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giovedì 26 settembre 2013

Sliding doors

Certe volte mi metto a pensare cosa sarebbe successo se le cose fossero andate in maniera diversa.

Spesso basta un attimo, è questione di un secondo, scelte diverse, coincidenze incastrate, incontri fortuiti.

Ti trovi di fronte a un bivio, scegliere prego la strada di destra o quella di sinistra. In passato delle volte ho seguito il cuore, altre ho tirato la monetina in aria, altre ancora ho annusato l'aria col naso in su e mi sono fatta trasportare dal vento.

Chissà magari è bastato fermarsi un attimo per strada ad allacciarsi la scarpa, chinarsi in giù e in questo modo evitare per un pelo l'incrocio di sguardi che avrebbe cambiato la vita.

Scegliere il vestito sbagliato per quell'occasione, non mettere quell'indumento porta-fortuna, dare invece retta a quella maglia che faceva capolino dall'armadio.

La porta della metropolitana che si chiude all'ultimo istante e ci impedisce di salire o al contrario quando sembra riaprirsi miracolosamente per farci entrare.
L'ascensore guasto che ci costringe a fare tutte le scale di corsa, il semaforo rosso che ci ferma e ci fa ritardare l'incontro col destino.


Tanto non cambia nulla. Tutto è stato già scritto e deciso. Cosa sarebbe successo se...

Forse si tratta solo di un gioco, di un modo per perdere tempo ad inseguire pensieri astratti.
Eppure mi piace, mi diverte, sotto sotto è un modo anche per sapere se ho fatto le scelte giuste e di immaginare scenari di vita diversi.

Chissà forse quel giorno se avessi detto sì anzichè no (o viceversa) sarebbe stato tutto diverso. O forse no sarebbe andata lo stesso così. Perchè tanto se deve andare in un verso andrà necessariamente così.

Per non parlare poi di quando si finisce la frase con: lui sarebbe ancora qui. Pensieri, fantasie ad occhi aperti che fanno solo star male e basta.

Scelte importanti, decisive.
Non c'è l'aiuto da casa, nè il 50 e 50.
Non c'è poi il ctrl-z per resettare il tutto.
Ci vuole coraggio a buttarsi nel vuoto, ad occhi bendati come in una roulette russa, fare la scelta giusta e che ce la mandi bona.

Ma ci vuole pure tanto culo.

In passato le mie scelte legate alla formazione e al lavoro non sono andate mai di pari passo con le mie vicende personali, anzi hanno fatto di tutto per farle cozzare.

Ero pronta a partire per Milano per fare un non ben definito corso regionale. In realtà era la scusa per avvicinarmi a un tale. Ovviamente non mi hanno preso e le mie belle speranze sono finite lì.
L'anno seguente quando avevo trovato la felicità qui ho rifatto la domanda più che altro per coerenza con me stessa e il mondo intero e ovviamente sono stata presa. Sempre per coerenza sono partita ed è stata la base per il mio lavoro.
Poi sono stata subito assunta e mi sono trasferita a Firenze da cui volevo scappare per tornare a Roma. Ovviamente solo quando ormai mi trovavo benone lì mi hanno contattato dalla Capitale per un nuovo lavoro. Dove poi ho conosciuto mm e senza il quale tutto questo non ci sarebbe stato, niente Pop, niente di niente.

Cosa sarebbe successo invece se...chi può dirlo? Non lo so ma l'attuale mi piace assai!

martedì 24 settembre 2013

Tirreno vs Adriatico

Da un po' di anni frequentiamo balnearmente sia il lato Adriatico che Tirreno delle nostre coste. 
Ci sono alcune differenze abissali che quasi non sembra di essere nella stessa nazione, in posti lontani qualche centinaia di chilometri.

Eppure la situazione è questa:

Sulla costiera Adriatica i bagnini hanno la postazione con torretta tipo Baywatch, sono attrezzatissimi, stanno sempre di vedetta pronti ad intervenire, che poi il fondale è bassissimo e il mare sarà lievemente increspato al massimo tre giorni l'anno.



