a comprare la pizza. Al ritorno devo portarle la suddetta pizza. Molto importante: non devo sussurrare nè parlarle da dietro le spalle. Col passare dei giorni sono state fatte delle modifiche al tentativo pizza connection, in particolare all'inizio si è detto che non dovevo dare la pizza davanti agli altri bambini per non farli rosicare, poi si è sorvolato e si è deciso che tutto sommato 'sti cavoli degli altri l'importante era arrivare alla meta. Io sono un po' restia nei confronti di tutti i loro stratagemmi quindi qualche giorno dopo la riunione mi hanno chiesto se stavo attuando la pizza-terapia. Io ho bofonchiato un "Eccome no!" che non le ha convinte molto, allora mi hanno detto che dal giorno dopo tutta la pantomima del mamma va a comprare la pizza devo farla davanti a loro. Finora il risultato è che la mia borsa puzza di pizza unta e che temo Marta fra un po' odierà la pizza.

c) Dudu da da da Mi hanno detto di prendere un dudu e usarlo come oggetto transizionale. Con la calma... il dudu è uno di quei pupazzi che la mamma dovrebbe tenere un po' con sè per fargli prendere il suo odore e dato poi al neonato dovrebbe tranquillizzarlo. Io non ci ho mai creduto a questi feticci. Comunque abbiamo fatto pure questo. La maestra mi ha dato un coniglietto, anche se in realtà chissà come mai continuava a chiamarlo sempre cagnolino, me lo sono messo di mia iniziativa nel reggiseno per due notti e ci ho dormito su. Non ha funzionato, in effetti non ce la vedo nei momenti di astinenza da mamma prendere il pupazzo, usmarlo voracemente come un cane da tartufo e rasserenarsi. Poi da qui a definirlo oggetto transizionale in grado di sostituire la mamma e di calmare il bambino ce ne vuole. Se funzionasse davvero i nidi non esisterebbero ma i bambini starebbero a casa da soli col coniglio. Questo rimedio è stato prontamente accantonato per essere sostituito da...

d) la maglietta di mammà. La maestra euforica e in vena di grandi iniziative me l'ha richiesta precisando:"Anche se non è usata ma fresca di bucato non fa niente, la piccola riconosce il tuo detersivo". No comment....

e) passeggino una mattina la maestra ferocemente mi chiede:"Mica l'avrai tenuta in braccio prima di entrare in classe??" ehm veramente si, sai com'è mica cammina. Allora prontamente è arrivato il potente  barbatrucco: devi venire col passeggino al nido. Ho ribattuto che in realtà abitando non dietro l'angolo vengo in macchina e potrei metterci dentro il passeggino per poi tirarlo fuori e attraversarci la strada ma mi parrebbe una minchiata colossale. La maestra è spazientita e sbuffa.

f) il nonno durante i primissimi giorni una volta è andato mio padre perchè io ero impegnata con l'altra Pop. La maestra ne era entusiasta, ne ha approfittato subito per pugnalarmi precisando come Marta fosse molto più serena con lui che con me e che soffrisse meno il distacco. Poi ha avuto il raffreddore e sono rientrata io in carica. Lei ogni tanto malinconicamente mi chiedeva come stava e se sarebbe tornato, probabilmente non ha mai creduto che fosse stato davvero male ma l'ha visto come un mio tentativo di spodestarlo. Il nonno comunque non ha mai gradito più di tanto questo ruolo anche perchè, come ho avuto modo di appurare vedendone altri, i nonni spesso in queste occasioni soffrono più dei genitori.

g) il papà durante la riunione è stata paventata anche questa ipotesi, prontamente scartata da mm giusto perchè l'orario dalle 10 alle 11 è comodissimo e lavora dall'altra parte della città. 

h) ma tu quando torni a lavoro? Questo è stato il leit motiv della settimana e per il quale ho discusso con la maestra. Non capisco il legame fra inserimento, sue modalità e successo e la data del mio rientro in ufficio. Gli ho detto di pensare al benessere di Marta poi tutto il resto verrà di conseguenza.

i) lasciala ad altri ovvio che un bambino abituato a stare con varie persone avrà meno problemi al nido ma non credo che uno debba pianificare queste occasioni, se capitano bene sennò amen.

l) ciuccio non si è ben capito cosa ne pensano realmente, all'inizio è stato invocato, santificato poi quando stavo quasi per cedere è stato stroncato.


