Il papa si è dimesso.
Come al solito le notizie importanti le apprendo leggendo le bacheche degli altri su Facebook.
All'inizio pensavo fosse morto poi ho letto bene "Ah no si è solo dimesso chissà che mi credevo...".
A chi mi chiede cosa ne penso a riguardo, la mia prima reazione è citare il grande capo indiano di 610 ovvero "Estiqaatsi!!" per non parlare poi di quello ancora più importante "Estigranqaatsi!".
Il mondo del Vaticano, il papa mi sembrano così lontani da me, da un lato siamo vicini: tutto sommato condividiamo lo stesso spicchio di cielo romano, eppure li sento così distanti dalla realtà.
Con le loro regole millenarie fossilizzate, rimaste ancorate al medioevo.
Loro vanno avanti per conto proprio, incuranti delle regole dello Stato con cui volenti o nolenti convivono.
Il papa ha già deciso di dimettersi, non ha chiesto un parere, tanto meno a noi, e così l'elezione del nuovo pontefice sarà una procedura dalla quale noi cittadini siamo totalmente esclusi.
Quindi....che serve parlarne? Che senso ha?
I mass media si sono fiondati su questa succosa notizia che ha smosso dal torpore migliaia di persone che forse stavano sonnecchiando persi e confusi dai comizi elettorali.
Il papa ha dato la notizia, in latino, circa due settimane prima.
Meno male che non l'ha fatto con maggior preavviso altrimenti i tg avrebbero avuto ancora più tempo per fare le congetture più fantasiose, porsi gli interrogativi più vari e alla fine il dubbio che avremo tutti sarà: ma si chiamerà ancora papa? come andrà vestito? dove andrà a vivere?
A queste e altre infinite e ridicole domande per risposta vale sempre citare il grande capo indiano.
Alla notizia delle dimissioni i fedeli si sono divisi: c'è chi ha apprezzato il lato umano, quando uno non gliela fa, molla tutto e si ritira a vita privata, c'è chi invece si è sentito un po' tradito, ha considerato il suo comportamento un po' da puzzone. I mestieri di papa o re sono a vita, per sempre, come ha detto un signore intervistato:"Prima si diceva morto un papa se ne fa un altro, ora ci hanno tolto pure questa certezza".
Io non so che dire. Ho negli occhi l'immagine di papa Wojtyla che si è trascinato fino all'ultimo secondo di vita, di energia, ha continuato nel suo ruolo, andando in giro, pregando, parlando anche quando le sue parole risultavano ormai incomprensibili ed era piegato in avanti all'inverosimile. A che è servito tutto ciò? Forse è stato un esempio per tutti, a non mollare, ad andare avanti. Ha sbattuto in faccia a tutti la propria tenacia, la forza, la voglia di andare avanti, rinunciando anche al proprio ego, alla propria dignità nel farsi vedere malato e vecchio. Perchè forse è anche questo che si chiede ad un papa...
Il confronto con questa rinuncia, che molti definiscono moderna, è ancora più stridente.
Forse dietro ad essa ci sono scandali che scuotono il mondo della chiesa, forse ci sono fratture interne... chi lo sa?
Questa notizia mi ha fatto venire in mente le suorine con cui ho convissuto l'esperienza del parto in clinica. La maggior parte venivano dall'Asia, secondo me hanno scelto il velo solo per sfuggire da una realtà di fame e miseria. Si sono ritrovate catapultate niente di meno che in Europa, a Roma, la culla della cristianità, chiuse in una clinica per lavorare 10 ore al giorno, sfruttate. Mi facevano domande curiose su Roma, su dove abitavo e mi sono resa conto che non conoscevano neanche i dintorni della clinica, figuriamoci Roma. Forse al massimo le porteranno ogni tanto in gita premio a S. Pietro. Facevano il loro lavoro con dedizione e cura ma mi chiedo cosa pensano veramente e cosa pensano delle dimissioni del papa, se, prevedibilmente, lo difendono a spada tratta oppure no.
Cosa pensa una giovane donna che decide di dire addio alla sua famiglia, alla sua terra, per andare migliaia di chilometri lontana a lavorare come infermiera in una clinica, ad aiutare a far nascere dei bambini, quei figli che lei sa già che non potrà avere mai.
Assistere, guardare gli altri vivere una felicità che le sarà sempre proibita e sconosciuta.
E penso a suor Cherubina che si occupava del nido, che accudiva i neonati con amore e grandi sorrisi. Era appassionata di raccolte punti e gadget omaggio, per questo vorrei ricordarla come Suor Campioncina.
O alle due suorine del turno di notte, sempre insieme a coppia, una di queste in particolare aveva uno sguardo sveglio e ironico, faceva sempre battutine spiritose che mi lasciavano interdetta, per questo la chiamerei suor Mefistofele. Quando sono andata via e ci siamo salutate mi ha confidato "Sai io ho un nipotino piccolo..." come per dire che è la cosa più vicina ad un figlio che ha.
E penso a tutte le altre pinguine da cui sono stata circondata. Al loro modo semplice, onesto e pulito di fare, alle loro mani sempre fredde, ai loro golfini candidi di lana bianca. Al modo in cui tenevano la clinica sempre in ordine e perfettamente linda ed efficiente, decorandola con oggetti di dubbio gusto (le buone cose di pessimo gusto!!) che da anni non vedevo, ognuno con il suo bravo centrino.
E penso a quanto tutto questo sia lontano dal Vaticano, dalle scarpette rosse di Ratzinger.