Questa è la futuristica e moderna moto d'acqua che usano per i salvataggi con tanto di lettiga galleggiante.


Sul Tirreno siamo messi invece così o meglio ancora così

Col pattino a remi che per venirti a salvare devono usare forza di braccia e il bagnino sta su una sedia sotto l'ombrellone il più delle volte impegnato in smanettamenti col cellulare.



Sull'Adriatico i chioschi che vendono bibite, gelati e granite sono veri e propri bar itineranti, su ruote ma trasportati con una specie di motore.
Sono puliti, organizzati e rilasciano pure regolare scontrino fiscale.

Da noi sono così: spinti a braccia e va bè sorvoliamo su tutto il resto...



Sull'Adriatico legano con delle corde i lettini all'ombrellone per evitare che la gente li sparga per ogni dove, sembra un'inezia ma non lo è. Provate ad andare in spiaggia in orari diversi dal vostro solito, troverete gli accessori del vostro ombrellone sparsi per la spiaggia presi in prestito dai vostri vicini approfittando della vostra assenza.

In Adriatico le docce, i bagni, le fontanelle per lavarsi i piedi sono liberi per tutti.

Sorvoliamo che da noi una doccia definita calda ma in realtà è a temperatura ambiente e costa 0.50 euri.

In Adriatico lo skyline che si può ammirare dalla spiaggia è questo: palazzoni e hotel.








In Adriatico la distanza della prima fila di ombrelloni dal mare è questa:




Lo spazio fra essa e il mare è libero per i fagottari che mettono il telo sulla sabbia.
Da noi vengono cacciati e rilegati in fazzoletti di sporche spiagge libere, qui sono quasi privilegiati.

Insomma da questo sommario confronto sembra che il Tirreno ne esca decisamente sconfitto.

Eppure in Adriatico il mare è drammaticamente così



mentre da noi è così





giovedì 19 settembre 2013

Nun ce provà

A me l'inserimento mi devasta.
L'ho già scritto in passato e non posso che confermarlo.
Cambiano le Pop, passano gli anni ma mi devasta lo stesso.
Ah già dimenticavo...specifico, tanto ormai lo si dà come termine acquisito e conosciuto, l'inserimento al nido, alla materna o a quello che è, forse anche al liceo sarà la stessa cosa, tanto non temete fra qualche anno lo metteranno obbligatorio anche per le scuole superiori.
Forse l'ho già scritto ma vorrei chiedere di barattare la data del mio compleanno in un periodo un po' più neutro e che non coincida sempre con l'inizio delle scuole e il tanto famigerato inserimento.

Quest'anno poi ne ho due in contemporanea: Marta al nido e Alice alla materna. 
Deliziosamente coincidenti nei giorni e negli orari, giusto perchè mi avevano assicurato quando avevo ventilato il problema "Non ti preoccupare poi ci organizziamo", l'organizzarsi ho scoperto che consiste in: noi ti diamo gli orari, tu ti arrangi ma vedi di esserci.

Nuovi ambienti, nuove persone, nuove dinamiche, nuove relazioni.

In che consiste l'inserimento? Si fa in genere un incontro individuale con le maestre in cui si raccontano le abitudini del bambino e poi si inizia, si entra in classe con lui per fargli prendere confidenza con l'ambiente e poi lo si lascia solo con loro all'inizio qualche minuto poi a crescere.

Con Alice ho fatto due inserimenti lunghi e travagliati, uno in un asilo privato e uno in un privato convenzionato, in cui ero quasi arrivata a rinunciare per poi tenere duro e finalmente vederla andare felice al nido.