Forse si stava meglio prima quando i bambini erano divisi semplicemente in bravi e somari o al massimo c'era quello che poteva fare di più ma non si applicava a sufficienza. C'erano i buoni e i cattivi.
Ora si psicanalizza tutto, ora ci sono gli iperattivi, quelli col deficit di attenzione, i dislessici, i disgrafici, i disagiati...e i restanti mi verrebbe da chiedere? Ah no quelli sono serial killer e basta.



* Avrei voluto dirle che mi ha ferito sentir definire il mio rapporto con la Pop morboso, che io "faccio" la mamma e in quanto tale dò amore, affetto e coccole. Che quello in cui credo è il babywearing, portare addosso il bambino, allattare ad oltranza finchè ci andrà, dormirci insieme se ci va, avere un rapporto ad altissimo contatto consapevole in questo modo non di viziarla ma di dargle la sicurezza e l'appoggio necessario per permetterle poi di spiccare il volo da sola quando se la sentirà. Sapendo che così l'inserimento al nido non sarà certo più facile ma facendo poi in modo che le cose vadano per il meglio, mettendo lei al centro di tutto.

lunedì 7 ottobre 2013

Per una fotocopia

La Pop grande ha iniziato a mangiare al ristorante, come lo chiamano loro, di scuola in realtà è la mensa con tovaglie tristansuole di carta. 
Ogni brava mamma che si rispetti ha bisogno del foglio del menu settimanale per sapere cosa mangia il bimbo a pranzo per regolarsi su cosa cucinare a cena. D'altra parte una degli aspetti fondamentali su cui, giustamente, insiste il Comune di Roma e su cui ti fa attaccare pippardoni mostruosi dalle pediatre della scuole è la lotta all'obesità infantile, l'importanza di un'alimentazione varia e bilanciata ecc.
Finora al nido non c'era problema, direttamente il personale mi dava la copia del menu stagionale.
Ingenuamente mi aspetto che lo stesso accada anche alla materna, anzi pardon Scuola dell'Infanzia.
C'è un foglio affisso fuori da ogni aula ma io che ho la memoria a brevissimo termine quando varco il portone dell'uscita me ne sono già dimenticata.
Chiedo a una bidella, anzi personale ausiliario de 'sta fava o come si chiamano ora, a proposito se rinasco voglio reincarnarmi in una bidella.
Apro quindi una doverosa parentesi su questi personaggi: quelle che stanno a scuola della Pop sono delle ciccione fellinealmente enormi. Una è proprio grande, 200 chili, l'altra è cicciona e basta, 150 chili. Stanno sempre sedute in corridoio a vigilare non si sa cosa, forse il deserto dei tartari.
Non ho capito bene cosa facciano, visto che le pulizie le fa un'impresa apposita, credo che sorveglino la classe quando la maestra deve assentarsi e forse accompagnano i bambini in bagno.
Ma sono adiposamente simpatiche, delle enormi chiocce. Quando mio padre le ha viste ha esclamato: speriamo non cadano addosso a qualche bambino sennò è la fine. 
Chiedo a una di queste come faccio ad avere il menù e capisco di entrare in un campo minato, ho scoperchiato il vaso di Pandora. ho fatto una domanda scomoda, ho nominato l'innominabile. Lei mi risponde che devo andare in segreteria, inizialmente mi invita anche a desistere tanto il menu è solo estivo e fra un mese si cambia. Appunto fra un mese, fra 30 giorni non domani. Realizzo che la bidella ha una percezione dello scorrere del tempo e dei giorni in maniera tutta sua. Mi specifica allora che la fotocopia devo farla io di persona personalmente.
E va bè si tratta di premere un pulsante, credo di potercela fare.
Vado in segreteria dove incontro l'altra ciccia (ah ma allora si muovono? pensavo vivessero in maniera stanziale con la sedia attaccata al regal deretano!). Ripaleso nuovamente la necessità di avere la copia del menu. La ciccia, che ormai mi conosce e forse mi ha già catalogato come strana o almeno rompiscatole si sta alzando, miracolo, per farmi la fotocopia quando un altro suo parigrado (sospettosamente longilinea) la blocca:"Eh no mica siamo autorizzate a fare fotocopie di questo tipo" come se avessi chiesto un ciclostile della pagina centrale di Playboy. Mi dicono che devo farla io fuori di qui. Ok la prendo, mi chiedo cosa accadrebbe se un genitore venisse dopo di me a chiedere una copia forse gli direbbero "Deve aspettare perchè l'unica copia originale e scolpita su marmo ce l'ha un'altra mamma".

