Un tranquillo e piacevole weekend lungo in compagnia di amici conosciuti in vacanza è stata l'occasione per fare un salto indietro ma di parecchio.
Per tornare a quella tradizione della civiltà contadina buona, di un tempo che in realtà non abbiamo mai conosciuto ma forse di cui sentiamo il bisogno e che cerchiamo di ricreare.
Siamo stati invitati al pranzo della domenica. In realtà non è stato un invito, la domenica da sempre si pranza in famiglia, è così e basta, e se ci sono amici ospiti di qualcuno di famiglia è scontato che ci siano pure loro. Quindi ci si ritrova a casa dei nonni con la capostipite che prepara un pasto per almeno una quindicina di persone.
Ovviamente proibito portare dolci o altri generi alimentari in dono altrimenti si offenderebbe e lo stesso in realtà dicasi per altri regali.
All'inizio proviamo a svincolarci da questo impegno per non essere troppo invadenti, per non arrecare disturbo ma poi ci rendiamo conto che si fa così, ci dobbiamo essere e siamo subito inglobati e accolti nella loro famiglia.
Arriviamo nella casa di campagna dei nonni, la signora è in cucina a infornare, impastare, tutto a mano ovviamente. Viene apparecchiata una lunga tavola nel grande salone, non possiamo neanche aiutare, veniamo prontamente messi a riposo.
Ricordo una tavola semplice: una tovaglia a quadretti forse, bicchieri e posate semplici, senza fronzoli, pratici forse anche di vari assortimenti.
Ricordo una tavola semplice: una tovaglia a quadretti forse, bicchieri e posate semplici, senza fronzoli, pratici forse anche di vari assortimenti.
Capiamo subito che questo pranzo inizierà tardi, molto tardi, perchè il giorno dopo dicono che pioverà quindi è necessario fare tutti i lavori in campagna subito anche se è domenica. Abbiamo fame, si sentono dei profumi buonissimi venire dalla cucina, dal forno a legna, ma dobbiamo aspettare che arrivino tutti. Alla spicciolata vengono le nuore, le nipoti e tutti si danno da fare come se avessero già compiti prestabiliti, collaudati da anni di convivenza insieme. Poi verso le due arrivano i lavoratori dalla campagna: il nonno, i figli, i nipoti. Si lavano in fretta e poi tutti a tavola. Il nonno occupa il posto a capotavola, le donne si siedono da un lato vicino alla cucina, gli uomini di fronte, solo noi ci mettiamo dove capita. Si inizia il pranzo, il nonno fa una preghiera e benedice il cibo, ringrazia Dio, ringrazia la natura di essere stata così generosa. Non mi ero aspettata questa consuetudine, sono in imbarazzo e non so cosa fare. Tengo gli occhi bassi e mormoro:"Grazie!".
Il pranzo ha inizio, sfilano davanti ai nostri occhi mozzarelle e burrata casalinghe, focacce, saporiti pomodori, pasta al sugo, gnocchi, involtini, vino fatto in casa...sapori buoni, genuini, di altri tempi. Già ma chi li ha conosciuti poi questi tempi? Forse solo dai racconti dei nonni o dei genitori o ci piace immaginarceli in un certo modo. Certo che sanno di buono, di scorrere lento del tempo, di alternanza delle stagioni, di scrutare il cielo a naso in su e sperare che ci accompagni, di sfiorare una spiga di grano e saggiarne la consistenza.
Sentiamo i loro discorsi si parla della campagna, del tempo, variabile fondamentale, ci si preoccupa per le mucche che stanno partorendo e per la pioggia in arrivo. Ci si occupa della terra con amore e cura perchè solo così potrà donare frutti e prodotti buoni e preziosi.
Vedo le loro mani piagate dal lavoro, i solchi sui visi cotti dal sole.
In ogni masseria c'è un ulivo millenario che sorveglia e protegge la casa e la famiglia.
Il nonno in realtà non parla mai ma si capisce che decide tutto lui e il rispetto nei suoi confronti ovviamente è massimo da parte di tutti.
Mi incuriosisce osservare i ragazzi, sono educatissimi, discreti ma gentili, quasi hanno paura ad incrociare il nostro sguardo.