Il nido di Marta è comunale ed è in un quartiere verace e popolare. La struttura da fuori non ispira molto ma visitandola dentro invece è bella: ampi locali, cortili e poi finalmente c'è il sole che entra dalle finestre, un lusso sconosciuto finora!
A giugno ci hanno convocati per un incontro, pensavo si trattasse del solito individuale invece mi sono ritrovata in una mega riunione con tutti i genitori dei nuovi iscritti piccoli, grandi e medi, alcuni addirittura si sono portati pure i figli dietro. Era una bolgia terrificante: la direttrice che spiegava come funzionava, i genitori alla prima esperienza nido che facevano sempre le stesse domande assurde e ponevano il caso del proprio figlio in primo piano "Il mio Paolino è intollerante al lattosio", i piccoli che urlavano. È stato un approccio un po' terrificante e soprattutto di utilità pari a zero visto che non si capiva nulla.
Di certo il personale ha tenuto a ripetere più volte che l'uscita è alle 16.30 ma bisogna arrivare almeno un quarto d'ora prima perchè per l'ora x le maestre devono avere già timbrato ed essere pronte sull'uscio. Poi bisogna assolutamente portare i bambini entro le 9.00 non, come si era detto sinora, perchè si interrompe la didattica ma per dare loro la possibilità di chiamare una sostituta una volta accertato il numero esatto dei bambini presenti.
Inoltre hanno ben sottolineato la possibilità di dare un "contributo volontario" di 5 euri al mese perchè la scuola non ha soldi ecc. Con questi in passato si sono comprate le sedie che non si ribaltano, si è sistemato il giardino dei piccoli.
Erano molto chiari i nostri doveri e le esigenze del personale ma i diritti dei bambini? Mah...
Tra il vociare sono riuscita ad afferrare anche un panegirico della direttrice sulla scarsa igiene dei bambini: li portano con i pannolini della notte, capelli lunghi, body di tre giorni, pappagorgia sporca di cibo...e conseguente minaccia di chiamare l'ufficio di igiene. Anche in questo caso veniva sottolineato più che altro lo scarso rispetto nei confronti del personale che si trova di fronte bambini in questo stato.

Poi si è pensato bene di procedere con gli incontri individuali senza un minimo di organizzazione, ovviamente a me è toccato per ultima visto che tutti mi sono passati avanti anteponendo le più disparate urgenze. Il colloquio è consistito in una serie di domande di prassi che le maestre hanno annotato con aria svogliata voglia de lavorà salteme addosso

. Alcune sono di prassi ma stento ancora a capirle tipo: come è andata la gravidanza?
Poi continuando con le domande mi hanno chiesto come è andato l'allattamento, sottintendendo che è una cosa ormai terminata e io secca rispondo "È ancora in corso". Gli dico che faccio autosvezzamento e noto le loro facce perplesse. Non ne sanno nulla. Gli accenno qualcosa, in sostanza Marta mangia il cibo nostro solo che fatto in piccoli pezzetti, sembrano capire anche se sono un po' stupite. Ma alla fine mi chiedono perplesse "Ah ma quindi mangia pure l'uovo?". Ok non hanno capito nulla. Poi gli dico che non prende il ciuccio nè il biberon. Sono smarrite, attonite, hanno trovato quella "strana". Io sono sconfortata, persone che hanno a che fare con i bambini, che lavorano in un nido e non hanno mai sentito parlare di queste cose neanche per cultura personale e si tratta pure di ragazze più giovani di me, è davvero avvilente.
Alla fine l'unica domanda che tutti i genitori legittimamente si ponevano era: ok ma quando si comincia? Non erano in grado di dirlo, tutto dipendeva dalla graduatoria che al momento non si trovava. Ci avrebbero fatto sapere.