Mm me l'aveva fatta facile: e qual è il problema? Fai una foto col cellulare.
No, io sono di coccio, sono all'antica ed è un mio diritto avere la copia cartacea del menù da appendere sul frigorifero di casa.

Vado al nido della Pop piccola, tanto ormai mi limito a pencolare tra una scuola e l'altra. Lì ho un'ora di attesa che decido di ammazzare facendo 'sta benedetta fotocopia.
In questo nido non si pongono proprio il problema delle fotocopie, a inizio anno avevano affisso un foglio su cui segnare i nomi dei genitori che erano disposte a farle.

Di fronte c'è una copisteria. Entro e c'è un commesso che sta scrivendo un'email per un vecchietto, sembra di essere tornati all'epoca degli scrivani in piazza per chi non sapeva scrivere. Nel frattempo il titolare mi chiede cosa devo fare. Glielo dico e specifica:"Sono dieci centesimi". Fa la sospirata fotocopia, io pago con 5 euro e lui ripete:"Sono 10 centesimi" e io:" Non ho spicci". Allora il tizio si indispone come se avessi fatto tutta questa pantomima per non pagare e dice "Ah no e mica posso darti tutto questo resto. Non la paghi o me li porti domani". Forse voleva essere gentile ma il tono gli è uscito un po' brusco fatto sta che il giorno dopo ho saldato il mio piccolo debito.

Il quartiere devo è ubicato il nido è il popolare Tufello, siamo passati dalla zona bene, alla middle class al Tufello. Ora che ho ben un'ora da spendere per me lo sto esplorando visto che non lo conoscevo proprio.
È un quartiere vivo, pulsante e verace lo si capisce dalle scritte e dai manifesti sui muri, anche su quelli del nido ci sono scritte che chiedono giustizia per Cucchi e tutti gli altri.

Per delle cose sembra di essere stati catapultati in un'altra epoca o in un altro paese. Ci sono negozi in cui entri e non capisci cosa vendano, puoi avere un aiuto solo leggendo l'insegna esterna. Sono entrata in un bar che sembrava tutto tranne quello. Passano macchine con la radio a tutto volume: canzoni napoletane, roba da discoteca. L'età media del quartiere sembra essere 80-85 anni. Lì vicino c'è un mercato, molte saracinesche chiuse, la gente però si saluta per strada, parla seduta a prendere il sole sulle panchine e non solo di calcio per fortuna, commentano i recenti problemi giudiziari di Silvio dicendo filosoficamente:"Ma perchè non more e non ce lascia perde a tutti?". Ci sono tanti anziani a spasso con le badanti e c'è un signore che porta a spasso la moglie sulla sedia a rotelle, lei ha gli occhi azzurri ma persi nel vuoto, lui la accudisce con infinito amore, le massaggia le gambe, le pulisce la bocca, le ripete:"Non stringermi così forte la mano". Chissà cosa tenta di dirgli lei nascosta in quel corpo abbandonato e che non risponde più?


giovedì 26 settembre 2013

Sliding doors

Certe volte mi metto a pensare cosa sarebbe successo se le cose fossero andate in maniera diversa.

Spesso basta un attimo, è questione di un secondo, scelte diverse, coincidenze incastrate, incontri fortuiti.

Ti trovi di fronte a un bivio, scegliere prego la strada di destra o quella di sinistra. In passato delle volte ho seguito il cuore, altre ho tirato la monetina in aria, altre ancora ho annusato l'aria col naso in su e mi sono fatta trasportare dal vento.

Chissà magari è bastato fermarsi un attimo per strada ad allacciarsi la scarpa, chinarsi in giù e in questo modo evitare per un pelo l'incrocio di sguardi che avrebbe cambiato la vita.

Scegliere il vestito sbagliato per quell'occasione, non mettere quell'indumento porta-fortuna, dare invece retta a quella maglia che faceva capolino dall'armadio.

La porta della metropolitana che si chiude all'ultimo istante e ci impedisce di salire o al contrario quando sembra riaprirsi miracolosamente per farci entrare.
L'ascensore guasto che ci costringe a fare tutte le scale di corsa, il semaforo rosso che ci ferma e ci fa ritardare l'incontro col destino.


Tanto non cambia nulla. Tutto è stato già scritto e deciso. Cosa sarebbe successo se...

