Questa estate rimarrà nei miei ricordi anche per un fatto strano che è accaduto.
Sono stata per un mese e mezzo al mare, ho vissuto quasi in una bolla, lontano dalla città, senza macchina, vivendo in simbiosi io&le Pop. Aspettavo il ritorno di mm da Roma come quando nel far west si aspettava l'arrivo della diligenza per avere generi di conforto e notizie dalla Capitale.
Devo dire che si stava bene lontano da tutto e tutti, con l'eco delle notizie (ma quali notizie poi?) dei tg che arrivava da lontano.
Un giorno il mio trait d'union (mm, sempre lui) con la civiltà, col resto del mondo che era rimasto appunto lì fuori, mi fa:"Ti ha cercata al telefono una tizia in ufficio. Dice di essere una tua compagna di università ma di cui tu sicuramente non ti ricordi". Mi dice il nome, ci penso su, la cosa mi puzza e non riesco a ricordarmi di nessuno che si chiami così. Comunque le ha dato il mio cellulare e mi chiamerà. Mi telefona poco dopo e ovviamente non è niente di tutto questo, era una scusa per mettersi in contatto con me.
Ho fatto un salto all'indietro temporale di dieci anni o giù di lì.
Ho rivissuto cosa si prova quando finisce un sogno, una storia in cui avevi creduto e in cui avevi investito tanto, in cui forse all'inizio ti ci eri buttata un po' per caso ma che in breve era diventata quella della vita, o almeno così pareva.
Ho riprovato cosa si prova quando ti viene tolta all'improvviso la terra sotto ai piedi, quando tutto quello in cui credevi viene spazzato via in un secondo, quando al posto della serenità e amore di prima ora invece trovi solo un muro di gomma, anzi peggio il freddo dell'indifferenza, il gelo dell'"Ora siamo solo amici" anzi peggio "Siamo come fratello e sorella", l'ostilità e il desiderio di allontanamento dietro quel fottutissimo paio di imperscrutabili occhiali da sole!
Ho rivissuto la disperazione di non sapere che fare, dell'"È impossibile che tutto questo stia capitando davvero a me, anzi a noi, ma quale NOI che ora non esiste più", il non sapere che pesci prendere, a chi rivolgermi, dove sbattere la testa, il tentare di fare anche cose senza senso, stupide, azzardate, l'impossibile pur di fare qualcosa, di non essere costretta a subire le circostanze e ancor peggio essere io la responsabile della fine di tutto.
Mi sono rivista nelle sue parole, nei suoi gesti, nelle sue lacrime, nei suoi mille perchè, nella disperazione, ho rivisto la Me di dieci anni fa. La me che chiamava l'ultima persona che ti saresti aspettata ovvero la rivale in amore chiedendo aiuto, cercando di capire, di dare una risposta alle mie domande ma provando anche a metterla in guardia, forse invano?, da Lui. A quel tempo non ottenni nulla se non forse comprensibile perplessità.
Ora, dopo dieci anni, la storia si ripete ma il mio ruolo è un altro.
Il bivio è: cosa decido di fare? Aiuto, per quello che posso questa donna, sconosciuta, che è giunta a me non si sa come ma che la modalità con cui lo ha fatto mi infastidisce e mi preoccupa? Forse in un altro momento avrei tagliato corto e avrei attaccato il telefono.
Ma proprio perchè ho rivisto in lei la Me di dieci anni fa, ho riconosciuto gli stessi silenzi, le stesse domande, la stessa sete di vendetta, la stessa speranza di trovare una sorta di solidarietà femminile. L'ho ascoltata e le ho dato dei consigli per quanto ho potuto.
A quanto pare negli anni il trattamento riservato a me si è ripetuto tante ma tante volte, gettando nella disperazione svariate donne che ogni volta hanno sperato e creduto di essere invece quella giusta. Il motivo non so quale sia ma il ripetersi sempre uguale della trama è inquietante.
Non so cosa passa nella testa di un uomo proprio nel momento in cui la felicità sembra ad un passo all'improvviso, dare un calcio a tutto e cancellare con un colpo di spugna tutto quello che si era creato. Forse paura di relazioni stabili? Delle responsabilità? Masochismo? Normale logorio delle relazioni amorose?
Non ho risposte, chi può dirlo? Forse la risposta è nei meandri della psiche sommersa da invalicabili meccanismi di difesa.
E di persone così ce ne sono davvero tante, in cui prima o poi può capitare di incappare.
Forse ce ne se accorge dopo tanto tempo, cieche di fronte ai vapori del primo innamoramento.
Ci vuole tanto per capirlo, per accettarlo, per non addossarsi tutte le colpe e per andare avanti ma prima o poi in qualche modo si trova il modo per uscirne, per guardare oltre, per farsene una ragione.
Penso sempre che non siamo noi quelle sbagliate, quella che ci perde non siamo certo noi, che prima o poi riusciamo a rialzarci in piedi, che la lezione non la impariamo mai, per fortuna aggiungerei, e siamo pronte di nuovo a ributtarci con entusiasmo nella vita, convinte che questa volta, questa sì sarà davvero quella giusta.
Possiamo sperare di non incontrare di nuovo quella categoria ma non possiamo di certo evitarlo. Quale categoria? C'è chi colleziona farfalle e chi cuori infranti...
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