Finalmente iniziamo questo benedetto inserimento.
Ogni nido ha le proprie modalità ma a me pare che ogni anno vada sempre peggio.
Abbiamo iniziato con mezz'ora con me dentro. Di positivo c'era che eravamo solo noi e un altro bambino quindi una situazione molto tranquilla. Visto che il nido è verace e un po' peones per rilassarsi hanno messo la musica degli indiani un po' new age e beauty center quelle tipo "Ella e la ella la" poi dopo un paio di giorni hanno ripiegato su banali canzoni da bambini.
Le maestre non provavano neanche ad interagire con Marta, stavano in disparte, anzi quando lei gli sorrideva loro facevano le vaghe.
Siamo andate avanti così per una settimana. Durante gli inserimenti poi una regola aurea è che il lunedì e il venerdì non si apportano novità.
Dopo una settimana hanno iniziato a prenderla in braccio a giocarci un po'.
E sono arrivate le prime sentenze: tu e la bimba siete troppo legate, siete in simbiosi, lei si consola solo con te. Tutte considerazioni alle quali mi viene da rispondere grazie-ar-ca... considerando che ha 8 mesi.
La maestra dice che Marta deve essere più indipendente, per il suo benessere ovviamente, che devo aiutarle nel loro compito assentandomi un po' da casa, non stando sempre con lei, lasciandola con altre persone, creando un oggetto transizionale, un pupazzetto col mio odore che possa sostituirmi quando io non ci sono per consolarla. Di non abbracciarla e baciarla quando piange.

La mia considerazione è:
oh educatrice del nido comunale io capisco benissimo che cerchi la strada più semplice, vuoi evitarti rogne e problemi e sarebbe tutto molto più facile per te se il bambino si presentasse da te già autonomo e indipendente, che lo metti a giocare sul tappetone e lui sta lì buono e non ti rompe le scatole.
Ma ti prego non venirmi a sentenziare con termini presi in prestito dal manuale del perfetto pedagogo da due lire che dietro a baci, abbracci, coccole scambiate fra madre e figlia, si nasconda chissà che attaccamento morboso e patologico.
Nun ce provà!
Io tutto questo lo chiamo semplicemente amore. Tu come lo chiami?

Marta ha come unico rifugio le mie braccia, il mio collo, il mio odore. Nient'altro. Lei si calma e si rilassa con me come milioni di bambini hanno fatto e faranno finora nel mondo. A me sta bene così.

Non è un mio problema, non sono certo io che devo darle meno coccole e meno amore per abituarla a quello che troverà lì fuori.

E siamo solo all'inizio. Anno 1 del giorno 9 di nido di Marta.


domenica 15 settembre 2013

Verso il sole

Un giorno come tanti in spiaggia.
Una ragazza, carina e giovane, si fa da sola le foto col cellulare, si mette in posa tirando in dentro la pancia e più in fuori possibile le tette. Si atteggia da diva, pose da pinup, poi chiede pure aiuto alle vicine di ombrellone per farsi scattare le foto. Non le interessa il mare di sfondo, la sabbia, l'importante è che si veda lei. Chissà su quale spiaggia caraibica racconta di essere in vacanza e chissà se dice che invece sta lavorando.
Riesce a strapparmi un sorriso per la sua freschezza e bimbominkiaggine.
Fa quello che fanno le ragazze della sua età, sta sempre col cellulare in mano, ascolta musica, fa foto, manda sms alla velocità della luce e telefona.

Peccato che stia appunto lavorando, che faccia la babysitter e fra un sms e una foto non si è accorta che la bimba che dovrebbe accudire si è svegliata già da un pezzo, si è sgranchita a destra e a sinistra e ha trovato pure il tempo di rotolarsi cadendo giù dal lettino e finendo con la faccia nella sabbia.
La ragazza si è svegliata dal torpore ed è intervenuta prontamente lavando il viso della bimba con un po' di acqua.

Come spesso accade in questi casi solo io ho osservato l'intera scena.
Mi si è gelato il sangue nelle vene.
Era da un po' che la osservavo. Quando si diventa mamme lo si diventa un po' di tutti i bambini. Vado in allarme quando ne vedo uno girovagare da solo e cerco subito di capire con chi sta o quando ne vedo uno piangere o urlare.
Mi ero accorta che la piccola si stava svegliando e che la tizia invece continuava a traccheggiare col cellulare.