Forse si tratta solo di un gioco, di un modo per perdere tempo ad inseguire pensieri astratti.
Eppure mi piace, mi diverte, sotto sotto è un modo anche per sapere se ho fatto le scelte giuste e di immaginare scenari di vita diversi.

Chissà forse quel giorno se avessi detto sì anzichè no (o viceversa) sarebbe stato tutto diverso. O forse no sarebbe andata lo stesso così. Perchè tanto se deve andare in un verso andrà necessariamente così.

Per non parlare poi di quando si finisce la frase con: lui sarebbe ancora qui. Pensieri, fantasie ad occhi aperti che fanno solo star male e basta.

Scelte importanti, decisive.
Non c'è l'aiuto da casa, nè il 50 e 50.
Non c'è poi il ctrl-z per resettare il tutto.
Ci vuole coraggio a buttarsi nel vuoto, ad occhi bendati come in una roulette russa, fare la scelta giusta e che ce la mandi bona.

Ma ci vuole pure tanto culo.

In passato le mie scelte legate alla formazione e al lavoro non sono andate mai di pari passo con le mie vicende personali, anzi hanno fatto di tutto per farle cozzare.

Ero pronta a partire per Milano per fare un non ben definito corso regionale. In realtà era la scusa per avvicinarmi a un tale. Ovviamente non mi hanno preso e le mie belle speranze sono finite lì.
L'anno seguente quando avevo trovato la felicità qui ho rifatto la domanda più che altro per coerenza con me stessa e il mondo intero e ovviamente sono stata presa. Sempre per coerenza sono partita ed è stata la base per il mio lavoro.
Poi sono stata subito assunta e mi sono trasferita a Firenze da cui volevo scappare per tornare a Roma. Ovviamente solo quando ormai mi trovavo benone lì mi hanno contattato dalla Capitale per un nuovo lavoro. Dove poi ho conosciuto mm e senza il quale tutto questo non ci sarebbe stato, niente Pop, niente di niente.

Cosa sarebbe successo invece se...chi può dirlo? Non lo so ma l'attuale mi piace assai!

martedì 24 settembre 2013

Tirreno vs Adriatico

Da un po' di anni frequentiamo balnearmente sia il lato Adriatico che Tirreno delle nostre coste. 
Ci sono alcune differenze abissali che quasi non sembra di essere nella stessa nazione, in posti lontani qualche centinaia di chilometri.

Eppure la situazione è questa:

Sulla costiera Adriatica i bagnini hanno la postazione con torretta tipo Baywatch, sono attrezzatissimi, stanno sempre di vedetta pronti ad intervenire, che poi il fondale è bassissimo e il mare sarà lievemente increspato al massimo tre giorni l'anno.



Questa è la futuristica e moderna moto d'acqua che usano per i salvataggi con tanto di lettiga galleggiante.


Sul Tirreno siamo messi invece così o meglio ancora così

Col pattino a remi che per venirti a salvare devono usare forza di braccia e il bagnino sta su una sedia sotto l'ombrellone il più delle volte impegnato in smanettamenti col cellulare.



Sull'Adriatico i chioschi che vendono bibite, gelati e granite sono veri e propri bar itineranti, su ruote ma trasportati con una specie di motore.
Sono puliti, organizzati e rilasciano pure regolare scontrino fiscale.

Da noi sono così: spinti a braccia e va bè sorvoliamo su tutto il resto...



Sull'Adriatico legano con delle corde i lettini all'ombrellone per evitare che la gente li sparga per ogni dove, sembra un'inezia ma non lo è. Provate ad andare in spiaggia in orari diversi dal vostro solito, troverete gli accessori del vostro ombrellone sparsi per la spiaggia presi in prestito dai vostri vicini approfittando della vostra assenza.

In Adriatico le docce, i bagni, le fontanelle per lavarsi i piedi sono liberi per tutti.

Sorvoliamo che da noi una doccia definita calda ma in realtà è a temperatura ambiente e costa 0.50 euri.

In Adriatico lo skyline che si può ammirare dalla spiaggia è questo: palazzoni e hotel.








In Adriatico la distanza della prima fila di ombrelloni dal mare è questa:




Lo spazio fra essa e il mare è libero per i fagottari che mettono il telo sulla sabbia.
Da noi vengono cacciati e rilegati in fazzoletti di sporche spiagge libere, qui sono quasi privilegiati.

Insomma da questo sommario confronto sembra che il Tirreno ne esca decisamente sconfitto.

Eppure in Adriatico il mare è drammaticamente così



mentre da noi è così