Troppo facile giungere ad affrettate conclusioni del tipo, questi sì che hanno la testa sulle spalle non come i teenager di città persi dietro al tablet, shottini e robe varie. Forse già solo il fatto di alzarsi la mattina alle 4 per andare a lavorare in campagna leva molti grilli per la testa e fa concentrare su cose più serie o almeno ti impedisce di finire in quella noia che porta spesso ad avere comportamenti scemi. Non sono ragazzi che vivono isolati ma anzi hanno il cellulare, hanno idee chiare, lavorano la terra ma studiano pure agraria, le ragazze vanno all'università.
Li osservo e li ammiro, percepisco che si sentono davvero parte di una famiglia, che si lavora tutti per un progetto comune, per amore, forse per tradizione ma non certo per dovere. Sento vivi il rispetto per gli anziani, per gli ospiti, la convivialità, il dividere le proprie cose con gli altri, l'amore per la terra, per il proprio lavoro...è tutto bellissimo ma lo sento molto lontano da noi, anzi mi chiedo se mai ci sono appartenuti questi valori.
Alla fine del pranzo dobbiamo ripartire per Roma, ci alziamo da tavola satolli e salutiamo tutti con quella strana sensazione di non sapere davvero se ci rivedremo visti i tanti chilometri che ci separano ma con la consapevolezza di essere stati davvero accolti in questa grande famiglia e di aver potuto condividere con loro un fine settimana davvero diverso e speciale.
Il pranzo ha inizio, sfilano davanti ai nostri occhi mozzarelle e burrata casalinghe, focacce, saporiti pomodori, pasta al sugo, gnocchi, involtini, vino fatto in casa...sapori buoni, genuini, di altri tempi. Già ma chi li ha conosciuti poi questi tempi? Forse solo dai racconti dei nonni o dei genitori o ci piace immaginarceli in un certo modo. Certo che sanno di buono, di scorrere lento del tempo, di alternanza delle stagioni, di scrutare il cielo a naso in su e sperare che ci accompagni, di sfiorare una spiga di grano e saggiarne la consistenza.
Sentiamo i loro discorsi si parla della campagna, del tempo, variabile fondamentale, ci si preoccupa per le mucche che stanno partorendo e per la pioggia in arrivo. Ci si occupa della terra con amore e cura perchè solo così potrà donare frutti e prodotti buoni e preziosi.
Vedo le loro mani piagate dal lavoro, i solchi sui visi cotti dal sole.
In ogni masseria c'è un ulivo millenario che sorveglia e protegge la casa e la famiglia.
Mi incuriosisce osservare i ragazzi, sono educatissimi, discreti ma gentili, quasi hanno paura ad incrociare il nostro sguardo.
Troppo facile giungere ad affrettate conclusioni del tipo, questi sì che hanno la testa sulle spalle non come i teenager di città persi dietro al tablet, shottini e robe varie. Forse già solo il fatto di alzarsi la mattina alle 4 per andare a lavorare in campagna leva molti grilli per la testa e fa concentrare su cose più serie o almeno ti impedisce di finire in quella noia che porta spesso ad avere comportamenti scemi. Non sono ragazzi che vivono isolati ma anzi hanno il cellulare, hanno idee chiare, lavorano la terra ma studiano pure agraria, le ragazze vanno all'università.
Li osservo e li ammiro, percepisco che si sentono davvero parte di una famiglia, che si lavora tutti per un progetto comune, per amore, forse per tradizione ma non certo per dovere. Sento vivi il rispetto per gli anziani, per gli ospiti, la convivialità, il dividere le proprie cose con gli altri, l'amore per la terra, per il proprio lavoro...è tutto bellissimo ma lo sento molto lontano da noi, anzi mi chiedo se mai ci sono appartenuti questi valori.
Alla fine del pranzo dobbiamo ripartire per Roma, ci alziamo da tavola satolli e salutiamo tutti con quella strana sensazione di non sapere davvero se ci rivedremo visti i tanti chilometri che ci separano ma con la consapevolezza di essere stati davvero accolti in questa grande famiglia e di aver potuto condividere con loro un fine settimana davvero diverso e speciale.
La prima parte:
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