Capita in spiaggia di far dormire i bimbi sui lettini, è bello, sotto l'ombra dell'ombrellone, con il venticello del mare a fargli compagnia.
Capita anche di approfittarne per fare altro e ognuno si ingegna come può mettendo intorno una serie di oggetti per fare da paracolpi.
Una signora accennò anche ad una interessante alternativa di farli dormire direttamente per terra sulla sabbia ma non ottenne molto seguito.
Capita anche di allontanarsi per fare il bagno, ho accennato di questa usanza sul forum ed è scattato l'allarme perchè potrebbe paventarsi il reato di abbandono di minore. In realtà nel nostro stabilimento è tutto molto easy, gli ombrelloni stanno uno appiccicato all'altro e ci si conosce un po' tutti. Se una si allontana, tacitamente gli altri se ne accorgono e se il dormiente si sveglia o si agita un po' parte tutta una rete di sguardi e gesti che avvertono la mamma, se non se ne è accorta già da sola.

Capita di distrarsi, capita e basta un momento...ma non può e non deve succedere se è il tuo lavoro e forse la cosa che mi ha dato più fastidio è che la distrazione sia dovuta a un momento bimbominkia.
Io, guardando la scena, sono rimasta senza parole, ad osservare quella bimba della stessa età di Marta mi sono immedesimata all'istante e mi è salita una rabbia mista ad impotenza.

Ora il dilemma era: farsi gli affari propri o dire cosa avevo visto?
Tutto sommato la bimba non si era fatta nulla, solo un po' di spavento, aveva pianto un po' e poi le era passata, le era andata bene, e se le fosse entrata la sabbia in bocca o negli occhi?
Con la mamma avevo poca confidenza, ci salutavamo e ci siamo scambiate qualche chiacchiera da spiaggia.
Con la ragazza ci avevo parlato un po' di più, lei mi aveva attaccato bottone chiedendomi speranzosa se io fossi una babysitter e poi se fossi sudamericana per trovare finalmente qualcuno con cui parlare nella sua lingua. Ogni tanto mi confidava che aveva tanta voglia di farsi un bel bagno in mare in santa pace, le stava stretto quel lavoro, le toglieva il respiro, la giovinezza, l'entusiasmo.
Mi sono messa nei panni della madre: cosa avrei preferito io al suo posto? Sapere tutto ad ogni costo, anche se in fin dei conti non era successo nulla di grave? E se così avessi messo in discussione un rapporto di fiducia signora-baby sitter che magari si era costruito negli anni?

Alla fine ho scelto la via di mezzo: l'ho detto alla migliore amica della mamma dicendole di decidere lei cosa fare e cosa dire visto che la conosce senz'altro meglio e sa quale è la soluzione migliore. Lei mi ha risposto che era inutile raccontare tutto l'accaduto e allarmarla senza motivo, l'avrebbe però messa in guardia sul comportamento distratto della ragazza che tanto avevano già notato un po' tutti.
Ero conscia del fatto che saputo il fatto la baby sitter avrebbe facilmente capito che ero stata io a spifferare l'accaduto.

Da quel momento in poi è successo un po' di tutto. All'inizio la ragazza mi è venuta a confessare ridendo (?) che la bambina le era caduta, poi i giorni seguenti mi è sembrato che mi evitasse fino agli ultimi giorni in cui mi ha confidato che qualcuno l'aveva raccontato alla signora ma anche sfogandosi con me su come è duro questo lavoro, su quanto è sottopagata ecc. Mi ha aperto gli occhi sul loro mondo di lavoro h24, in cui non sei solo babysitter ma sei tutto: falegname, giardiniera, cuoca, cameriera ma anche confidente, psicologa ecc. In cui la tua vita privata non esiste più, non esistono quasi più ferie, riposi e permessi ma sei totalmente e incondizionatamente devota alla famiglia che ti ha assunto.

Alla fine della fiera non ho ancora capito se ho fatto bene o ho fatto male, se la spia fatta a fin di bene vale oppure no. So solo che mi sono infilata in un nuovo codazzo di "si dice e non si dice" e di regole di fight club violate tanto che alla fine mi ero stufata e avrei voluto chiarire con la ragazza, dirle che ero stata io e consigliarle di cambiare mestiere. Non mi è stato possibile, magari è già andata via, di sua scelta come aveva già deciso di fare.
Verso il sole come tanto desiderava. Come il nome che porta che pensavo rimandasse al sole e invece solo ora mi rendo conto che significa solitudine.



domenica 8 settembre 2013

Estate 013

Un'estate che sarà ricordata (da me) come quella segnata dalle più lunghe vacanze mai fatte: due mesi tondi tondi.

La prima in quattro, la prima io con le due Pop.
Marta che sta seduta, Alice sempre in acqua.
Alice che si appassiona alla baby dance, si scatena dimenandosi in maniera alquanto tamarra ma andando incredibilmente a tempo, io pure mi diverto ballando con lei e solo così riesco ad aggiornarmi sui tormentoni dell'estate.
In spiaggia invece basta un secondo per perderla di vista e provare terrore puro e goccioline fredde lungo la schiena.
L'estate in cui si esce per andare a mangiare sempre nella solita pizzeria, perchè pare sia l'unica a misura di bambino, solo perchè ha una grande palco dismesso, ricordo del suo passato da arena, per farli pascolare, a proprio rischio e pericolo ovviamente.
In cui si sono sovvertite tutte le regole e fatti mille tentativi: si mangia a casa, si fa la doccia a casa, si dorme a casa per poi passare alla soluzione degli ultimi giorni: si sta in spiaggia ad oltranza fino al tramonto, per pranzo c'è la schiscetta e la doccia se ci riusciamo bene sennò amen.
In cui i bagni al mare che mi sono fatta da sola in realtà erano l'unico modo che avevo per  riuscire a fare pipì più che per rinfrescarmi.

L'estate su cui ogni tanto mi interrogo "Ma come sarebbe andata se invece..."?
La prima senza il nonno G., il cui ricordo sembra essere stato spazzato via violentemente, è successo tutto così in fretta che quasi mi pare non sia mai esistito, tutto fagocitato dal poi. 
Quella in cui pensavo: "Ah si quest'anno ci ammazziamo dal divertimento" e poi mi sono ritrovata a parlare con il palo dell'ombrellone provandoci pure gusto.
L'estate di "Ti devo insegnare l'educazione che significa comportarsi bene e la prima regola è salutare gli altri". Comportamenti dissociati.

L'estate in cui forse c'è stato meno grano ma che nonostante tutto non abbiamo badato a spese come gli orchestrali del Titanic, se proprio dobbiamo andare a fondo almeno lo faremo cantando e ballando!

L'estate in cui ogni tanto scappavamo a Roma per qualche commissione o qualche urgenza ad esempio per dare il benvenuto alla vita al piccolo Juri.

Ma alla fine il posto in cui si sta meglio e a proprio agio è solo CASA.
E dopo aver girato in lungo e in largo di nuovo quest'anno il tornare a casa è stato incredibilmente piacevole. Io ogni volta devo riprendere confidenza con gli spazi e gli oggetti  della casa e rimango sempre stupita di quanto mi sembrino grandi le camere.
Tornare a casa mi ha permesso di formulare tanti buoni propositi e di apprezzare quello che ho, mi ha dato la possibilità di fare pace con quello che non mi piaceva più tanto, perchè alla fine la lontananza fa apprezzare molto di più le cose che ti circondano e per le altre, quelle che sembrano proprio non andarmi giù almeno ho la motivazione e lo sprint di provare a cambiarle.

Sento che questa estate ha segnato uno stacco tra il prima e il dopo, quello che era e non sarà più. La sensazione un po' malinconica della fine della stagione, degli ombrelloni che si chiudono e vengono messi via, del sole che tramonta prima ed è meno forte lascia lo spazio a riflessioni e considerazioni personali. O forse non succederà nulla, non cambierà nulla e l'anno prossimo tutti i soliti clichè si ripeteranno come nulla fosse, nonostante tutto, nonostante noi.